Fu uno dei maggiori apologisti cristiani dei primi secoli e morì martire. Attratto prima dal platonismo, accolse poi il cristianesimo. Si soffermò sul dialogo fecondo tra filosofia e cristianesimo: la figura storica di Cristo coincide con il Logos della filosofia classica e di tale Logos partecipano tutti gli uomini. Perché i semi di Esso sono stati donati a ciascuno.
Nell'opera antignostica Adversus Valentinianos, Tertulliano, definendolo «filosofo e martire», ne traccia un ritratto tanto sintetico quanto perfettamente rispondente al vero: stiamo parlando di San Giustino, uno dei maggiori apologisti cristiani dei primi secoli. Egli, infatti, anche dopo l'adesione alla fede in Gesù di Nazaret, non volle mai abbandonare il pali io, il mantello tipico dei pensatori greci, e terminò la propria esistenza pagando con la vita una coraggiosa e coerente testimonianza in favore del Vangelo.
Giustino nacque a Flavia Neapolis, l'odierna Nablus, l'antica Sichem, ove, come si legge nell'Antico Testamento, il Signore era apparso ad Abramo e dove Giosuè aveva ratificato l'alleanza fra Dio e il suo popolo, e dove, secondo quanto sta scritto nel Vangelo di San Giovanni, Gesù aveva incontrato la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe. Circa la data della sua nascita non si hanno notizie precise, mentre la morte, avvenuta per decapitazione, viene fatta tradizionalmente risalire agli anni intorno al 165, al tempo dell'imperatore Marco Aurelio: gli Atti del suo martirio, compiutosi a Roma per ordine del prefetto Giunio Rustico, vengono considerati autentici anche a motivo della loro «scarna ed emozionante incisività» (G. Visonà). La Chiesa greca ne celebra la festa il 10 giugno e il pontefice Leone XIII la introdusse anche in quella latina il 14 aprile, con Messa e Ufficio propri.
Giustino entrò in contatto con varie correnti di pensiero e fu attratto in modo particolare dal platonismo; egli si rese tuttavia conto che nessuna elaborazione filosofica si dimostrava in grado di risolvere le questioni più importanti relative alla vita dell'uomo e, forse a motivo di un incontro casuale, si accostò alla verità cristiana, accogliendola con grande fiducia e sincera convinzione e dedicandosi per il resto della sua esistenza alla sua difesa e propagazione. A Roma Giustino fondò una scuola e le sue dottrine vennero fatte oggetto di aspre critiche, soprattutto da parte di Crescente, un rappresentante del cinismo molto probabilmente non estraneo alla condanna a morte del santo. L'impegno e l'azione di Giustino furono quelli dell'autentico apologeta, tutto proteso a difendere il cristianesimo dalle numerose e dure critiche e a dimostrarne l'assoluta validità, nella speranza, tipica dell'autentico spirito missionario, di una positiva accoglienza da parte dei pagani, i quali, al contrario, non sempre si dimostrarono disposti a recepire la nuova religione (si pensi alle opere di Frontone di Cirta, di Luciano di Samosata e, soprattutto, di Celso, che testimoniano l'incapacità manifestata da molti intellettuali dell'epoca di accettare lo "scandalo» dell'incarnazione, della morte e della resurrezione del Figlio di Dio).
Giustino affidò le sue tesi a vari scritti, dei quali a noi sono giunti soltanto due Apologie e il Dialogo con Tritone. Il primo importante assunto presente nei testi giusti nei riguarda la possibilità del dialogo fra cristianesimo e filosofia: il santo apologeta è convinto che platonismo e verità cristiana siano ampiamente compatibili; secondo lui Socrate "era cristiano, pur venendo giudicato ateo» e quella di Cristo è «l'unica filosofia certa e proficua». Questa tesi fondamentale si regge sulla notevole dottrina del Logos elaborata da Giustino: se Dio non si fosse rivelato in Gesù Cristo – afferma Giustino – nessuna filosofia, nessuno sforzo esclusivamente umano avrebbero permesso di giungere a conoscere la Verità. Senza l'aiuto della grazia divina, l'uomo non è in grado di incontrare il Signore. A questo punto, Giustino propone la sua tesi più ardita e significativa e identifica la figura storica di Gesù Cristo con il Logos della filosofia classica; di tale Logos partecipano tutti gli uomini, perché i semi di Esso sono stati donati a ciascuno. Si legge nella /I Apologia: «Tutti i principi giusti che i filosofi e i legislatori hanno scoperto ed espresso, li devono a ciò che hanno trovato e contemplato parzialmente del Logos». Ma soltanto i cristiani possiedono la pienezza della verità, perché il Logos si è rivelato completamente soltanto in Cristo. A questo riguardo, celebre è rimasta la seguente espressione contenuta nella II Apologia: "Tutto ciò che di buono è stato formulato da chiunque, appartiene a noi cristiani». Seguendo questo percorso, si comprende perché Giustino abbia potuto affermare che il cristianesimo rappresenta la vera filosofia: non è Platone che fa comprendere Cristo, bensì l'esatto contrario. Cristo è la verità e ogni frammento di verità proviene da Lui. Nel Dialogo con Trifone, poi, Giustino discute con un dotto giudeo e sostiene alcune importanti dottrine circa il rapporto fra cristianesimo ed ebraismo: il valore soltanto transitorio della legge cerimoniale giudaica, l'inesistenza di un contrasto tra il culto di Gesù e il monoteismo, la certezza che anche i gentili sono chiamati e far parte della Chiesa.
La figura e l'opera di Giustino esercitarono una vastissima influenza e, lasciando da parte questioni e valutazioni critico-interpretative troppo complesse, ci piace concludere riportando il seguente giudizio di Giuseppe Visonà: "Giustino tenta una grande operazione: situare e unificare nel mistero di Cristo la sapienza pagana e la fede giudaica. " Verbo Cristo è la pienezza di ciò che è presente come seme nella prima e come figura nella seconda, così che il cristianesimo diviene la vera filosofia e il nuovo Israele».
«Ogni verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo».
(Tommaso d'Aquino, Commento al I libro delle sentenze, d. 19, q. 5, a. 2, ad 5).
BIBLIOGRAFIA
S. Giustino, Le Apologie, Edizioni Messaggero, 1982.
S. Giustino, Dialogo con Tritone, Paoline, 1988.
Benedetto XVI, San Giustino, filosofo e martire, udienza generale del 21 marzo 2007.
IL TIMONE – N. 77 – Novembre 2008 – pag. 32-33