Le sue geniali scoperte sui campi elettrici sono ben conosciute, non la sua profondissima fede religiosa, comune a molti scienziati. Assiduo frequentatore dei servizi divini e attivo nelle opere di carità, aveva una chiara percezione del rapporto tra scienza e fede
C'è un legame tra luce, elettricità e magnetismo che grandi scienziati, nel corso della storia, hanno contribuito a svelare.
Se volessimo andare indietro nel tempo, ai primi studi sulla luce, dovremmo tornare al Medioevo, in particolare alla scuola francescana di Oxford, dove vescovi come Roberto Grossatesta e frati come Ruggero Bacone e Giovanni Peckham studiarono per primi alcuni comportamenti della luce e posero le basi per la nascita dell'ottica e della prospettiva. Per rimanere ai religiosi, in pieno Seicento si segnalano il gesuita Niccolò Zucchi, ideatore del primo telescopio riflettore e il confratello Francesco Maria Grimaldi, che nel 1665 dimostrò per via sperimentale la diffrazione della luce.
Quanto al magnetismo, recenti scoperte hanno sottratto a William Gilbert (1544- 1603) il titolo di "padre del magnetismo", per assegnarlo al gesuita Leonardo Garzoni, autore di un trattato manoscritto, Trattati della calamita, che è il vero antecedente e "suggeritore" del De magnete di Gilbert (pubblicato nel 1600). Anche nella storia degli studi sull'elettricità, oltre ad imbatterci nel terziario francescano Luigi Galvani (1737-1798), nel devoto cattolico Alessandro Volta (1745-1827), nel vincenziano Andrè Marie Ampère (1775-1836), troviamo gli importantissimi contributi del gesuita Nicolò Cabeo, che nel 1625 nota il fenomeno della repulsione elettrica, e poi, soprattutto, del padre sco lo pio Giovanbattista Beccaria (1716-1781), inventore del "pozzetto di Beccaria", anticipazione della gabbia di Faraday, interprete e consulente di Benjamin Franklin e "padre dell'elettricismo italiano".
Se procediamo nel tempo e ci spostiamo nel paese che ha condiviso a lungo con l'Italia il primato scientifico, troviamo Michael Faraday (1791-1867), devoto protestante, aderente alla Chiesa sandemaniana, e, soprattutto, lo scozzese James Clerk Maxwell, il cui nome è, per i fisici, sacro e venerabile.
La stima di Einstein per lui
Nel 1861, infatti, quasi raccogliendo e portando a compimento secoli di studi ed intuizioni, Maxwell concluse che la luce non era altro che un'onda elettromagnetica. Qualche anno dopo, nel Trattato sull'elettromagnetismo (1873), descrisse con quattro equazioni celeberrime il comportamento dei campi elettrici e magnetici e la loro interdipendenza.
Sulla rivista Science del 24 maggio 1940, Albert Einstein, parlando della formulazione delle famose equazioni differenziali del fisico scozzese, avrebbe scritto: "Pochi uomini al mondo hanno avuto la ventura di provare un'esperienza del genere. Ai fisici occorsero però alcuni decenni per cogliere appieno il significato della scoperta di Maxwell, tanto ardito era il salto che il suo genio imponeva alla concezione dei suoi colleghi». Il lavoro di Maxwell è stato considerato la «seconda grande unificazione della fisica», dopo quella operata da Newton, ed è alla base dell'invenzione del telefono di Meucci, dell'anello di Pacinotti, della lampadina di Edison, della radio di Marconi. ..
La sua fede religiosa
Se le scoperte scientifiche di Maxwell sono ben conosciute, non così, di solito, la sua profondissima fede religiosa. Maxwell, infatti, oltre ad essere un assiduo frequentatore dei servizi divini, evangelici, anglicani e presbiteriani, partecipava alle opere di carità della sua parrocchia, recandosi dai malati e dai poveri; inoltre amava disquisire di Cristo e della fede con colleghi fisici, anch'essi profondamente cristiani, del calibro di Lord Kelvin e George Stokes, e guidava ogni sera, insieme alla moglie, la preghiera familiare.
Nel 1853 Maxwell si ammalò gravemente e durante il ricovero acquisì «una nuova percezione dell'Amore di Dio», una più profonda comprensione dei propri peccati e del bisogno della Grazia e della guida di Dio. Per Maxwell, come scriveva in una lettera all'amico Campbell, «il fine principale dell'Uomo è glorificare Dio e goderlo per sempre».
A tal riguardo osservava: «Il progresso scientifico non aggiunse nulla di importante a quanto si seppe in ogni tempo sulle conseguenze fisiche della morte. Piuttosto ha insistito assai nell'approfondire la differenza tra la parte visibile [ … ] e quella che è il nostro lo, dimostrando che codesta personalità, quanto alla sua natura e determinazione, trascende di molto la sfera della scienza».
Può essere utile riportare qui due sue lettere alla moglie. La prima fu scritta il 14 aprile 1860: «Leggiamo della carità, di quell'amore così perfetto che si conserva quando quello incompleto viene meno. Possa Dio purificare il nostro amore e fargli raggiungere l'eternità, ricolmandolo del Suo amo-e, cosicché la radice umana e i rami innestati insieme al frutto divino possano essergli devoti»,
La seconda è datata 22 giugno 1864: «Cosicché i tuoi occhi possano spogliarsi di tutto ciò che è visivo e temporale e possano invece essere rinfrancati delle cose eterne! Allora l'amore sarà qualcosa di perpetuo, l'amore tra padre e figlio o tra marito e moglie non è temporale se è della giusta specie, perché se l'amore di Cristo e della Chiesa sono una ragione per amarsi l'un l'altro, e se l'uno è a immagine e somiglianza dell'altro, allora se lo spirito di Cristo è in noi, l'amore che scaturisce sarà parte della sua natura completa e non potrà accadere che l'amore, reso santo in quanto riflesso di parte della gloria di Cristo, possa essere in qualche modo sminuito o portato via da una trasformazione più completa in un'immagine del Signore. Sono tornato alla Prima lettera ai Corinzi, capitolo XIII. Credo che la descrizione di carità o amore divino sia un'altra calamita della nostra vita, ci mostra qualcosa non di frammentato, ma di perfetto nella sua natura, e per questo non deve mai essere distrutta. Non è qualcosa di negativo, ma qualcosa di ben definito, di vivo, quasi un'immagine di bontà; qualcosa di umano ma divino al tempo stesso».
Fu anche poeta
Maxwell era anche, a suo modo, un poeta. Proprio alle sue poesie affidava spesso le sue considerazioni religiose, ma anche il suo disprezzo per le dottrine materialistiche sostenute da alcuni colleghi infinitamente meno bravi e competenti di lui.
Ne L'inno alla sera di uno studente (Cambridge, 25 aprile 1853), per esempio, scriveva: «Tu che riempi i nostri occhi frementi / con il cibo della contemplazione, / disponendo nel tuo cielo oscurato / i segni di una creazione infinita / concedi alla meditazione notturna / ciò che l'operoso giorno nega / insegnami in questa stazione terrestre / a riconoscere la Verità Celeste / [ … ] Per mezzo delle creature che Tu hai creato / mostra lo splendore della Tua gloria [ … ] Insegnami a leggere le Tue opere / di modo che la mia fede – acquistando nuova forza – / possa procedere da mondo a mondo / perseguendo la feconda ricerca della saggezza; / finché una volta che la tua verità avrà impregnato la mia mente / proclamerò l'Eterno Credo, / rinnovando spesso il glorioso motivo / Iddio nostro Signore è il vero Dio. / Donami amore per rintracciare correttamente / il Tuo in ogni cosa creata».
In Visione, del 1852, Maxwell definiva la preghiera come l'”osservare in santa contemplazione” le «glorie della Creazione», mentre nel 1858, in A sua moglie, invocava Dio come «Colui che ci amò entrambi», e ricordava che «solo l'amore, purificato da peccati e preoccupazioni/oltre la tomba vivrà»: «Fortifica il nostro amore, o Signore, in modo che/possiamo credere nel Tuo grande amore/ e che, aprendo a te tutta la nostra anima/possiamo ricevere il Tuo dono generoso».
Così non sorprende che il sabato prima di morire, a soli 48 anni, Maxwell, mentre il pastore Guillemard vestiva la cotta per accornpagnarlo alla morte, recitò una famosa poesia di George Herbert – Aaron – con cui prepara il proprio cuore all'incontro con Dio .•
Per saperne di più …
Lewls Campbell – Wllliam Gamett, The Lite ot James Clerk Maxwell: With Selections from His Correspondence and Occasionai Writings, Macmillan and Co, 1882.
James Clerk Maxwell, Poesie (1844-1878), Archivio Dedalus, 2012.
P. Theennan, James Clerk Maxwell and Religion, «America n Journal of Physics», 54 (April 1986) 4, pp. 312-317. www.disf.itlautori/james-clerk-maxwell
Il Timone – Novembre 2014