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5.12.2024

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Scuola cattolica, sorgente di libertà
28 Settembre 2014

Scuola cattolica, sorgente di libertà

SCUOLA CATTOLICA, SORGENTE DI LIBERTA’

La mancanza di un'autentica libertà di educazione è il cancro che ha aggredito l'Italia 150 anni fa, e la tragica conseguenza sono generazioni di giovani in balìa della mentalità dominante

La crisi che travolge la famiglia in Italia rivela anche l'inevitabile crisi della scuola italiana – in gran parte gestita dall'istituzione statuale che si occupa di essa come uno dei settori determinanti o fondamentali della vita del Paese – che nasce certamente caratterizzata da una volontà di marginalizzare la presenza della tradizione culturale cattolica. Lo stesso Stato italiano, infatti, nacque con l'intento esplicito di marginalizzare la cultura del popolo italiano che era di matrice cattolica e che era largamente maggioritaria.
Parliamo di una scuola che ha sempre messo in primo piano l'aspetto istruttivo, di conoscenza del reale, di incremento delle metodologie con cui esaminare la realtà, e che ha tenuto sullo sfondo, almeno dal punto di vista delle affermazioni, le grandi opzioni ideologiche e culturali.
In pratica possiamo dire che, nella scuola italiana, una persona viene istruita e poi, fuori da essa, si educa secondo ciò che si ritiene più giusto. Tale affermazione costituiva il tessuto connettivo delle prese di posizione degli insegnanti cattolici in Italia.
Presa di posizione che si dispiega su un arco temporale che va dalla fine della seconda guerra mondiale fino, sostanzialmente, al magistero di san Giovanni Paolo Il, che ebbe il coraggio di dire, in una memorabile udienza agli insegnanti cattolici, che in una scuola in cui è considerato in modo prevalente, se non esclusivo, l'aspetto istruttivo avviene inevitabilmente una vera e propria alienazione educativa: «Che cosa sarebbe una scuola che dimenticasse questa sua originaria dimensione? Sarebbe vuota di contenuto e priva di utilità: non potrebbe, infatti, bastare assolutamente una comunicazione ripetitiva e alla lunga stucchevole di nozioni e di formule! La scuola deve servire in concreto la vita e preparare alla vita: ciò vuoi dire che deve formare, non semplicemente informare, l'uomo; deve contribuire ad elevarlo; deve farlo crescere nell'ordine dell'essere» (Discorso agli insegnanti dell'Unione Cattolica Italiana Insegnanti  Medi, 3 novembre 1979).
Questa esplicita neutralità istruttiva, o dell'istruzione, è poi stata surrettiziamente contraddetta dal fatto che c'è sempre stata, nella scuola italiana, una cultura ideologica prevalente che ha influito in modo determinante sulla stessa impostazione istruttiva. A tal proposito basterebbe ricordare la grande riforma Gentile che certamente è stata una ritrascrizione della cultura popolare in senso razionalistico e idealistico, e che ha dato un'immagine, anche della storia culturale del nostro Paese, come un cammino inesorabile verso la posizione idealistica e, a livello politico, verso la posizione fascista; quindi niente di neutrale.
Questa situazione – bissata dall' altro grande testo su cui è stata formata la coscienza e il cuore di tanti italiani che è la storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis – ha significato la prevalenza permanente del laicismo nel tessuto della vita scolastica. Prima dunque ci è stata offerta una scuola di carattere risorgimental-fascista a cui, dopo la liberazione, è seguita una scuola un po' variegata: unionista-liberale, neo-risorgimentale, ma soprattutto la Marx-Leninista che ha rappresentato un elemento di polarizzazione quando non di egemonia, almeno fino alla crisi dei sistemi comunisti al di fuori dell'Italia.
È stato significativo che in alcune nazioni europee – dove il comunismo non aveva vinto politicamente, ma aveva vinto culturalmente, per esempio l'Italia e Francia ­ il regime culturale comunista si è ridimensionato ben dopo il suo inesorabile fallimento socio-politico.
In questo contesto la Chiesa – come realtà comunionale che si esprime nel mondo attraverso i tentativi di un'espressione culturale, sociale e politica della fede, e quindi in quello che in modo generico si può ancora chiamare "cristianità" – non soltanto ha continuato ad incrementare la sua presenza scolastica, con scuole in cui il riferimento alla tradizione cattolica era determinante per il formularsi della cultura e quindi anche dell'educazione, ma que ste stesse scuole sono state la struttura portante dell'educazione dell'Occidente almeno fino alla fine del diciannovesimo secolo, se non anche agli inizi del ventesimo.
La Chiesa ha sempre creato strutture educative e culturali in cui realizzare pienamente quella responsabilità educativa che ha come punti di riferimento fondamentali la famiglia e la Chiesa stessa. Di fronte a questo rinnovarsi del monopolio statale sull'educazione e sulla scuola in alcuni paesi – certamente nel nostro non senza fatica, ma con un grande impegno di energie intellettuali e finanziarie – i cristiani hanno dato luogo ad espressioni attuali, moderne, di strutture scolastiche definite "scuole paritarie", in cui viene perseguita ed attuata l'educazione secondo l'insegnamento della Chiesa.
Si tratta di scuole che rivelano esplicitamente il riferimento ideale, teorico ed etico alla tradizione vivente della Chiesa; scuole in cui si realizza una comunione di vita, o una "comunità educante", come opportunamente si è cominciato a dire attorno agli anni Ottanta. Parliamo di una comunità educante in cui possa accadere quella esperienza singolare, e sostanzialmente vincente, fra un'autorità che testimonia l'attualità e la forza della tradizione cattolica – anche nei suoi termini esplicitamente culturali – e il discente; ossia colui che, assumendo l'ipotesi di lavoro precipua della tradizione cristiana, la verifica nella convivenza con i propri insegnanti che hanno l'intrinseca ed articolata peculiarità di essere sia insegnanti che educatori, perché impostano il loro insegnamento a partire dall'adesione e dalla professione esplicita della fede cattolica.
Nella scuola di ispirazione cattolica, che è nata in molti casi dalla congiunta responsabilità di realtà ecclesiali e di famiglie, l'educazione tende a formare una personalità che, sia a livello morale come a livello intellettuale, esprima la sua adesione alla fede come conoscenza critica della realtà e come capacità di comportamenti etici e impostati secondo l'affermazione della verità ideale. Nella situazione attuale del Paese, soltanto un incremento sistematico, direi anche dal punto di vista numerico, di queste realtà – di cui ultimamente si è riconosciuta l'equivalenza, come servizio, alla stessa struttura delle scuole statali, introducendo il termine "paritarie" – può formare le personalità ad un'autentica cultura cristiana. Queste personalità, che poi consentono lo sviluppo di vocazioni laicali dentro il cammino di personalizzazione della fede, sono vitali per questo Paese che è avvilito e immiserito ogni giorno di più da una assenza di consapevolezza critica.
La mancanza di un'autentica libertà di cultura e di educazione è il cancro che ha aggredito l'Italia centocinquant'anni fa e che sta arrivando alle sue conseguenze estreme. Una realtà di giovani a cui non viene data la possibilità di crescita sistematica della loro personalità – secondo scelte o secondo adesioni alla tradizione, e che, dunque, non sviluppano quella che don Giussani indicava con il termine pregnantissimo di «coscienza critica e sistematica dell'esperienza» – finiscono per essere sradicati da se stessi, senza una visione organica ed etica della realtà e sostanzialmente in balia della mentalità dominante che Papa Francesco ha più volte addita­ to, in questi mesi, come «pensiero unico dominante».
In questa difficile situazione ecclesiale e sociale, aggravata dal fatto che ormai la presenza dei cattolici sta tendendo rapidamente allo zero – ossia alla sua insignificanza -, la riduzione e la progressiva perdita di centinaia di scuole, dovute al fatto che lo Stato non adempie alle sue responsabilità di sostenerle, prepara qualche cosa di tragico per il futuro del Paese.
Un popolo senza consapevolezza articolata, quindi senza pluralismo culturale ed educativo, è un popolo in balia dei poteri forti, espressi in maniera addirittura ossessiva dalla ideologia dominante, attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Il segno di vitalità di una comunità familiare o ecclesiale è che tenda, per quanto possibile, a costituire ambiti di educazione chiari ed esplicitamente cattolici. Questa è la strada per la democrazia .•


Il Timone – Settembre/Ottobre 2014

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