Sono le qualità auspicate dai vescovi siciliani per i cattolici che si accostano ai musulmani. Per evitare errori già commessi e per non dimenticare la natura missionaria di ogni dialogo.
Per dialogare con i musulmani non bastano buona volontà e dedizione: è necessario innanzitutto conoscere bene la loro religione e, soprattutto, essere coscienti della propria identità. È quanto si legge in un documento che i vescovi della Sicilia, in collaborazione con la Facoltà teologica regionale, hanno approntato come sussidio per il dialogo e la conoscenza con gli islamici, dato che proprio nell'isola vivono circa ventimila fedeli di Allah. Il sussidio, di settanta pagine, ha una valenza che travalica i confini siciliani.
I presuli della regione non ritengono che la presenza degli immigrati musulmani rappresenti un pericolo per la sicurezza dei cittadini di altra religione o per la Chiesa. Anzi, questa presenza costituisce una «nuova inaspettata opportunità" perché i cattolici riscoprano la propria fede. Tra gli intenti dichiarati del documento c'è quello di evitare il ripetersi delle «cocenti delusioni di questi ultimi anni», e cioè di cristiani che, pur animati dai migliori sentimenti, a causa della poca conoscenza della religione islamica, commettono gravi errori o arrivano a censurare elementi essenziali del proprio credo.
È interessante notare i luoghi comuni che il sussidio sfata. Ad esempio quello secondo cui cristiani e islamici, in fondo, credono nello stesso unico Dio. In realtà – spiegano i vescovi – il Dio dei musulmani vive fuori dal mondo, è solo «maestà» e potenza. Il Dio cristiano, invece, è sì creatore, ma anche padre misericordioso e, soprattutto, compagno dell'uomo in ogni momento della sua esistenza. Proprio l'assenza di un Dio incarnato genera nell'islam un tipo di antropologia molto diversa da quella cristiana. L’uomo, nella prospettiva dei seguaci di Maometto, non ha diritti naturali. Nonostante questo, l'islam pretende di essere una sorta di autentico compimento dell'ebraismo e del cristianesimo.
I vescovi siciliani osservano poi che quello dell'isola non è un islam fatto i da intellettuali, ma per lo più è un «islam contadino, povero, lontano dagli interessi degli Stati e dai finanziamenti esteri».
Per questo, si fa notare, c'è molta difficoltà a rendere fruttuosi i dialoghi intellettuali tra cristiani e musulmani, che si rivelano spesso inconcludenti. I vescovi mettono poi in guardia dalle scelte ingenue, come ad esempio le preghiere comuni fra cristiani e musulmani, ribadendo il divieto a concedere chiese per il culto musulmano. «Il gesto – si legge – sarebbe facilmente equivocato perché inteso e propagandato non come gesto di tollerante disponibilità, ma come segno evidente della rinuncia dei cristiani alla loro identità religiosa». Le parole sono ben pesate.
«Fanno pensare ha scritto Giuseppe Di Fazio su La Sicilia – a un precedente illustre: – la concessione, per magnanima volontà della Curia e del comune di Palermo, della chiesa di San Paolino dei Giardinieri alla comunità islamica tunisina. Ma quello che doveva essere un gesto di amicizia, venne presentato nei giornali arabi come una "riconquista" resa possibile dalla debolezza dei cristiani»).
BIBLIOGRAFIA
Conferenza Episcopale Siciliana, Facoltà Teologica di Sicilia, Per un discernimento cristiano sull’islam. Sussidio pastorale, Paoline 2004.
Dossier: Islam. Guerra santa e terrorismo
IL TIMONE – N. 35 – ANNO VI – Luglio/Agosto 2004 – pag. 46