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13.12.2024

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Sesso
31 Gennaio 2014

Sesso

 

Intellettuali e media cattolici accolgono con entusiasmo i pensatori che teorizzano la decrescita e la fine dell’economia. Senza rendersi conto che si tratta di un pensiero che nega alla radice la novità del cristianesimo.
Oggi parliamo di sesso. Stupiti? Beh, il cattolicesimo è morale ma non moralista, e certe pruderies puritane sono appunto distorsioni di origine protestante. Poi, di sesso la nostra società è intrisa, il che grava i genitori di un peso non facile: sparito l’argomento anche dalle omelie per tema di impopolarità, tutto ricade sulle spalle di chi deve tirar su dei figli.
Sesso, dunque. Sì, so bene che alla ribalta c’è il tema dell’omosessualità, ma mi considero scusato se qui vi intratterrò sull’eterosessualità, argomento in cui mi sento molto più a mio agio. E, dal momento che non c’è nulla di più originale della banalità, mi concentrerò brevemente sulle differenze tra uomo e donna.
È d’uso tra gli intellettuali impreziosire le loro personalissime opinioni con qualche citazione colta, per far mostra di (falsa) modestia appoggiandosi a qualche «grande» del passato che la pensava allo stesso modo (ed evitando accuratamente quelli che la pensavano in modo diametralmente opposto). Ecco qua: Churchill, mentre un deputato diceva che in fondo donne e uomini sono diversi solo per una piccolissima differenza, urlò: Hooray for the little difference! In verità, la boutade è meno frivola di quel che appare, perché in quell’«urrà!» maschile c’è tutta la profondità delle differenze tra uomo e donna. Infatti, tanto per cominciare, difficilmente una battuta del genere sarebbe venuta in mente a una donna se la tirata sulla «piccola differenza» l’avesse fatta una deputatessa. Detto questo, occorre premettere un’altra citazione: da Pirandello, il cui personaggio Ciampa usava «mettere sempre le mani avanti» onde, in caso di caduta, «non spaccarsi la faccia». Metterò dunque anch’io le mani avanti: d’ora in poi dovrò generalizzare, perché quando si parla di intere categorie si devono trascurare le eccezioni (che, tuttavia, come tali confermano la regola).
Ora, se la prostituzione è sempre stata un mestiere femminile, qualcosa vorrà pur dire. Certo, ci sono anche i prostituti, ma non è merce per donne. E i gigolò non sono affatto semplici prostituti. La «parità» politicamente corretta tra uomo e donna, a ben pensarci, non fa altro che indurre le donne a comportarsi da maschi: è sempre quello maschile il modello proposto, la si giri come si vuole. Da qui lo «strip maschile», patetica conclusione di soirée da «festa della donna»: vi si assiste sempre in gruppo, dopo un’apposita cena al ristorante trascorsa a parlare di uomini (gli uomini, quando sono in gruppo, parlano di calcio). Ma la natura ribolle sotto l’asfalto culturale e fa sì, per esempio, che il consumo di telenovelas sia femminile, e maschile quello di pornografia. È ancora tipicamente femminile seguire tutti i film di un certo attore, qualunque sia il film. E così via. C’è, insomma, un universo psicologico femminile e ce n’è uno maschile, e sono complementari: se così non fosse, non vi sarebbe attrazione. Mi scuso ancora per star descrivendo l’acqua calda, ma in tempi di follia non c’è nulla di meno scontato dell’evidenza.
Continuando con l’evidenza, è molto raro che un uomo rifiuti l’offerta fisica di una donna appena piacente, laddove il contrario è la regola.
Ogni parte del corpo femminile è attraente per un uomo. Per una donna contano lo sguardo, le mani, l’espressione, la personalità.
Un uomo può tranquillamente avere rapporti sessuali con una bellissima oca mai vista prima. Una donna potrà anche ammirare i bicipiti palestrati di un aitante giovanotto, ma se si tratta di un perfetto cretino non c’è storia. Insomma, l’attrazione fisica risponde a differenti input nell’uomo e nella donna. Altre mani avanti: mi riferisco, in tutto questo scritto, a persone normali nella loro vita normale, non a soggetti disturbati o in particolari e specialissimi momenti esistenziali.
Torniamo a noi. È sapendo tutto questo che gli antichi esigevano la verecondia più dalle donne che dagli uomini. Ed è per lo stesso motivo che le culture non travolte dalla «modernità» (come la nostra) continuano a coprire il corpo femminile più di quello maschile (parlo di «culture», ovviamente, non di selvaggi ancora allo stato tribale). Oggi, nella nostra, un severissimo codice penale costringe un uomo a tenere le mani a posto quando una donna seminuda gli si fa sotto il naso.
Praticamente abolito l’oltraggio al pudore, anche se chi non tiene conto del suo, di pudore, se ne frega di quello altrui. Infatti, chi non ha pudore costringe gli altri a subire il suo esibizionismo: è il limite del politically correct, che impone i «diritti» di alcuni a scapito di tutti gli altri. Così, l’egalité si rovescia nel suo contrario e un obbligo alla «virtù» a senso unico, feroce e inappellabile come a suo tempo il suo inventore Robespierre, non ammette attenuante di sorta. Inutile, in caso di vie di fatto, accampare situazione (che so, ambiente nottambulo o invito, accettato, in angolo buio), condizione (per esempio, sbronza e conseguente caduta dei freni inibitori), provocazione (figurarsi). No, niente attenuanti, perché una donna ha il «diritto» di (s)vestirsi come vuole, accettare avances fino al calor rosso se le aggrada e, infine, ritrarsi quando e come le pare. Ora, lungi da me il pensare che chi ha subito una disavventura «se l’è cercata» o che i miserabili che non sanno autodisciplinarsi non vadano severamente puniti, ci mancherebbe. Solo, mi sembra che, al famoso principio «meglio prevenire che reprimere», il pensiero politicamente corretto ricorra in modo alterno e strampalato. La «cultura» che obbliga alla cintura di sicurezza, al casco, a non fumare, a ben trattare gli animali e la natura, ha della «natura» (e della stessa «salute») un concetto in verità bislacco.
Per venire a noi cattolici, credo che ormai dovremo testimoniare uno stile come i cristiani ai tempi del paganesimo, quando i nostri padri vivevano «nel mondo» ma come se fossero di un altro: frequentavano i mercati e il foro romani ma non i teatri dove i mimi praticavano la nudatio né gli spettacoli gladiatori, gli uomini vestivano in modo non effeminato e le donne giravano non bistrate. E, poiché non praticavano il divorzio né l’esposizione dei neonati, per sicurezza si sposavano tra loro. In certi casi, l’esempio vale più di ogni discorso. Questo è uno.

IL TIMONE – N. 52 – ANNO VIII – Aprile 2006 – pag. 20 – 21

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