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13.12.2024

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Si è più beati nel dare che nel ricevere
31 Gennaio 2014

Si è più beati nel dare che nel ricevere



«In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”» (At 20,35).

«Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti, quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?» (Mt 16,25-26).

«Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

«Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva» (Lc 17,33).

«Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25).


Le parole che ora ci sforziamo di commentare godono di uno speciale “privilegio”: sono infatti le uniche parole di Gesù del Nuovo Testamento non riportate dai Vangeli. Un detto di Gesù “non scritto” ma giunto a san Luca per tradizione orale.
Gli studiosi sono in dubbio se si tratti di un vero e proprio detto “non scritto” riportato da san Luca o di una affermazione riassuntiva di tutto quanto l’insegnamento di Gesù. Personalmente non trovo ragioni per escludere che entrambe le tesi siano vere.
Il detto, veramente pronunciato da Gesù, è nello stesso tempo veramente riassuntivo di tutto il suo insegnamento: basta confrontare tra di loro i versetti sopra riportati in cui i Sinottici e Giovanni si trovano singolarmente unanimi. Si tratta tra l’altro di una beatitudine. Se si è beati nel ricevere, soprattutto l’amore di Dio in Cristo Gesù, vi è però una beatitudine maggiore nel partecipare a questo amore in modo speciale donandolo agli altri.
Si tratta infatti di una vera e propria divinizzazione, per cui resi «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4) diventiamo capaci di amare come Dio stesso ama. Per due volte nel capitolo quarto della sua prima lettera san Giovanni fa questa affermazione centrale: «Dio è amore» (1Gv 4,8 e 16). Non soltanto Dio ama, ma Dio è nella sua intima essenza “Amore”. Per amare non ha bisogno di creare un essere da amare, perché in lui c’è una misteriosa molteplicità di persone, la cui attività principale, per così dire “costitutiva”, è di essere l’una per l’altra. Ma perché allora Dio ha creato delle altre persone? Non perché ne avesse bisogno, la creazione è stata assolutamente libera, è avvenuta dal nulla, dal nulla soprattutto di motivi esterni a Dio stesso. Essa è avvenuta dunque per amore. Tutto si può dire che viene dall’Amore e tende all’Amore. È per questa ragione che Dio ha creato l’uomo (e l’angelo) libero: «Da principio Dio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere» (Sir 15,14). Uno può essere costretto a fare tante cose, ma non può essere costretto ad amare. Liberamente l’uomo può acconsentire ad essere amato e – ricevendo l’amore – diventare capace di amare come Dio ama. L’amore di Dio nei confronti dell’uomo è soprattutto ed essenzialmente amore misericordioso. È dunque nell’accoglienza gioiosa della misericordia di Dio, misericordia non dovuta e assolutamente gratuita, che l’uomo corrisponde al dono di amore di Dio.
In questa beatitudine si realizza dunque in pienezza il mistero della vita dell’uomo. Chiamato, “vocato”, a partecipare in pienezza alla sua vita divina, che è la vita stessa della Trinità. Al mistero ineffabile delle relazioni intime delle persone divine. «La stessa essenza che nel Padre è paternità, nel Figlio è filiazione, perché nel Padre è come in colui che dà e nel Figlio è come in colui che riceve» (San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I, q. 42, ad 3).

IL TIMONE N. 129 – ANNO XVI – Gennaio 2014 – pag. 60

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