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14.12.2024

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Speculazioni sul cervello
3 Giugno 2014

Speculazioni sul cervello

Quella delle neuroscienze è oggi una delle frontiere più interessanti della ricerca, ma è anche un terreno scivoloso su cui si riaffaccia una tentazione vecchia come l’illuminismo: credere che l’uomo sia pura materia. Ma il cervello non è tutto

 

 

 

Che cos’è il pensiero? Solo una secrezione del cervello che lo produce allo stesso modo in cui lo stomaco secerne i succhi gastrici, avrebbe detto Pierre Jean Georges Cabanis, un pensatore francese morto all’inizio dell’800, un illuminista amico di personaggi del calibro di D’Alembert, Diderot, Condillac, Voltaire, Condorcet e Franklin, un pensatore passato alla storia per tale affermazione ma di cui non si ricorda molto altro. Una teoria che riduce l’uomo ad un animale e oggi, a poco più di duecento anni dalla sua morte, si potrebbe definire Cabanis il fondatore delle neuroscienze, un termine che si sta ponendo sempre più all’attenzione non solo in ambito scientifico ma anche nei media per via della visione che ne scaturisce della natura umana.

Per sapere qualcosa sulle neuroscienze e le loro ricadute antropologiche, possiamo andare a vedere direttamente cosa dice chi se ne fa promotore, in Italia il sito dedicato è www.neuroscienze.net. In un articolo intitolato “La coscienza come fenomeno biologico”, viene ad esempio chiarito il rapporto con la concezione metafisica e la morale, un rapporto che, da quanto si legge, mira senza mezze misure ad eliminare la religione relegandola ad un fenomeno artificiale costruito dal nostro cervello, la coscienza invece diventerebbe un nuovo “organo”. Quale sia l’epilogo di questa teoria lo leggiamo direttamente nelle parole dell’articolo: «In realtà, l’enfasi sul primato della ragione prima e le neuroscienze ora stanno irrevocabilmente dissolvendo l’immagine giudaico-cristiana delle società occidentali che da sempre è stata una delle componenti di coesione sociale e morale. L’immagine cioè di un essere umano che conterrebbe il segno immortale del divino».

 

Il ritorno di Auguste Comte: la scienza come religione

Ci troviamo di fronte alla realizzazione di un’idea anch’essa di radici ottocentesche, quella positivista partorita dalla mente di August Comte che relegava la religione ad un’infantile spiegazione della realtà dovuta ad una fase immatura dell’umanità, ma che con la nascita della filosofia, e in seguito della scienza, avrebbe lasciato il posto a quest’ultima che l’avrebbe sostituita definitivamente quando l’umanità stessa fosse diventata “adulta”. Comte però aveva capito che la religione non può essere eliminata del tutto, ma deve essere sostituita con un surrogato, quella che lui chiamava la nuova «religione dell’umanità», perché la religiosità è innata nell’uomo. Allo stesso modo, i suoi epigoni attuali mettono in guardia da questo pericolo, come leggiamo sempre su www.neuroscienze.net: «Il pericolo è che “spazzando” via la religione e le credenze oggi l’uomo possa vivere quella condizione che Max Weber chiamava “disincanto del mondo”… Ognuno di noi è solo e vive su un pianeta desolato, in un universo fisico freddo, vuoto e triste».

Questo passaggio rimanda direttamente a uno molto simile scritto quasi mezzo secolo fa dal Nobel per la medicina Jacques Monod, che con le stesse immagini descriveva la condizione umana dopo che un certo tipo di evoluzionismo pretendeva di aver anch’esso relegato la religione a un retaggio del passato.

In pratica, le neuroscienze valicano la mera applicazione in campo medico per andare a dire cosa è l’uomo, si vengono cioè a porre come una scienza antropologica definitiva, quella che potrà dire la verità ultima sull’essere umano. Ma la domanda è: sono in grado di farlo? Cosa possono dire veramente le neuroscienze sull’uomo?

 

La pretesa di liquidare il libero arbitrio

Il metodo di studio delle neuroscienze consiste fondamentalmente nell’individuare i meccanismi biochimici, quelli cellulari e le zone cerebrali che vengono attivate quando si compiono determinate azioni e che vengono quindi associate a tali azioni. Vengono così individuate reazioni biochimiche e circuiti neuronali ai quali vengono attribuite determinate competenze: si parla così di centri nervosi della bellezza, dell’altruismo, dell’immaginazione del futuro e persino del gioco d’azzardo, ma affermare che con questo si sia capito cosa è la mente è assurdo tanto quanto affermare che una volta capito quali circuiti elettrici vengano attivati quando si usa il computer, questo ci faccia giungere alla conclusione che si tratta di una semplice attività elettrica e che è inutile ipotizzare che esista “qualcuno” che lo sta usando. La verità è che su che cosa sia l’uomo le neuroscienze non possono dire molto, così come non possono dirci cosa sia il gioco d’azzardo quanto la lettura del Giocatore di Fëdor Dostoevskij.

Un’altra affermazione delle neuroscienze è quella sul libero arbitrio, del quale si ritiene di poter dimostrare l’inesistenza: le nostre azioni sarebbero infatti l’inevitabile conseguenza degli eventi accaduti in passato. Anche in questo caso niente di nuovo sotto il sole, siamo infatti di fronte alla stessa idea che proponeva Pierre-Simon Laplace negli stessi anni in cui Cabanis proponeva quella del pensiero come secrezione del cervello. Le neuroscienze propongono al riguardo esperimenti dai quali emerge il fatto che la consapevolezza di compiere un’azione è solo successiva all’attivazione di una determinata area cerebrale e questo lascerebbe intendere, secondo alcuni, che l’azione viene decisa prima che ne siamo consapevoli, escludendo quindi la coscienza come elemento decisionale. Ma questa è una conclusione affrettata, che non tiene conto del fatto che possa esistere un’inconscia attività preparatoria alla decisione. Ma ancor più simile all’argomento di Laplace è quello portato avanti in un articolo pubblicato su Le Scienze proprio all’inizio di quest’anno, a firma della fisica teorica Sabine Hossenfelder, la quale sostiene che: «…l’esistenza del libero arbitrio è incompatibile con le nostre attuali conoscenze della natura… il timore che la sua assenza apra le porte a una deresponsabilizzazione morale delle persone è infondato, e si basa su una serie di errori concettuali».

Ma giunge a queste conclusioni basandosi su argomenti che altri usano in senso diametralmente opposto. Le neuroscienze non hanno quindi dimostrato che non esiste il libero arbitrio, e la questione stessa sulla dimostrabilità o meno rimane aperta.

 

Processi biochimici e riduzionismo dominante

Il riduzionismo appare in questo momento dominante nelle neuroscienze, così dopo aver provato a negare la coscienza e la libertà delle nostre azioni, si intravede come traguardo quello di negare l’esistenza stessa della mente. Giorgio Vallortigara, docente di neuroscienze e direttore del Center for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento, ne ha infatti affermato la non esistenza nel corso di una conferenza tenutasi nel febbraio del 2013 presso una sede dell’UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) in occasione di un Darwin day: «“Spirito” non ha significato se non come metafora o come modo per narrare un modo adattativo con il quale è stata costruita la mente umana… non solo il termine spirito ma anche il termine mente secondo me non dovrebbe neanche essere utilizzato, come sostantivo perlomeno… non c’è una cosa o una sostanza, secondo me, che sta per la parola “mente”… mente e spirito sono solo i processi fisico chimici che avvengono nel cervello, punto». Sembrerebbe quindi che secondo la visione sostenuta dal Vallortigara le neuroscienze vogliano riportarci all’inizio del XIX secolo, quando Cabanis e Laplace proponevano l’idea di un cervello meccanico fatto a immagine degli automi, quei giocattoli meccanici che nel ’700 avevano incuriosito le corti europee.

 

Le teorie alternative sulla mente

Ma su che cosa sia la mente esistono anche altri punti di vista molto più moderni. Infatti, secondo la teoria di grandi fisici come von Neumann e Eugene Wigner – recentemente rielaborata dal fisico Henry Stapp –, la mente è qualcosa che esiste realmente e interagisce col mondo fisico pur essendo irriducibile alla pura materialità. Le certezze riduzioniste di alcuni neuroscienziati appaiono dunque eccessive e frutto di una personale interpretazione.

Le neuroscienze non possono in definitiva dire al momento nulla di certo sulla coscienza o sulla mente, né tantomeno negarne l’esistenza come entità reali, e quando lo fanno compiono un atto indebito col quale si fa cattiva scienza e cattiva filosofia.

 

 

 

 

Ricorda

 

«Il materialismo è privo di basi scientifiche e gli scienziati che lo difendono credono in realtà a una superstizione».

(Sir John Eccles, neurofisiologo, Premio Nobel per la medicina 1963. Tratto da: Mariano Artigas, Le frontiere dell’evoluzionismo, Ares, 1993, p. 223).

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