Tra i termini più abusati del nostro tempo, la “libertà” non è un gioco senza regole, traguardi e motivazioni. Dove c’è lo Spirito Santo diventa capacità di donarsi per amore: a Gesù che ci ha redenti, al Padre che ci attende in Paradiso, ai fratelli nella fede che sono con noi un unico “corpo”
La libertà è la prerogativa più cara all’uomo meritevole di questo nome ed è al tempo stesso la più insidiata: sta qui una delle ragioni dell’enigmaticità della storia del mondo nella quale siamo tutti immersi e travolti.
La prerogativa più cara
Giustamente è la più cara, perché solo per essa gli uomini sono artefici e responsabili del loro destino e solo per essa possiedono una dignità che li pone sopra ogni altra creatura che respira sulla terra.
La frase icastica di san Paolo («Dove c’è lo Spirito del Signore c’è la libertà», 2 Cor 3,17) ci dice perciò che c’è tra il nostro spirito, che vuol essere libero, e lo Spirito di Dio, che è liberante, un’affinità connaturale e una reciproca attrazione. Ogni nostro sospiro verso la libertà – magari inconsapevole, magari frammisto a estranei intendimenti – è un appello implicito allo Spirito Santo, che non ci vuol vedere schiavi di niente e di nessuno.
La prerogativa più insidiata
Ma la libertà è anche la nostra ricchezza più soffocata o almeno messa in pericolo. Sono molteplici i condizionamenti che ci intrigano in questo mondo e sono frequenti i tentativi di asservirci che dobbiamo fronteggiare. Ebbene, lo Spirito Santo ci è dato come potenza divina che spezza ogni catena, contesta ogni dominio sull’uomo che non sia quello dell’unico Signore di tutti, condanna ogni tirannia sociale, politica, culturale.
La difesa
La Chiesa, in virtù dello Spirito che abita in lei, è perennemente arruolata nella lotta per l’effettiva liberazione dell’uomo. E con l’istinto che le viene da questo suo segreto animatore, essa diffida di solito dei vari liberatori terreni, che spesso usano metodi a loro volta oppressivi e non di rado a compenso delle loro liberazioni mandano pesanti conti da pagare, tanto da far rimpiangere talora le sopraffazioni di prima.
L’uomo di Pentecoste è libero soprattutto “di dentro”: libero dai pregiudizi, libero dai sentimenti incontrollati, libero dagli impulsi aberranti, libero dalle mille falsità insinuate dalla mentalità mondana prevalente che egli sa valutare criticamente.
La libertà pentecostale
Dove c’è lo Spirito, c’è la libertà di non essere travolti dalle propensioni al male che nascono senza tregua nel cuore dell’uomo. Dove c’è lo Spirito c’è il coraggio di non piegarsi alla prepotenza e la forza di essere fedeli a se stessi e ai propri ideali; come è avvenuto negli Apostoli, che dopo la Pentecoste hanno scosso da sé tutte le paure e hanno impavidamente resistito a tutte le intimidazioni e a tutte le minacce.
Dove c’è lo Spirito, la libertà umana non è più un gioco senza regole, senza traguardi, senza motivazioni (come spesso è presentata dalla cultura imperante nel nostro tempo), ma diventa essenzialmente capacità di donarsi per amore: donarsi al Signore Gesù che ci ha redenti, al Padre che ci aspetta nella sua casa, ai fratelli che costituiscono con noi un unico “corpo”.
In tal modo, esponendosi alla luce pentecostale, l’uomo si salva dall’assurdità di una vita senza scopo, e capisce la nobiltà e il fascino di essere l’interlocutore e l’amico di Dio.
Il contrasto con lo «spirito del mondo»
«Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio» (1 Cor 2,12). Queste parole delineano un’antitesi assoluta e ci rivelano un aspetto fondamentale dell’effusione pentecostale: la missione del Paràclito include un’opposizione e una lotta, che caratterizza la vicenda umana e la caratterizzerà sempre fino a che con la venuta del Signore la storia arriverà alla sua conclusione.
Contro il «Principe di questo mondo»
Qual è la causa prima, precipua e permanente dello «spirito del mondo» che si oppone allo Spirito del Risorto? Gesù non ha dubbi nell’assegnarle un’indole personale e ci parla del demonio, qualificandolo ripetutamente come il «principe di questo mondo» (cf Gv 12,31; 14,30; 16,11). «Tutto il mondo – conferma poi la prima lettera di Giovanni – giace sotto il potere del maligno» (1 Gv 5,19). A guardare, infatti, come tanto spesso l’intera umanità ci appare preda dell’odio, della disperazione, della follia, si potrebbe giungere a persuaderci che la nostra battaglia per il bene sia perduta senza rimedio e sia ormai da riconoscere il trionfo di quell’oscuro nemico. Ma per fortuna l’evento di Pentecoste contrasta efficacemente l’azione del male. Lo Spirito Santo, di solito senza clamore, continua a costruire instancabile il Regno di Cristo tra gli uomini e si oppone vittoriosamente all’opera variamente nefasta del grande avversario di Dio.
Il «padre della menzogna»
Con parola chiara e tagliente Gesù ci ha detto che il demonio «è menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44). E noi lo vediamo quotidianamente al lavoro. È certo ispirata da lui l’incredibile alluvione di falsità e di bugie che sommerge spesso – attraverso mezzi di comunicazione se non altro superficiali o attraverso centrali di elaborazione culturale ideologicamente schierate – i troppo fiduciosi figli dell’uomo, i quali, di solito, non pensano a difendersene con una sana attitudine critica; falsità e bugie ad esempio (per uscire dal generico) a proposito del senso ultimo dell’esistere, a proposito di ciò che è eticamente giusto e di ciò che è sbagliato, a proposito della storia ecclesiale, a proposito di ciò che autenticamente insegnano i legittimi pastori.
Ci sarebbe da sgomentarsi, se non sapessimo che al lavoro c’è pure lo Spirito che guida «alla verità tutta intera» (cf Gv 16,13). Per merito suo, gli animi onesti alla fine trovano la strada per raggiungere una fede non inquinata; per merito suo la luce del Vangelo non cessa di risplendere inalterata, mentre i ritrovati ideologici presto o tardi tramontano; per merito suo i discepoli di Cristo degni di questo nome non si lasciano né incantare né intimidire e rendono testimonianza alla verità anche quando devono sfidare le prepotenze, il disprezzo, le ironie dei dominatori di questo mondo.
La cultura di morte
l demonio – ci dice ancora Gesù – è «omicida » (cf Gv 8,44). Alla sua istigazione si deve il dilagare nella nostra società della cultura di morte. Tale cultura si esprime, per esempio, nel diffondersi della droga e delle aberrazioni sessuali; nelle tentazioni di ricorrere alla violenza, al delitto, al terrorismo per far valere le proprie ragioni o imporre il proprio tornaconto; nel supremo abominio di legittimare e addirittura finanziare pubblicamente la soppressione della vita umana nel grembo materno. Ma lo Spirito Santo – «che è Signore e dà la vita» – suscita senza pausa il popolo dei credenti come comunità attiva, che ama la vita, la difende, la esalta contro ogni motivo di sfiducia come il primo e fondamentale dono di Dio.
Il disgregatore
Il demonio infine è il sobillatore di ogni disgregazione. Sotto il suo influsso imperversano le discordie, le guerre, le confusioni dei pareri. Sotto il suo influsso cadono anche quei cristiani che, invece di ricercare l’unità nel riferimento alle direttive dei pastori legittimi, preferiscono mostrarsi come un’accozzaglia di gente litigiosa, destinata a disperdersi e a vanificarsi in varie ed estranee consorterie, dove non è la novità del Vangelo a ispirare i comportamenti. Ma lo Spirito Santo, che ha già vinto la sempiterna Babele nella calda armonia della Pentecoste, raduna i disseminati figli di Dio e garantisce a ogni epoca la vitalità di quel prodigio di unità trascendente che è la santa Chiesa cattolica. In essa, quanti sono stati battezzati in un solo Spirito, e si abbeverano di un unico Spirito, formano un corpo solo (cf 1 Cor 12,13), che è il «corpo di Cristo» per la gloria del Padre.
Veni Creator Spiritus
«Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.
Dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell’anima.
Dito della mano di Dio,
promesso dal Salvatore,
irradia i tuoi sette doni,
suscita in noi la parola.
Sii luce all’intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.
Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.
Luce d’eterna sapienza,
svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio
uniti in un solo Amore. AMEN».
IL TIMONE N. 125 – ANNO XV – Luglio/Agosto 2013 – pag. 47
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