Gigante della fede, dottore della Chiesa, ci ha lasciato una stupenda dottrina dell’amore raccolta nel suo De Diligendo Deo. Che ci accompagna a salire i quattro gradi dell’amore
Quella di San Bernardo di Chiaravalle si presenta come la figura di un autentico gigante della fede, della spiritualità e della cultura. Nato presso Digione nel 1090,
egli fece il suo ingresso nella celebre abbazia di Citeaux nel 1110 e cinque anni più tardi fondò una nuova abbazia a Clairvaux (Chiaravalle), che divenne la sua sede preferita e che nell’arco di una trentina d’anni dette vita a ben settanta monasteri diffusi per tutta l’Europa. Celebre è rimasta la sua fedeltà al Papa e molto note sono le sue vigorose prese di posizione contro il filosofo Abelardo e contro Arnaldo da Brescia, aspro contestatore della Chiesa del tempo. Bernardo si impegnò pure con grande foga nella predicazione della II Crociata. La morte lo colse nel 1153. Ventuno anni dopo venne canonizzato da Papa Alessandro III, mentre il Pontefice Pio VIII lo dichiarò Dottore della Chiesa col titolo di Doctor mellifluus, ovvero dolce come il miele. E proprio Doctor Mellifluus è intitolata la venticinquesima enciclica di Pio XII, pubblicata nel 1953, in occasione dell’ottavo centenario della morte del Santo.
Una dottrina dell’amore
Uomo dalla fede granitica, monaco incorruttibile, predicatore sommo, Bernardo ci ha lasciato anche una significativa messe di opere, tra le quali spicca il Liber de diligendo Deo (Libro sul dovere di amare Dio), che contiene una ricchissima dottrina dell’amore. La datazione di questo importante lavoro non è facilmente ricostruibile: gli studiosi lo fanno risalire a un arco di tempo compreso tra il 1126 e il 1141. Il Libro è dedicato ad Aimerico, un ecclesiastico creato cardinale da Papa Callisto II nel 1121 e cinque anni più tardi nominato cancelliere della Curia romana dal Pontefice Onorio I.
Dopo un Prologo nel quale vengono accennate in sintesi le questioni centrali dell’intera opera (perché e come si deve amare Dio), nelle successive due parti dello scritto Bernardo analizza distesamente tali problemi, per poi passare, nella terza sezione, a discutere sui gradi dell’amore e nella quarta sul valore e il ruolo del corpo, concludendo, infine, il suo percorso con un’altissima riflessione su quello che egli ritiene essere il livello più elevato dell’amore.
L’argomentare del Santo Dottore muove dalla considerazione che Dio colma quotidianamente tutti gli uomini, anche coloro che non credono, di un grandissimo numero di doni: primo fra tutti il dono della creazione e, accanto a esso e di esso non meno straordinario, quello della salvezza attuata da Gesù Cristo. Inquadrato entro questi termini, l’amore smisurato di Dio richiede una risposta altrettanto smisurata; una risposta scevra da ogni calcolo egoistico, che si concretizza in un cammino di liberazione dalle forme più basse dell’amore di se stessi.
Dalla dimensione umana a quella soprannaturale
A questo riguardo è comunque interessante notare, sulla scia di Étienne Gilson, come non vi sia un’inconciliabilità di fondo tra la dimensione umana, terrena e fisica dell’amore, e quella più schiettamente divina. Sono le seguenti parole di Bernardo a guidarci in questa direzione: «Però, siccome siamo fatti di carne e nasciamo dalla concupiscenza della carne, è inevitabile che la nostra cupidigia, il nostro amore prenda le mosse dalla carne, che però, se è indirizzata a buon fine e se, con la guida della Grazia, traversa con profitto i gradi che le si addicono, sarà all’ultimo dissolta nello spirito». Da queste considerazioni emerge chiaramente che il santo monaco non assume un atteggiamento di condanna nei confronti della materia e della corporeità, alle quali riconosce piuttosto una naturalità per così dire necessaria, in quanto l’essere umano si percepisce prima di tutto come carne. «Perciò – continua il Santo di Chiaravalle − è inevitabile che ci assumiamo prima l’aspetto dell’essere terreno e poi quello del celeste. Quindi da principio l’uomo ama se stesso per sé; infatti è carne e non può aver coscienza di nulla al di là di se stesso.
Quando s’accorge di non poter sussistere da sé comincia a ricercare con la fede e ad amare Dio in quanto lo sente necessario a sé. Ama pertanto Dio quando giunge al secondo grado, ma per sé, non per Lui».
Fino alla familiarità con Dio
Tuttavia, questo tipo di amore per Dio non costituisce ancora quell’amore totale e assoluto che è richiesto al vero credente: infatti, in tale atteggiamento mantengono un forte rilievo la percezione e il pensiero di sé.
Si rendono dunque necessari altri passaggi. Scrive il Santo Dottore al riguardo: «Ma quando, sotto la spinta della propria necessità, avrà cominciato a esercitare la propria devozione e la propria assiduità verso di lui, allora, in forza del pensiero, della lettura, della preghiera, dell’obbedienza, a poco a poco e gradualmente, s’istituirà una certa familiarità con Dio, che diverrà più noto e per conseguenza apparirà più dolce; e così l’uomo, dopo aver gustato come’è dolce il
Signore, passa al terzo grado, cioè al punto di amare Dio non più per sé, ma per Lui.
Certamente in questo grado si rimane a lungo, anzi non so se qualcuno degli uomini durante questa vita riesca ad abbracciare saldamente il quarto grado, cioè addirittura ad amare se stesso solo per Dio».
Risulta chiaro che nella speculazione di Bernardo l’amore mistico è l’amore perfetto, al quale l’uomo può giungere in virtù della grazia di Dio.
La corporeità
In tale contesto si colloca anche la questione del ruolo attribuito dal grande monaco di Chiaravalle alla corporeità, non considerata in termini irrimediabilmente negativi, ma ricompresa entro un più vasto disegno di conversione e di valorizzazione alla luce dell’amore di Dio.
A giudizio di Bernardo, bisogna che il corpo, come afferma Jean Leclercq, «sia progressivamente trasformato da un’autentica adesione alla fede in Cristo, affinché, nella gloria dell’unione perfetta con Dio mediante la Risurrezione, la finitezza sia trasfigurata: la corporeità non sarà abolita, ma parteciperà al disinteresse ormai assoluto». Il cammino richiesto all’uomo è pertanto quello che conduce al completo oblio di sé per giungere a perdersi in Dio, culmine di ogni desiderio umano. «Si era partiti, e questo legittimamente − sottolinea il celebre studioso francese − dall’amare se stessi: ciò che Bernardo chiama l’amore “carnale”. Comprendendo, alla luce di Dio, che questa miseria è di tutti, si era passati alla compassione nei confronti di tutti, all’amore “sociale”. Tutta questa esperienza sarà conservata, ma glorificata nell’amore totale, infinito, eterno, di cui taluni, in virtù di un dono eccezionale di Dio, possono ricevere un’anticipazione fin da questa vita».
Mistica ma anche concretezza
Dunque, si può a buon diritto sostenere che il messaggio spirituale del Santo di Chiaravalle si presenta caratterizzato da una forte dimensione mistica che tuttavia non perde di vista l’uomo concreto e l’orizzonte delle sue relazioni con i suoi simili. L’amore di cui parla Bernardo – a un tempo amore di Dio e amore del prossimo, che si implicano a vicenda – è un amore perfetto, radicale e totalmente appagante, tale addirittura da arrecare violenza a chi lo pratica, come ha puntualizzato Reginald Garrigou-Lagrange: «Quest’amore ferisce colui che ama e
lo fa morire a se stesso, facendolo vivere nello stesso tempo per altri, e spingendolo ad uscire da sé e a darsi generosamente. Esso richiede stimolazione interiore, il martirio del cuore che hanno conosciuto tutti i santi, nonché la morte mistica di cui parla il Vangelo nella parabola del grano in procinto di germinare». â–
Ricorda
«Nelle estenuanti battaglie tra nominalisti e realisti – due correnti filosofiche dell’epoca − l’Abate di Chiaravalle non si stanca di ripetere che uno solo è il nome che conta, quello di Gesù Nazareno. “Arido è ogni cibo dell’anima”, confessa, “se non è irrorato con questo olio; insipido, se non è condito con questo sale. Quello che scrivi non ha sapore per me, se non vi avrò letto Gesù”. E conclude: “Quando discuti o parli, nulla ha sapore per me, se non vi avrò sentito risuonare il nome di Gesù” (Sermones in Cantica Canticorum XV, 6: PL 183,847)»
(Benedetto XVI, Udienza generale del 21 ottobre 2006, reperibile su www.vatican.va
Per saperne di più…
Bernardo di Chiaravalle, La via dell’amore, Edizioni Messaggero, 1994.
Bernardo di Chiaravalle, I gradi dell’umiltà /L’amore di Dio, Città Nuova, 1995.
Jean Leclercq, Bernardo di Chiaravalle, Vitae Pensiero, 1992.
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