La Sacra scrittura è chiara.La Chiesa è stata affidata da Gesù Cristo per perpetuare la sua missione di salvezza. Affidata a Pietro, pastore universale, e gli Apostoli in comunione con lui, per la gloria di Dio e il bene delle anime.
Oggi – ma non è solo da oggi – è facile incontrare persone che sono disposte a dichiarare tutto il loro attaccamento a Gesù e che non fanno nessuna fatica a dirsi cristiane, ma che manifestano con pari decisione la loro diffidenza o anche aperto rifiuto nei confronti della Chiesa.
Questo legame tra Gesù e la Chiesa è invece assolutamente fondamentale. D’altra parte un Gesù separato da una comunità concreta e vivente che ci aiuti a capire chi veramente è e a incontrarlo realmente sfuma fatalmente nell’astratto e prende come per incanto i tratti delle nostre troppo umane aspettative. La storia – anche in questo frangente – ci è maestra. Il Gesù cercato con mezzi solo umani, in polemica con i dogmi della Chiesa, quello per intenderei della ricerca dell’esegesi razionalista sulla Vita di Gesù, ha portato a identificarlo via via con un maestro di morale, un riformatore religioso e sociale, un rivoluzionario, in modo non solo diverso ma contraddittorio… Il tutto presentato sempre con i crismi della più assoluta scientificità. È un po’ quello che succede a chi dice: «perché devo andare a confessarmi da un prete? lo mi confesso direttamente con Dio». Questo Dio però prende fatalmente i contorni di un dio “fai da te”, del “mio dio”, cioè tecnicamente di un “idolo”. Può diventare un dio bonaccione, a cui qualunque mio comportamento va sempre bene (che non riesce però mai a rassicurarmi fino in fondo…) oppure un dio terribilmente rigoroso ed esigente, sempre pronto a cogliermi in fallo e a condannarmi, tale da suscitare in me il desiderio più o meno consapevole di disfarmene per mezzo di qualunque argomento mi capiti tra le mani (la scienza ha dimostrato che Dio non serve; c’è troppo male nel mondo; è uno spauracchio inventato dai preti; ecc. ecc.)…
Il legame tra Gesù e una comunità concreta è assolutamente fondamentale, direi radicale, perché radicato nel mistero dell’Incarnazione. Tra gli infiniti modi con cui poteva salvare l’uomo Dio ne ha scelto uno: quello di venire sulla terra e diventare uomo tra gli uomini nascendo da una donna («nato da donna» Gai 4,4). Quella Donna si è trovata così coinvolta – per suo libero consenso – nella vicenda della redenzione ed è come la custode di questo mistero, che è insieme il mistero dell’umanità di Gesù e quello della Chiesa, il suo mistico corpo.
Se prestiamo un po’ di attenzione non facciamo fatica a scorgere un legame misterioso ma assolutamente reale tra Maria, la madre di Gesù, e la Chiesa; tra l’amore e la devozione a Maria e il legame profondo, intimo e fedele con la comunità di coloro che credono in Gesù, figlio di Dio.
A parlarci di Gesù sono i Vangeli e in generale tutti gli scritti del Nuovo Testamento. Alla luce poi di questi scritti anche l’Antico Testamento si rivela colmo di allusioni più o meno chiare e decisive a Gesù e alla sua missione. Questi scritti autorizzano a concepire un Gesù separato dalla Chiesa? Che immagine di Chiesa ci trasmettono?
Il regno già presente
Innanzitutto, leggendo il Nuovo Testamento, incontriamo un termine che si impone per la sua particolare frequenza: «regno di Dio». Questa espressione ricorre 122 volte nel Vangelo e 90 volte sulle labbra di Gesù. È stato definito il dato più storico della vita di Gesù, tale da diventare il simbolo di tutta la sua predicazione. Certamente per queste ragioni Giovanni Paolo II lo ha posto al centro dei nuovi «misteri della luce» del Rosario (è infatti il terzo mistero luminoso). «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). Non è facile definire sinteticamente il suo significato (Gesù ricorre soprattutto a parabole per descriverlo): certamente non si tratta di “regno” nel senso di territorio determinato, ma piuttosto nel suo senso dinamico di dominio, di signoria. Certamente ci vuoi dire che Dio intende stabilire con l’uomo un rapporto totale, che lo riguarda non solo come individuo, ma anche in quella dimensione relazionale e quindi sociale che gli appartiene intrinsecamente. Anzi, si comprende che il dominio di Dio vuole estendersi a tutto il cosmo, a tutto il creato. Certamente l’affermarsi del regno non riguarda solo ciò che ci sarà dopo la fine della storia, «perché il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc 17,21; cfr. anche 11,20 e Mt 12,28; Mt 16,28; Mc 9,1 e Lc 9,27). La pienezza della realizzazione del Regno però è per la fine dei tempi. Gesùinfatti nell’ultima cena, alludendo evidentemente alla sua passione, morte e resurrezione, dice «io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio» (Mc 14,25; cfr. Mt 26,29 e Lc 22,18).
Il Regno dunque è qualcosa che c’è già, ma che non ha ancora raggiunto la sua pienezza e perfezione. C’è già però non soltanto come un astratto ideale da vagheggiare, ma come una presenza da accogliere. Una presenza che non dà il via solo ad un confuso movimento di popolo o di pensiero, ma a cui corrisponde una convivenza di persone attorno a Gesù con un preciso carattere e una incipiente organizzazione. La Chiesa non si identifica puramente e semplicemente con il Regno ma di esso «costituisce in terra il germe e l’inizio» (Lumen gentium 5). Non solo, ma essa è anche lo strumento e il sacramento mediante il quale questo disegno di Dio si attua nella storia (Ibid. 9,48). La Chiesa è «il Regno di Cristo già presente in mistero» (Ibid. 3).
La cerchia dei Discepoli
Gesù non si limita a raccogliere attorno a sé le folle, ma recluta dei discepoli, un « piccolo gregge» (Le 12,32) con il quale instaura un tipo di vita così intimo e familiare da considerare ogni suo membro come “fratello”, “sorella” e “madre” (Mc 3,33-35; Lc 8,21; Mt 12,50). Di questa cerchia si prende cura in modo particolare, rivelando loro «i misteri del règno» (Mt 13,11; Mc 4,11; Lc 8,10), avvertendoli dei pericoli molto concreti a cui andranno incontro (Mt 10, 16-42), insegnando loro una preghiera caratteristica e quindi un culto loro proprio (Mt 6,9-13). Non c’è dunque soltanto un vasto uditorio, una eco lontana della sua predicazione, con qualche persona che gli sta accanto per aiutarlo – come la segreteria di un telepredicatore -, perché si costruisce una convivenza così stretta con coloro che credono in lui da essere descritta con i termini della parentela di sangue. La tentazione facile e a portata di mano è di lasciar scivolare tutto nell’ambito del “puramente spirituale”, del “simbolico”. Oppure, la tentazione di pensare che questo sia successo per il tempo limitato della sua vita terrena. Certamente ciò non risulterebbe in sintonia con un piano divino che trova il suo fulcro nel Dio fatto uomo. Ci sarebbe come un’in-terruzione: Dio si fa Emmanuele (Dio-con-noi) fino al punto di assumere in tutto e per tutto la nostra natura e quindi la nostra carne, per poi lasciare che il rapporto con lui ritorni al piano in cui era prima. Vediamo invece che Gesù si preoccupa che la cerchia dei suoi discepoli abbia una struttura, sia organizzata e possa quindi avere una continuità nella storia: per questo sceglie i dodici.
La scelta dei Dodici
La scelta dei dodici apostoli riveste nell’agire di Gesù un carattere tutto particolare. Si tratta di un atto solenne, che richiede una lunga preparazione. Gesù trascorre infatti la notte precedente in preghiera: «In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.
Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannomi nato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore» (Lc 6,12-16).
L’orazione precede sempre ogni atto importante di Gesù: l’inizio del suo ministero pubblico con i quaranta giorni nel deserto e il momento decisivo, la sua “ora”, cioè la passione, con la notte nel Getsemani. Così adesso la scelta di coloro che all’interno del “piccolo gregge” aveva già guardato con occhio di predilezione («quelli che egli volle» Mc 3,13) avviene nel silenzio della notte e della montagna, nell’intimo di quel dialogo misterioso con il Padre – che Lui si sentiva autorizzato a chiamare Abba, cioè Papà – dialogo eterno, ma ora entrato nel tempo in una coscienza non solo divina, ma anche umana, quella di Gesù di Nazareth. Dal silenzio della montagna e dal silenzio eterno della vita intima di Dio sgorga una scelta decisiva: quella di un nuovo popolo di Dio. Come da Dio era venuta la decisione di creare il mondo e la comunità umana e quella di chiamare alla storia il popolo delle dodici tribù, così ora il Verbo eterno fatto uomo chiama all’essere un nuovo popolo che deve essere germe, segno e strumento del definitivo avvento del Regno di Dio, tale da trasformare tutte le cose rifacendole nuove: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5; cfr. Is 65,17).
I Dodici ottengono fin da subito un posto di autorità e preminenza rispetto al gruppo più vasto dei discepoli: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele» (Mt 19, 28). Essi sono come i suoi plenipotenziari, tali da partecipare intimamente alla sua stessa missione: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40; Lc 10,16; Gv 13,20). La sua missione viene dall’eternità ed è destinata a dispiegarsi nel tempo («Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» Gv 20,21) «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Sotto la guida di Pietro
Anche il corpo dei Dodici però risulta strutturato al suo interno, perché Pietro vi assume incontestabilmente un ruolo di guida, come si evince chiaramente dal Vangelo di Matteo: «Rispo-se Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio dei Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa terra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,16-19). Il disegno di Gesù è evidente: quello di perpetuare la sua presenza e la sua opera nella storia, attraverso la Chiesa affidata alla guida di Pietro, in modo che le forze dell’inferno non possano prevalere su di essa.
Ulteriore conferma del ruolo primaziale affidato a Pietro si deduce dal Vangelo di Giovanni, ove si legge del triplice incarico affidato al Principe degli Apostoli di «pascere pecore ed agnelli», dunque l’intero gregge, vale a dire la Chiesa universale (Gv 21,15-17).
La Chiesa è dunque il Regno già presente nel mistero, il popolo di Dio, cioè il popolo da Dio direttamente costituito e fatto – così che i suoi membri non sono autorizzati a scegliere o modificare la sua forma o costituzione come in una comunità umana puramente naturale -, legato al suo fondatore in modo talmente intimo e intrinseco da poter essere detto suo misterioso Corpo (Corpo mistico).
No, un Gesù separato dalla Chiesa è inconcepibile, così come sono inconcepibili una testa e un corpo separati l’uno dall’altro se non come pezzi di un cadavere…
LA VERA CHIESA
«Il Signore Gesù, unico salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì la Chiesa come mistero salvifico: egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui».
(Dominus Iesus, n. 16)
BIBLIOGRAFIA
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Brunero Gherardini, La Chiesa. Mistero e servizio, Associazione Apollinare Studi,
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René Latourelle, S.J. . Rino Fisichella (a cura di), Dizionario di Teologia fondamentale, Cittadella, Assisi 1990, le voci: Gesù e la Chiesa (pp. 151-162) e Regno di Dio(pp. 902-912).
Gianpaolo Barra, La vera Chiesa? È quella cattolica, Quaderni del Timone, 2004. Gianpaolo Barra, Il Primato di Pietro nella storia della Chiesa, Mimep-Docete, Pessano 1995.
Justo Collante S.J., La fede della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 1993.
Dossier: La vera Chiesa? E’ quella cattolica!
IL TIMONE – N. 40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 36 – 37 – 38