La ricerca della verità come condizione per costruire un’identità nazionale. Dalle parole dei Papi indicazioni utili al lavoro degli storici e di chiunque desideri conoscere il passato.
Il 30 ottobre 2003, con un sintetico discorso letto dal segretario di Stato card. Angelo Sodano, Giovanni Paolo II ha ricordato la figura del suo predecessore Leone XIII nel centenario della morte, avvenuta il 20 luglio 1903.
Nell’occasione il Papa ha voluto ricordare il progetto globale di Leone XIII, che nel periodo del pontificato, dal 1878 al 1903, ha affrontato tutti i grandi problemi posti alla Chiesa dai cambiamenti avvenuti in Europa in seguito al processo di scristianizzazione avviato dall’illuminismo, nel secolo XVIII, e dalla rivoluzione francese, a partire dal 1789. Infatti, Leone XIII cercherà di offrire ai fedeli una presentazione del cristianesimo che permetta loro di operare in un mondo assai trasformato, sia a livello culturale sia a livello politico, perché la fede di sempre possa penetrare nella vita pubblica delle nazioni dopo la “bufera” rivoluzionaria. Così Papa Giovanni Paolo II ricorda i principali interventi del predecessore, nel campo economico-sociale, con l’enciclica Rerum novarum, senz’altro la più conosciuta del pontificato, ma anche nel campo filosofico, con l’enciclica Aeterni Patris, che rilancerà la filosofia tomista; rammenta anche gli interventi di Leone XIII per raccomandare la preghiera del Rosario, «come efficace strumento spirituale di fronte ai mali della società» (Leone XIII, Enciclica Supremi apostolatus officio, n.2).
Con questo discorso, il regnante Pontefice vuole soprattutto ricordare l’influsso di Leone XIII nell’ambito degli studi storici e così facendo Giovanni Paolo II aiuta a comprendere meglio alcuni gesti del suo pontificato, soprattutto quelli inerenti alla “purificazione della memoria”.
Infatti, come Leone XIII anche Giovanni Paolo II invita gli studiosi di storia a non avere paura della verità, anche quando potrebbe apparire contraria agli interessi immediati della Chiesa, se dovesse portare alla luce fatti negativi compiuti da cattolici nel corso del tempo. Questo, ricorda il Papa, è il senso della “purificazione della memoria”, cioè il rifiuto di qualsiasi strumentalizzazione della verità, per impedire che le «memorie inquinate» possano diventare elementi costitutivi dell’identità nazionale o anche religiosa di alcuni popoli. Infatti, quando l’identità di un popolo si fonda su un pregiudizio falso e moralmente inaccettabile può mettere facilmente a repentaglio la pace con gli altri popoli e nazioni, come anche recentemente si è potuto notare, per esempio, nelle guerre balcaniche dal 1991 al 2001, dove l’odio nazionale, etnico e religioso fra i popoli della penisola è stato usato per scatenare una guerra fratricida, che è terminata soltanto dopo l’ingresso nel Paese di forze militari di interposizione.
L’importanza del tempo storico
Il tempo storico è importante per l’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché in esso si gioca il destino eterno di ogni creatura. Nella storia, l’opera della Chiesa si scontra con la presenza e con le operazioni del Maligno, il “principe di questo mondo”, della cui realtà siamo spesso tentati di non tenere conto.
Tuttavia, l’esame della storia deve partire dai fatti, e dai documenti che permettono di risalire ai fatti, avendo presente il monito di Cicerone che Giovanni Paolo II riprende, come aveva fatto anche il suo predecessore: «la prima regola della storia è non osare affermare nulla di falso, né tacere qualcosa di vero; perché nello scrivere non ci siano sospetti di partigianeria o di avversione». Per questo Papa Leone XIII, il 18 agosto 1883, nell’epistola Saepenumero considerantes aveva disposto che gli archivi della Biblioteca Vaticana venissero aperti agli studiosi e oggi Giovanni Paolo II invita lo studioso di storia «a non essere né accusatore né giudice del passato, ma ad adoperarsi pazientemente per comprendere ogni cosa con la massima penetrazione e ampiezza, al fine di delineare un quadro storico il più possibile aderente alla verità dei fatti».
Ideologie e storia
Nell’epoca delle ideologie abbiamo assistito al tentativo, opera soprattutto dei partiti comunisti, di riscrivere la storia secondo le necessità politiche del momento presente. Qualche volta si è cercato addirittura di cancellare la storia, quasi per far dimenticare la possibilità di vivere in modo diverso dal tempo successivo all’inizio della rivoluzione. I Papi, che non sono storici di professione ma capiscono l’importanza della storia per costruire la personalità degli uomini e dei popoli, invitano a comportarsi diversamente, a non ricostruire il passato partendo da un pregiudizio ideologico – la classe, la razza, l’interesse nazionale, il mercato – ma cominciando ad accettare i fatti e cominciando da questi perché ogni popolo riconosca la propria identità e anche quali compiti la Provvidenza gli ha affidato nella storia. Come non esiste nessuna persona senza una vocazione, così non esiste un popolo che non sia chiamato a realizzare qualcosa di irripetibile.
Anche noi italiani, così alla ricerca di un’identità nazionale, a cominciare dal Presidente della Repubblica e dai suoi accorati appelli, possiamo accogliere e riflettere sulle parole del Pontefice. Non si deve selezionare il passato, tacendo episodi o addirittura periodi storici non in sintonia con il nostro orientamento, né si deve, come ha scritto Giovanni Paolo II, «applicare al passato criteri e valori acquisiti solo dopo un processo secolare». Si può, invece, lasciar parlare la storia, i suoi testimoni e documenti, ascoltando prima di giudicare, per esempio sforzandosi di comprendere le ragioni di tutti gli attori dei conflitti. Non si tratta di accettare lo storicismo, per cui è bene tutto quanto accade, ma di capire che, soprattutto nell’epoca delle ideologie e ancor di più nella confusione odierna, bisogna essere molto prudenti nell’arte di discernere. Questa attenzione al passato è molto faticosa, perché «gli eventi storici sono il risultato di intrecci complessi tra libertà umana e condizionamenti personali e strutturali», ma è l’unica che può permettere di avvicinarsi alla verità storica e alla costruzione di un’identità non ideologica.
Qualcosa si è forse cominciato a fare in questa direzione, anche in Italia. Sarebbe auspicabile che, sull’esempio di Giovanni Paolo II, anche altri, storici, leader politici, persone a diverso titolo significative, cominciassero a percorrere la strada della “purificazione della memoria”.
RICORDA
«Una società che dimentica il proprio passato è esposta al rischio di non riuscire a far fronte al proprio presente e, peggio ancora, di diventare vittima del proprio futuro!» (GIOVANNI PAOLO II, discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla Fondazione Robert Schuman per la Cooperazione dei Democratici Cristiani d’Europa, in L’Osservatore Romano, 8 novembre 2003).
BIBLIOGRAFIA
GIOVANNI PAOLO II, Messaggio a un Convegno promosso dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in L’Osservatore Romano, 1 novembre 2003.
LEONE XIII, Epistola Saepenumero considerantes, del 18 agosto 1883, in Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, vol. V: Leone XIII (1878-1903) – Parte prima: 1878-1891, Libreria Editrice Vaticana 1996, pp. 158-165.
IL TIMONE – N. 29 – ANNO VI – Gennaio 2004 – pag. 54 – 55