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3.12.2024

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Testimoni
31 Gennaio 2014

Testimoni

Nel corso della persecuzione comunista, nell’Est europeo molti Vescovi furono processati, incarcerati e uccisi.

Molti pastori della Chiesa seppero affrontare con indomito coraggio la persecuzione comunista. Diversi pagarono con il carcere, la deportazione, i lavori forzati e spesso con la morte la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Ne ricordiamo alcuni, sapendo che solo Dio conosce il numero esatto di quanti, vescovi, sacerdoti, suore e laici pagarono con la vita le conseguenza di quella tremenda persecuzione.

Josef Mindszenty (1892-1975), cardinale e primate d’Ungheria, diventa arcivescovo di Estzergom nel 1946. Due anni dopo, il 26 dicembre, viene arrestato con l’accusa di avere complottato con gli Stati Uniti, cospirato con gli Asburgo, ostacolato la riforma agraria e trafficato in valuta straniera. Viene processato e condannato all’ergastolo. Subisce torture fisiche e psicologiche, denudato, sbeffeggiato e umiliato davanti ai carcerieri, drogato e picchiato duramente perché si rifiuta di firmare dichiarazioni che non aveva mai fatto. Alla fine firma un primo verbale, chiaramente costretto. Passa così otto anni e nel 1956, durante l’insurrezione di Budapest, poi repressa nel sangue dalle truppe del Patto di Varsavia, viene liberato e si rifugia nell’ambasciata americana. Vi rimarrà fino al 1971, quando gli viene permesso di uscire in cambio del suo esilio a Roma. Paolo VI gli chiede di rinunciare alla carica di Primate, Mindszenty si oppone e il Papa procede d’autorità. Probabilmente questa fu la sua sofferenza più grande. Muore nel 1975 a Vienna.

Eugenio Bossilkov (1900-1952), vescovo di Nicopoli, in Bulgaria. Ritornato in patria il 10 ottobre 1948, dopo un breve soggiorno in Olanda e a Roma, dove aveva incontrato papa Pio XII, viene arrestato il 161uglio 1952 con l’accusa di aver creato un’organizzazione cattolica sovversiva. Per minare la sua fedeltà alla Chiesa di Roma, gli viene offerta la possibilità di mettersi a capo di una “chiesa” nazionale. Rifiuta decisamente. Nel corso della prigionia viene barbaramente torturato, ma non cede.
Viene processato a Sofia, in settembre, insieme a 27 sacerdoti, 1 suora e due laici. Magro, sfinito e irriconoscibile per le violenze subite, viene condannato a morte e giustiziato l’11 novembre nel cortile del carcere di Sofia. Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 15 marzo 1998, primo martire riconosciuto dell’Europa dell’Est.
«Quanto a me non esito un momento e mi preparo al peggio e allora avanti.
Perciò dico sempre di pregare, pregare molto e se un giorno sentirete la notizia della mia morte, continuate a pregare e le tracce del nostro sangue apriranno la strada ad un futuro splendido, e anche se noi non lo vedremo, altri mieteranno ciò che noi abbiamo seminato nelle pene. Dove esiste il misteryum iniquitatis è presente anche l’onnipotenza di Dio e quindi anche la preghiera dei buoni santi di Dio. Perciò sempre avanti con fiducia».

Stefan Wyszynski (1901-1981), nominato nel 1948 vescovo di Gniezno e Varsavia, in Polonia, firma nel 1950 un accordo con il governo comunista nella speranza che questo possa favorire un’opera di stabilizzazione della Chiesa e migliorare le sorti drammatiche del Paese, uscito devastato dalla guerra e sottoposto alla dittatura comunista. Ma nonostante questo, il regime procede nell’opera di persecuzione, aumentano gli arresti e le condanna di sacerdoti accusati di attività antistatale, di sabotaggio politico, di spionaggio a favore del Vaticano e di traffico di valuta estera. Wyszynski viene arrestato il 26 settembre 1953, condotto in una località segreta e poi in un convento. Gli viene proibito di mantenere contatti con l’esterno. Nel 1956, dopo la morte di Stalin e le rivolte operaie di Poznan, la situazione del Paese precipita e le autorità comuniste decidono la sua liberazione. Guiderà con maestria la chiesa polacca e nel 1978 sarà tra i cardinali che eleggono il polacco Karol Wojtyla vescovo di Roma. Muore nel 1981.

Josef Beran (1888-1969), arcivescovo metropolita di Praga e Primate della Chiesa cecoslovacca dal dicembre 1946, resistette eroicamente alle pressioni del governo comunista che tentava di dividere la Chiesa creando una specie di “Azione Cattolica” fedele al regime. Nel giugno del 1949 le autorità lo condannano al domicilio coatto, facendo pressioni di ogni genere per fargli accettare una legge che limitava la libertà della Chiesa. Invano. Allora, il 10 marzo 1952, viene deportato nello sperduto villaggio di Radvanov, senza alcun processo e senza condanna. Vi rimane 14 anni. Prevedendo le misure repressive nei suoi confronti, Beran disse in una omelia: «È possibile che io oggi vi predichi per l’ultima volta. Vorrei dirvi perciò che mai concluderò un accordo che intacchi i diritti della Chiesa e dei suoi vescovi. Nulla e nessuno mi indurrà a farlo, perché una sola è la Chiesa cattolica e senza vescovi non si dà Chiesa cattolica». Nel 1965 viene liberato ma è costretto all’esilio. Muore a Roma quattro anni dopo, senza aver rivisto la sua patria.

Iuliu Hossu (1885-1970) viene nominato vescovo di Cluj-Gherrla, in Romania, nel 1917. Era uno dei sei vescovi di rito greco-cattolico arrestati in Romania nel 1948, quando quella Chiesa venne dichiarata fuorilegge dalle autorità comuniste. Rinchiuso nel famigerato carcere di Sighet, viene sottoposto a crudeli torture e alla fame, ma non si piega. Dopo la morte di Stalin (1953) è rinchiuso prima nel monastero di Curtea de Arges, dove trova altri due vescovi cattolici, e poi in quello di Caldarusani. Nel 1957, Pio XII gli scrive una lettera in occasione dei quarant’anni di consacrazione episcopale, ma non gli viene consegnata. Le autorità gli propongono la liberazione in cambio dell’esilio all’estero. Rifiuta. Paolo VI lo crea cardinale in pectore nel 1969. Muore il 28 maggio del 1970 in ospedale a Bucarest. Ha passato gli ultimi 22 anni della sua vita rinchiuso in prigione e internato in monastero. Poco prima di morire, dichiara: «Ho sacrificato la mia vita intera per la Chiesa greco-cattolica, io chiedo di essere seppellito da un prete greco-cattolico, se se ne trova uno per adempiere a questa volontà».

Alojzije Stepinac (1898-1960), arcivescovo di Zagabria, viene arrestato il 18 settembre 1946 e processato con l’accusa di avere collaborato con gli Ustascia di Ante Pavelic, con i tedeschi e di attività eversiva contro lo Stato. In realtà, il vero motivo del processo è il fermo rifiuto di Stepinac di costituire una “chiesa” separata da Roma. Stepinac dapprima tace, poi si difende, denunciando la falsificazione dei documenti.
Dichiara davanti al giudice: «La mia unica colpa consiste nel fatto che io non sono caduto in ginocchio davanti al comunismo, che solo governa in questo Paese.
Se voi non mi date ragione, sarà la storia a darmela». Viene condannato a sedici anni di reclusione. Dopo alcuni anni, la condanna viene commutata negli arresti domiciliari nella canonica del suo paese natale, Krasic, strettamente sorvegliato dalla polizia. Viene creato cardinale da Pio XII nel 1953, ma non gli è consentito di recarsi a Roma. Muore nel 1960. Nel 1988 viene beatificato da papa Giovanni Paolo II.

Josyp Slipyj (18921984), consacrato nel 1939, viene arrestato nel 1945 quando la Chiesa greco-cattolica ucraina è posta fuorilegge. Trascorre 18 anni in diversi lager, subendo torture di ogni genere, condannato ai lavori forzati, alla fame e a patire il freddo siberiano.
Trasferito in continuazione da un lager all’altro, perché in ogni luogo suscitava conversioni tra i prigionieri e persino tra qualche carceriere, le autorità comuniste gli offrono più volte la libertà e la carica di patriarca ortodosso di tutte le Russie. In cambio deve abbandonare la Chiesa cattolica e tradire la sua fedeltà al Papa. Rifiuta sempre con straordinario coraggio, sapendo di andare incontro per questo a § tremende sofferenze. Nel 1963 viene liberato grazie alle pressioni di Giovanni XXIII e di Kennedy, ed esiliato a Roma, dove muore nel 1984.

1945-1989: Chiesa perseguitata nell’Europa dell’Est


IL TIMONE N. 81 – ANNO XI – Marzo 2009 – pag. 44 – 45

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