Il noto attore cattolico australiano Mel Gibson mette in scena un film sulla Passione di Cristo. Rispettoso della verità e fedele alla storia, secondo il parere di quanti lo hanno visto in anteprima. Da vedere e far vedere.
«Alla fine della proiezione cui ho assistito, il pubblico non ha proferito parole né mosso un muscolo per alcuni minuti. E’ il film più potente che abbia mai visto: dal giorno in cui ho assistito alla proiezione, non sono riuscito a levarmelo dalla mente». Parola di Michael Novak, noto intellettuale cattolico statunitense, che ha avuto il privilegio di visionare in anteprima il film di Mel Gibson dedicato alla passione di Gesù Cristo. Un film che tante polemiche sta suscitando prima ancora di essere visto dal grande pubblico.
Perché questo film
The passion of the Christ – che arriverà nelle sale il 25 febbraio, mercoledì delle ceneri – racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù, mostrando in tutta la sua crudezza l’indicibile sofferenza del Figlio di Dio umiliato, percosso e crocifisso come il peggiore dei malfattori. Il film nasce dalla tenace volontà dell’attore cattolico australiano Mel Gibson. Gibson – che ha sette figli ed è sposato con la sua prima e unica moglie – è un personaggio scomodo nel bizzarro mondo di Holliwood: in più occasioni ha pubblicamente difeso il matrimonio indissolubile, e ha preso posizione contro l’aborto. Gibson ha conosciuto il successo grazie ad alcuni film d’azione piuttosto leggeri, ma con il passare degli anni si è impegnato in pellicole che affermano valori politicamente scorretti, come ad esempio il recente We were the soldiers. Il film sulla passione di Gesù rappresenta la sua opera più impegnativa e più sentita: per realizzarla ha investito milioni di dollari, ha scritto personalmente il copione, ha scelto gli attori che riteneva più adatti a vestire i panni dei protagonisti del Vangelo. Come regista ha seguito tutte le riprese, che si sono svolte tra Cinecittà e i Sassi di Matera.
Le critiche
Il film di Mel Gibson è nell’occhio del ciclone per alcune critiche che lo hanno colpito sin dai primi mesi della lavorazione. Ecco le principali:
a) L’accusa di antisemitismo: l’organizzazione ebraica AntiDefamation League, pur non avendo ancora visto il film, accusa Gibson di voler presentare “i più biechi stereotipi, con il popolo ebraico pronto ad applaudire la crocifissione di Gesù”. Ma il bersaglio di queste critiche dovrebbe essere il Vangelo, dal quale Gibson trae gli elementi per descrivere la condotta del sinedrio di Gerusalemme, la volontà dei sommi sacerdoti di mandare a morte Gesù, le pressioni gravissime esercitate su Ponzio Pilato per indurlo a condannare un uomo che aveva giudicato innocente.
b) Una lingua incomprensibile: questo è l’aspetto più scioccante del film. Verrà proiettato interamente nelle lingue parlate da Gesù e dagli altri protagonisti della passione: l’aramaico, il latino e il greco antico. E senza sottotitoli. Sembra una scelta assurda, ma chi ha già visto il film assicura che dopo pochi minuti di sconcerto, si prova la sensazione di trovarsi dentro la passione di Cristo.
c) L’eccessiva crudezza delle immagini: poiché non abbiamo ancora potuto vedere il film, questa accusa merita attenzione, ed è possibile che The Passion sia adatto soltanto per un pubblico maturo. Va anche detto, però, che le tinte forti, il sangue, le efferatezze sono purtroppo ingredienti comuni alla gran parte del cinema contemporaneo, senza che critici e mass media abbiano alcunché da ridire. Inoltre, il tema della passione e morte di Gesù è obiettivamente cruento, e non si capisce perché la crudezza delle immagini sarebbe legittima per raccontare, ad esempio, la guerra del Vietnam (Full Metal Jacket) e invece “ineducata” per descrivere le sofferenze del Figlio di Dio.
d) L’opera di un tradizionalista: il padre di Gibson è effettivamente un tradizionalista. Anche Mel è molto critico nei confronti delle posizioni moderniste all’interno del mondo cattolico, ed è possibile che tenda a identificare queste correnti teologiche con la Chiesa stessa. Tuttavia, durante il suo soggiorno italiano, Gibson è stato ospite di un seminario cattolico, ed è rimasto colpito dalla serietà e dalla solidità dell’ambiente. In ogni caso, è il film The Passion che dobbiamo giudicare, concedendo a Mel Gibson almeno lo stesso credito che daremmo – “ecumenicamente” – a un regista luterano, o a un laico “in ricerca”.
I meriti del film
Gibson è sinceramente mosso dal desiderio di raccontare il Gesù dei Vangeli, che muore per la salvezza di ogni uomo. Siamo stati abituati a pellicole che osservavano il fatto cristiano con la diffidenza dello scettico, pronte a stracciare dal racconto le pagine scomode. Pellicole gravide di interrogativi e povere di certezze. All’insegna di un ambiguo “fascino per la figura di Gesù” ben lontano dall’abbracciare il Credo cattolico. E’ l’opera di un credente.
Il film proclama con le immagini l’incarnazione di un vero Dio che è anche vero uomo, e che patisce realmente, in un modo che supera l’immaginazione umana. La sofferenza di Cristo non è mai stata così fedelmente rappresentata.
Il film di Gibson tenta di ricollocare Gesù Cristo dentro la storia, prendendo sul serio tutto ciò che il Vangelo scrive. Un potente antidoto di fronte al dilagare di certa teologia demitizzante, per la quale Lazzaro non era morto ma solo un po’ ammalato, il cieco di Gerico aveva in realtà una banale congiuntivite, e gli indemoniati solo una lieve turba psichica curabile con il Prozac. Con Gibson il cinema ritrova un Gesù autentico.
Pareri autorevoli
Secondo il quotidiano Wall Street Journal, Giovanni Paolo II avrebbe visionato The Passion nel suo appartamento privato, in compagnia del segretario personale monsignor Dziwisz. “Racconta quello che è stato”, avrebbe detto il Pontefice alla fine della proiezione. Il domenicano Padre Augustine Di Noia, sottosegretario della Congregazione per la dottrina delle fede, ha definito il film di Gibson «una produzione di squisita sensibilità artistica e religiosa». Secondo il domenicano, nella pellicola «non c’è violenza gratuita», e «nei limiti della ricostruzione cinematografica, il film è fedele al Vangelo e dimostra una potente sensibilità cattolica. Per molti che vedranno queste immagini, la Messa potrà non essere più la stessa». «Per quello che ho visto – ha detto il cardinale Dario Castrillon Hoyos – giudico il film un’opera poetica, ispirata e intimamente legata, da cattolico sincero, alla figura di Gesù Cristo. E’ un film religioso nel senso più alto della parola».
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“Quando ho iniziato a girarlo, dopo aver scritto il copione con profonda ispirazione, mai avrei pensato che mi avrebbe provocato una sorta di calvario. Rifiuto in blocco qualsiasi accusa di antisemitismo, e nego in alcun modo che gli ebrei siano ritratti nel film come i responsabili del martirio e della morte di Gesù. Tutta la mia vita, come uomo, padre di sette figli, cittadino inserito ovunque in battaglie contro ogni discriminazione religiosa o razziale, è stata vissuta, nelle piccole come nelle grandi scelte, da cattolico praticante, con il Vangelo sul tavolo del mio studio, non certo con una pistola”.
(Mel Gibson, cit. in Corriere della Sera, 10/11/03).
IL TIMONE – N. 30 – ANNO VI – Febbraio 2004 – pag.16-17