È il “Christian Rights Watch”, promosso dal direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara. Per monitorare la situazione dei cristiani perseguitati nel mondo. Già molte le adesioni
«Servirebbe, anzi serve, una mobilitazione laica di idee, politica e cultura che tenga alta l’attenzione sul dramma infinto dei cristiani massacrati». L’idea è quella d’istituire un osservatorio permanente a fronte del moltiplicarsi delle notizie di discriminazioni, vessazioni e stragi di cristiani nel mondo. L’ha lanciata Il Foglio il 12 gennaio, scrivendo: «La libertà religiosa, assieme alla democrazia, è il forcipe per aprire lo scrigno del mondo islamico. Parlando agli ambasciatori, il Papa ha chiesto aiuto per difendere le minoranze religiose. Nicolas Sarkozy, qual che giorno fa, ha denunciato che i cristiani sono vittime di una vera e propria “epurazione religiosa”. È necessario dare seguito a queste parole». Il direttore Giuliano Ferrara gli ha trovato un nome, “Christian Rights Watch”, e le prime adesioni sono giunte subito, pubblicate sulla prima pagina di quel quotidiano il giorno seguente, 13 gennaio. Anzitutto il sociologo Massimo Introvigne, neonominato Rappresentante dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione e l’intolleranza contro i cristiani e i membri di altre religioni (esclusi islam ed ebraismo, per i quali esistono altri rappresentanti ad hoc). Quindi il direttore dell’agenzia stampa AsiaNews, padre Bernardo Cervellera, forte di una lunga esperienza missionaria in luoghi del mondo spesso difficili; Attilio Tamburrini, ex direttore del Segretariato italiano dell’organizzazione internazionale di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) e oggi responsabile del famoso e annuale Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo; lo scrittore e saggista Antonio Socci, autore de I nuovi perseguitati. Indagine sulla intolleranza anticristiana nel nuovo secolo del martirio (Piemme, 2002); Lino Carbone, direttore della filiale italiana della Ong internazionale Open Doors, e «i giornalisti della Bussola Quotidiana».
Introvigne invita al coordinamento con altre realtà che già da tempo operano nel settore, per esempio la stessa ACS e l’Osservatorio di Vienna sull’intolleranza, la cui «raccolta dati – dice – è egregia». Per il rappresentante OSCE, infatti, «il problema […] è l’attenzione mediatica: i cristiani sono la minoranza vittima dei tre quarti delle discriminazioni, ma non ottengono neppure un quarto dell’attenzione giornalistica». Bene sottolinea del resto Tamburrini che «il governo americano è l’unico al mondo che si occupa di libertà religiosa e dai tempi di Reagan il direttore di questo dipartimento ha il rango di ambasciatore. Il vuoto è in Europa». Dal canto proprio, padre Cervellera rilancia, ricordando che «il problema è più grande e verte sulla libertà religiosa. Si dovrebbe partire per far abolire leggi come quella sulla blasfemia in Pakistan». Socci definisce la «denuncia» de Il Foglio «provvidenziale». E Carbone indica l’esempio del “World Watch List 2011”, la classifica globale dei Paesi dove si perseguitano di più i cristiani, appena diffusa da Open Doors in diverse lingue: otto su dieci di quei Paesi vessatori sono islamici, i restanti due sono comunisti, Corea del Nord e Laos. A livello internazionale hanno plaudito all’iniziativa il filosofo inglese Roger Scruton e, da Washington, l’analista politico, Joshua Muravchik, tra l’altro autore di uno studio sulle possibilità di dialogo autentico nel mondo islamico, The Next Founders: Voices of Democracy in the Middle East (Encounter Books, New York 2009): un’adesione, la sua, importantissima e davvero strategica.
Ebreo praticante, aderente alla corrente “conservatrice” del giudaismo, Muravchik dice – a Il Foglio del 3 febbraio – che «il cristianesimo è la religione che oggi conta più aderenti e nessuno lo considera mai in termini di una “minoranza”, ma in molti luoghi i cristiani son invece sì una minoranza e vengono perseguitati. L’Occidente è tanto spesso assorbito dai propri sensi di colpa per la storia del colonialismo da scordarsi di difendere se stesso o i suoi figli». Del resto l’analista di Washington crede che se l’islamismo politico dovesse impadronirsi di Paesi importanti da utilizzare come base di azione, presto si potrebbe giungere a quello «“scontro delle civiltà” in cui i cristiani costituiranno il bersaglio principale. Oggi il bersaglio principale sono gli ebrei, ma gli ebrei sono, per così dire, degli “spiccioli”».
Significativo il richiamo di Scruton: «Non scordiamoci la persecuzione “bianca” attiva nel nostro mondo. Sul piano morale, i luoghi più pericolosi del mondo sono le università europee e nordamericane, là dove s’insegna il relativismo come fosse una fede, s’impartiscono lezioni di rifiuto culturale, s’instradano i giovani al nulla…». Inoltre, ha dichiarato il filosofo su Il Foglio del 18 gennaio, «la persecuzione dei cristiani praticata come un dovere religioso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo va presa in seria considerazione». L’osservatorio sulle libertà dei cristiani dovrebbe insomma prendere in considerazione anche le istituzioni europee. Come dare del resto torto a Scruton se il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, nel vertice del 31 gennaio, ha completamente stravolto la mozione a difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente, inserita nell’ordine del giorno per volontà del ministro italiano degli Esteri Franco Frattini? Per evitare di nominare esplicitamente i cristiani, le regioni dove sono vessati, i casi concreti e i numeri delle vittime si è scelto di parlare, in questo caso in modo volutamente generico, solo di “libertà religiosa”.
Un gesto concreto però le istituzioni lo potrebbero fare, accogliendo la proposta di una “Giornata Europea dei Martiri Cristiani”. L’ha proposta Introvigne il 25 gennaio, nella sua audizione al Consiglio d’Europa di Strasburgo come Rappresentante OSCE, suggerendo la data del 7 maggio. Ovvero l’anniversario del grande evento ecumenico che Papa Giovanni Paolo II organizzò al Colosseo nel 2000, con otto “stazioni” che ricordavano i principali gruppi di martiri cristiani del nostro tempo: le vittime del totalitarismo sovietico, del comunismo in altri Paesi, del nazionalsocialismo, dell’ultrafondamentalismo islamico, dei nazionalismi religiosi violenti in Asia, dell’odio tribale e antimissionario, del laicismo aggressivo e della criminalità organizzata. «Il successo – dice Introvigne – della Giornata della Memoria per un’efficace lotta all’antisemitismo, anche nelle scuole, suggerisce non certamente di farle concorrenza, ma di proporre uno strumento analogo per ricordare i tantissimi martiri – una parola che significa “testimone” – della persecuzione e dell’intolleranza contro i cristiani». Il “Christian Rights Watch” potrebbe peraltro ottenere un altro risultato importante. Quello di chiarire cosa, nel sangue, sta avvenendo nei Paesi del Secondo e del Terzo Mondo. Si sbaglia, infatti, a pensare che i cristiani di quei luoghi vengano perseguitati giacché considerati “emissari” dell’“odiato” Occidente. Perché i più perseguitati in Africa e Oriente siano i cristiani “locali”: caldei in Iraq, copti in Egitto, cristiani di pelle nera in Nigeria e in Sudan, e così via. E questo perché ciò che più teme la mentalità jihadista è che vi possa essere un arabo cristiano, o un nero cristiano, o un egiziano non “sottomesso”, considerati ossimori terribili. Il nemico è insomma la fede che si fa storia e identità di un popolo. Per questo i cristiani vanno certamente difesi sempre e ovunque, ma soprattutto e anzitutto vanno tutelate e preservate le inculturazioni feconde che il cristianesimo da sempre cerca di perseguire là dove il suo slancio missionario di amore per Cristo e di carità per l’uomo lo ha portato a sbarcare.
Un osservatorio come il “Christian Rights Watch”, assieme vigilanza e veglia, potrebbe e dovrebbe re-insegnare anche a noi stessi cristiani la ricchezza della nostra identità, ispirandoci la voglia di tornare ad amarla per renderla possibile sempre. Sarebbe un enorme strumento di civiltà. Per tutti. La speranza, ora, è che nessuno s’intiepidisca.
IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 14 – 15