Paolo è il primo grande intellettuale della Chiesa cattolica.
I suoi scritti sono una miniera inesauribile di verità ispirate da Dio, valide per l'uomo di ogni epoca.
Ecco i temi prediletti dall'Apostolo delle genti.
Quando nel secondo Canto dell'Inferno Dante parla di San Paolo usa un'immagine eloquente: lo chiama «vaso di elezione»; ovverosia, «strumento prescelto da Dio». È difficile trovare una definizione più calzante, di fronte all'ampiezza e alla profondità del pensiero di quest'uomo, che c lasciato un tesoro inestimabile nelle sue numerose lettere. Contrariamente a quanto ritenuto da certi esegeti, gli scritti paolini non esauriscono il 10ro significato in quel contesto storico, ma parlano all'uomo di ogni tempo. Si può tentare di tracciare una sintesi del pensiero di San Paolo, individuando le colonne di questa straordinaria architettura intellettuale. Che procede di pari passo con la testimonianza di vita e di fede del "tredicesimo apostolo".
1. La conversione a Gesù Cristo
Paolo di Tarso è il più famoso convertito della storia. La sua vita è totalmente capovolta dall'incontro con Cristo. Il fatto più interessante è che, fino a quel momento, Saulo è uno zelante giudeo, cresciuto alla scuola di Rabbi Gamaliele I, il più famoso maestro della legge del suo tempo. Saulo è un fariseo impegnato a fondo nella persecuzione dei cristiani, buon conoscitore dell'Antico Testamento.
Quando il Salvatore lo "intercetta" sulla via di Damasco, e "capovolge" la sua vita, indica a ciascuno di noi un percorso obbligato: Gesù Cristo è l'unica risposta vera alla domanda religiosa dell'uomo. Sarà proprio Paolo a scrivere con toni commoventi che «per me vivere è Cristo» (Fil 1 ,21). Il protagonista della conversione è Cristo stesso – «mentre ancora eravamo peccatori, Cristo morì per noi» (Rm 5,8) – perché è lui che prende sempre l'iniziativa, senza che l'uomo possa vantare alcun merito di fronte a una simile grazia: «Sono stato afferrato da Cristo» (Fil 3,12).
2. Il cristianesimo come fatto irriducibile al giudaismo
Paolo è decisivo nel recidere con un taglio netto, quasi un colpo di spada, ogni possibile confusione tra giudaismo e cristianesimo. Cristo ha prepotentemente preso il posto della Torah. È Gesù Cristo e non più la Torah a determinare la comunità degli eletti (Rm 10,4) e la loro salvezza. L'uomo è salvato non dalla legge ma dalla fede in Cristo, unico Salvatore del mondo. Da questa sorgente viene la giustizia e la forza di compiere le opere conformi alla legge di Dio.
In questo modo, Paolo supera di slancio le discussioni all'interno delle prime comunità cristiane circa la necessità o meno della circoncisione (Gal 5,6).
3. Il cristianesimo come cattolicesimo
Paolo testimonia che Cristo è venuto nel mondo non solo per i giudei, ma per gli uomini di ogni nazione. La salvezza cristiana è cattolica, cioè universale, e non è riferita a una etnia privilegiata. Ebrei e gentili partecipano in maniera identica a questo mistero di grazia. La stessa formazione ricevuta da Saulo è una provvidenziale preparazione a questa visione della realtà, che suonava scandalosa nella mentalità ebraica. Saulo nasce e cresce a Tarso, città dell'attuale Turchia, che all'epoca era per ragioni geografiche un crocevia importante per gli scambi commerciali fra Oriente e Occidente. Non solo: nel 67 a.C. la città viene conquistata dai Romani di Pompeo, che ne fanno la capitale della Cilicia.
Marco Antonio eleverà Tarso al rango di "città libera", e i suoi abitanti otterranno l'esenzione dalle tasse e soprattutto la cittadinanza romana. Fatto questo che Paolo esibirà sempre con orgoglio, e che risulterà decisivo per la sua missione. Ma Tarso era anche un grande centro culturale, al punto che lo storico Strabone la considerava superiore ad Atene e ad Alessandria. Saulo leggeva la Bibbia nella versione greca, e probabilmente in casa si parlava in quella lingua. Segni inequivocabili di un'apertura ideale alla missione ad gentes.
4. Il cristianesimo e l'impero: la "romanità" della Chiesa
La diffusione del cristianesimo deve moltissimo all'esistenza di un impero organizzato e ordinato come quello romano. Impero che fu molto spesso veicolo dell'evangelizzazione, e non ostacolo come vorrebbe una diffusa quanto infondata "leggenda nera". Quando a Gerusalemme alcuni giudei accusano Paolo di aver profanato il tempio, egli viene portato davanti al sommo sacerdote Anania e verrebbe linciato se non intervenisse a salvarlo una guarnigione romana, mandata dal tribuno Claudio Lisia. Il quale, scoperto che Paolo è civis romanus, prende a cuore la sua sorte e lo fa scortare fino a Cesarea. Paolo ottiene di essere processato secondo il raffinato diritto dei latini, e poiché si appella al giudizio di Cesare, dopo varie peripezie giunge in «quella Roma onde Cristo è romano» (Dante, Purgatorio, XXXII, 102). Qui egli vivrà per lungo tempo agli arresti domiciliari, potendo ricevere persone e potendo diffondere senza ostacoli il Vangelo.
5. Il cristianesimo come esperienza di persecuzione
Paolo è sottoposto a una persecuzione durissima. È costretto a lasciare Damasco per sfuggire alle ostilità della Sinagoga (Atti 9,22-24) mediante una fuga rocambolesca (2Cor 11,32) che lo conduce a Gerusalemme.
Ma anche qui continuano le persecuzioni, e quando Paolo tenta di convertire gli ebrei di lingua greca essi cercano di ucciderlo (Atti 9,26-29), inducendolo a fuggire a Tarso. Quando molti anni dopo tornerà a Gerusalemme, tenteranno di linciarlo (Atti 22,22-24). Paolo ci avverte che la vita del cattolico non è mai una passeggiata in mezzo agli applausi del mondo. Egli è sempre un uomo "politicamente scorretto", e ne paga le conseguenze. Nella seconda Lettera ai Corinzi (11,23-28) ci racconta di aver trascorso i suoi giorni «nelle fatiche, nelle prigionie, nelle percosse, spesso in pericolo di morte». E aggiunge: «Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese».
6. Il cristianesimo e il matrimonio
Sarebbe ben curioso che un uomo coraggioso come Paolo, per giunta ispirato da Dio, potesse scrivesse qualcosa tanto per "piacere" ai suoi contemporanei. È evidente che anche le parti oggi più scomode delle lettere di Paolo, come ad esempio quelle che descrivono il ruolo dell'uomo e della donna nel matrimonio, non sono affatto "il frutto della mentalità dell'epoca", ma la raffinata e sempre valida descrizione in chiave teologica dell'amore sponsale. Nel famoso quinto capitolo della Lettera agli Efesini, dopo aver censurato duramente alcuni vizi capitali («nessun fornicatore, o impuro, o avaro avrà parte al regno di Cristo e Dio») e aver esortato alla preghiera, Paolo indica la strada maestra del matrimonio cristiano: «Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa. (…) Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa l Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo". Quanti disastri umani e familiari ci sarebbero risparmiati, se oggi questo modello fosse insegnato alle coppie di sposi, e fosse da esse seriamente perseguito.
7. Il cristianesimo come dottrina: l'ortodossia e l'eresia
In Paolo è costantemente presente la preoccupazione di confermare le comunità cristiane nella vera fede. Nelle sue lettere mette continuamente in guardia i fratelli dai falsi profeti, da coloro che seminano dottrine ingannevoli e fomentano l'eresia. Lo scrive a Timoteo in uno dei suoi passi più belli: «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero» (2 Tm 4,1-5).
8. Il cristianesimo come esperienza di vita: la morale e le opere
Il fatto che la salvezza dell'uomo passi attraverso la fede in Cristo non significa che Paolo teorizzi un cristianesimo senza rettitudine, in cui la fede si "mangia" la morale, e il peccato si confonde con la virtù.
Le sue lettere contengono risposte molto nette e anche molto dure a molteplici problemi morali, che riguardano il divorzio, il pudore, l'onestà, la carità verso gli indigenti, l'amore tra i membri della Chiesa, il lavoro, l'uso del danaro e così via.
San Paolo preconizza anche l'eclissi morale che avvolge un mondo in cui si rifiuta Cristo: «Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili.
Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio, attaccati più ai piaceri che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore. Guardati bene da costoro!» (2 Tim 3,1-6).
9. Il cristianesimo come azione
San Paolo è uomo di grande riflessione, ma è insieme un uomo d'azione. Anzi: un uomo che vive di corsa perché l'annuncio del Vangelo impone di far presto, di andare ovunque ci sia qualcuno che ancora non conosce Cristo.
Si calcola che nei suoi viaggi Paolo abbia percorso circa 15.000 chilometri: un'enormità, considerati i mezzi di trasporto dell'epoca. Non è un caso che negli scritti paolini (1Cor 9,24) ricorra l'immagine dell'atleta che si allena, e si unge, e gareggia per la vittoria. No, non si può servire Gesù restando comodamente in poltrona. Questa urgenza dell'apostolato è forse il messaggio più forte, il tesoro più grande affidatoci da Paolo di Tarso, ebreo, cittadino romano, cristiano convertito dall'amore di Colui che voleva perseguitare.
SAN PAOLO DOCET
«Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c'è distinzione tra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano.
Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
(Lettera ai Romani 10, 11-13).
RICORDA
«Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione».
(2 Tm 4,6-8).
Dossier: San Paolo a duemila anni dalla nascita
IL TIMONE N. 74 – ANNO X – Giugno 2008 – pag. 39-41