Il tentativo di scristianizzare l’Italia
L’ultima affermazione può essere provata osservando il suo operato e quello dei suoi uomini contro la Chiesa, e contro gli italiani che insorgevano in armi in sua difesa, durante gli anni della conquista d’Italia.
Al di là dell’immenso latrocinio della nostra Penisola (città, comuni, ville signorili, musei, chiese, conventi, perfino ospedali e monti di pietà: nulla fu risparmiato), ovunque arrivarono gli eserciti napoleonici le chiese e i conventi furono profanati e depredati (le statue destinate al culto venivano distrutte, le reliquie gettate al vento, non di rado orribilmente profanato il Ss.mo Sacramento: tutte dimostrazioni di un odio gratuito, che alcun vantaggio materiale recava all’invasore se non il gusto diabolico di soddisfare appunto tale odio verso la Chiesa), non di rado le suore violentate, le processioni pubbliche sospese, le campane “zittite” o fuse per trasformarle in cannoni, i religiosi, compresi i vescovi, obbligati a prestare il servizio militare e a montare di guardia, perfino la domenica mattina, come tutti i civili, molti ordini religiosi furono sciolti, molte immagini sacre trafugate (compresa la santa effige della Vergine Lauretana).
Non mancarono eccidi di intere comunità religiose, come nel caso dei tragici fatti di Casamari, e comunque decine furono le località, soprattutto nel Meridione, ove i cittadini furono massacrati a centinaia per la loro difesa della chiesa e dei conventi locali. E non pochi furono i casi di sacerdoti fucilati in quanto accusati – a torto o a ragione – di sobillare l’insorgenza popolare.
Napoleone invase poi lo Stato Pontificio senza alcuna giustificazione morale o politica, se non la volontà di porre fine allo Stato Pontificio stesso e di occupare Roma, cosa che puntualmente avvenne con l’altrettanto puntuale svuotamento delle
case patrizie, dei musei (a partire dai Vaticani), delle chiese.
Soprattutto la giacobina Repubblica Romana attuò una spietata politica anticattolica: era qui del resto che maggiormente occorreva cancellare ogni traccia dell’antico governo papale.
L’anziano Pontefice Pio VI fu costretto ad abbandonare Roma e morì in esilio a causa di Napoleone Bonaparte.
Anche nel Meridione i napoleonici favorirono ovunque con la legislazione la scristianizzazione: la tanto celebre Repubblica Napoletana del 1799 ne è esempio inconfutabile.
Se non fosse stato per la generale insorgenza armata degli italiani, già due secoli or sono l’Italia sarebbe stata laicizzata e decristianizzata, sull’esempio di quanto poi tenteranno di fare i risorgimentali sessant’anni dopo, e di quanto si è riusciti a fare negli ultimi sessant’anni, sotto la nostra Repubblica.
Si può affermare che l’operato anticattolico e laicista di Napoleone in Italia ha costituito il paradigma di tutta la politica anticattolica che le forze risorgimentali prima e quelle laiciste e marxiste poi hanno attuato e stanno attuando nel nostro Paese in questi due secoli.
Un persecutore “ideologico”
Del resto, anche negli anni dell’impero la sua politica anticattolica, sebbene con sfumature differenti, non venne meno. Dopo il 9 novembre 1799, Napoleone, divenuto signore della Francia, aveva meno interesse a “fare il rivoluzionario”, e tanto meno ne avrà dopo la sua elezione imperiale. La Chiesa francese subì così meno persecuzioni di quella italiana, ma fu messa in pratica “sotto tutela imperiale”, divenendo uno strumento utile a consolidare la pace sociale.
Anche per questo nel 1801 stipulò il Concordato con la Chiesa Cattolica, con cui pose fine a dieci anni di conflitto fra Stato e Chiesa provocato dalla Costituzione Civile del Clero. In base ad esso i vescovi erano nominati dal Papa, ma su indicazione dello Stato, i parroci dai vescovi, sempre col permesso dello Stato. In realtà, i beni della Chiesa sequestrati e venduti durante la Rivoluzione non vennero mai restituiti, anche se il cattolicesimo fu riconosciuto “religione della maggioranza dei francesi”.
Il nuovo Papa Pio VII imprudentemente firmò il Concordato per evitare una nuova guerra in Italia; e accettò di andare a Parigi per incoronarlo imperatore, subendo l’umiliazione di vedersi tolta la corona imperiale dalle mani dallo stesso Napoleone che se la pose sul capo da solo.
L’accondiscendenza (in parte colpevole) di Pio VII non lo preservò certo da quei guai che egli sperava di evitare.
Inebriato dal suo continuo successo, il Bonaparte nel 1809 invase nuovamente, sempre senza giustificazione, lo Stato Pontificio occupando Roma. Questa volta, dinanzi a un Pio VII che non era fuggito, arrivò a fargli intimare dal generale Miollis l’ordine di rinunciare per sempre allo Stato Pontificio, che veniva integrato nell’Impero di Francia. Dinanzi alla storica reazione del Pontefice:
«Non dobbiamo, non possiamo, non vogliamo», l’ordine dell’Imperatore era chiaro: l’arresto e la deportazione in Francia.
Così, Napoleone è l’ultimo dei potenti della storia (almeno finora) ad aver avuto l’ardire non solo di violare la Santa Sede, ma di arrestare il Vicario di Cristo.
Osò fare, insomma, quello che neanche Hitler avrà poi il coraggio di fare…
Ma l’uomo che aveva osato arrestare il Pontefice finì ben presto nel disastro. Negli anni di Sant’Elena ebbe modo di “meditare”, e una tradizione vuole che si sia avvicinato alla fede, tanto da morire con i sacramenti. Tuttavia, dal punto di vista del giudizio storico, va notato come Napoleone abbia svolto un ruolo dirompente nel grande quadro della guerra alla Chiesa della Rivoluzione anticristiana.
Il suo ruolo non fu quello dei persecutori sanguinari, bensì quello del persecutore “ideologico”: la Chiesa poteva anche esistere, purché agli ordini dello Stato; poteva anche “apparire”, ma non oscurare la gloria del tiranno di turno; poteva “parlare”, ma non insegnare alcunché di lesivo degli interessi del processo rivoluzionario dell’età moderna e contemporanea, il “cammino dell’umanità verso il progresso”. In caso contrario, la Chiesa va zittita, anche a costo di arrestare i suoi membri, perfino il Papa, se necessario.
Qualcuno potrebbe forse vedere in Napoleone un lontano paradigma, l’iniziatore di una “moda” comune a tanti statisti, ideologi e politucoli dei giorni nostri? Magari proprio dei più attuali?
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