Tutti tranquilli perché il nuovo capo dello stato è cattolico? Mica tanto, e vi spieghiamo perché
L’elezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato pone domande su come si comporterà davanti a leggi su temi etici che il Parlamento sta discutendo.
Fanno riflettere la sua solidarietà alla Bindi al tempo dei Pacs e gli sperticati elogi delle associazioni Lgbt
«Se Bersani vincesse le elezioni l’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, rischia il carcere». Era una mia amara considerazione di poco più di due anni fa, alla vigilia delle ultime elezioni politiche. All’interno di una più ampia riflessione offerta ai fedeli della sua diocesi, monsignor Caffarra aveva detto che non si può equiparare la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna «a realtà che sono naturalmente diverse», perché questo significherebbe «istituzionalizzare il falso». Bersani non ha vinto le elezioni: c’è stato lo stallo, con tre forze politiche quasi equivalenti (Pd e 5 Stelle intorno al 25 per cento, Forza Italia ancora unita al 22), che ha portato alla nascita di esecutivi di compromesso, guidati prima da Letta e poi da Renzi.
La mancata vittoria e la necessità per governare di allearsi con formazioni centriste fece accantonare ai Democratici il progetto di legge contro l’omofobia, che prevede appunto il carcere per chi critica il dogma delle unioni gay.
Oggi, con l’elezione di un cattolico a presidente della Repubblica, quella minaccia del febbraio 2013 potrebbe rinnovarsi. Il giorno dopo l’elezione quasi plebiscitaria dell’ex dc Mattarella – osannato come uomo sobrio e perbene, galantuomo, servitore dello Stato rispettoso delle istituzioni – è cominciato un pesante linciaggio mediatico contro un vescovo, la cui diocesi non è molto lontana da quella di Caffarra, reo di aver osato affermare, in occasione della Giornata per la Vita, che le unioni gay sono «un delitto contro Dio e contro l’umanità», e che la legge sull’aborto «non ha consentito di venire
al mondo ad oltre sei milioni di italiani», al punto che «la scarsità di figli ci ha fatto sprofondare in questa crisi economica». Certo, è una coincidenza ma anche un cattivo segnale.
Applausi sospetti
Ovviamente dobbiamo tenere presente che non spetta al presidente della Repubblica scrivere o approvare le leggi, ma il potere di non firmare provvedimenti può esercitare una notevole influenza anche preventiva, quando è manifesta o presunta la contrarietà del capo dello Stato.
Ma davvero potrebbe accadere che il primo inquilino cattolico eletto al Quirinale dopo oltre un ventennio (l’ultimo fu Oscar Luigi Scalfaro nel 1992) lasci passare leggi capaci di mettere in seria difficoltà preti e vescovi nell’esercizio del loro ministero pastorale, avallando norme in aperto contrasto con l’insegnamento tradizionale della Chiesa? Ovviamente ci auguriamo che i nostri timori siano infondati, ma purtroppo non promette niente di buono il largo consenso di cui ha goduto il neo eletto presidente (665 voti al quarto scrutinio, quando ne bastavano 505), e il tifo quasi da stadio che ha accompagnato il suo discorso di insediamento (46 applausi in poco più di mezz’ora), anche e soprattutto da parte di forze politiche di matrice laicista nettamente avverse alla difesa dei “principi non negoziabili” (vita, famiglia, educazione).
Nonostante l’ottimismo, addirittura l’entusiasmo di tanti media e commentatori di area cattolica; malgrado le analisi di giornali indipendenti e indifferenti alle nostre beghe di palazzo, come il quotidiano on line La Voce di New York, che si
rivolge agli italoamericani, secondo cui Mattarella è «lontano mille miglia da un’idea della vita diversa da quella cristiana», Sergiuzzu, come lo chiamano gli amici siciliani, potrebbe passare alla storia come il presidente che firma le
leggi sulle unioni civili, contro l’omofobia, a favore dell’adozione da parte di coppie gay, sull’utero in affitto, sull’eutanasia
e sul suicidio assistito, sull’insegnamento obbligatorio dell’ideologia gender nelle scuole (comprese le paritarie). Un bel “pacchetto” di provvedimenti, attualmente in discussione al Parlamento o annunciati, che ci proietterebbe di colpo tra i paesi…più evoluti e moderni, facendo la gioia di tanti, ma non certo la nostra. A sostegno di queste (fosche) previsioni, due episodi: uno di nove anni fa e uno legato proprio al discorso di insediamento.
Con la Bindi e con i gay
Il 2006 è l’anno dei Pacs, le cosiddette unioni civili (anche) tra persone dello stesso sesso proposte dal centrosinistra. Mattarella inizialmente si mantiene lontano dalle polemiche. Ma quando Rosi Bindi, allora ministro della Famiglia in quota
Margherita, in un’intervista al Corriere della Sera difende i Pacs (alla lettera, Patti civili di solidarietà), sostenendo che quelli delle coppie omosessuali sono «diritti da garantire» e scatenando così il finimondo, Sergio Mattarella accorre in difesa della collega di partito: quell’intervista, dice, è «equilibrata ed ineccepibile», addirittura «cristianamente ispirata». “Cristianamente ispirato”, venendo ad oggi, anche un passaggio del discorso inaugurale della presidenza della Repubblica pronunciato da Mattarella il 3 febbraio 2015?
Il successore di Napolitano afferma: «Garantire la Costituzione […] significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva» .
Non sembrerebbe un argine al laicismo e alla deriva etica, come qualcuno si aspetta possa essere il settennato del presidente siciliano. L’esplicito riferimento al “pieno sviluppo dei diritti civili”, in particolare nella sfera “affettiva”, è stato talmente chiaro che sono subito piovuti gli elogi della galassia radicale e Lgbt.
L’Associazione Luca Coscioni: «è urgente che il Parlamento torni ad essere investito del tema […] dell’autodeterminazione in materia di scelte di fine-vita, aborto, droghe, libertà di ricerca scientifica».
L’Arcigay: « il Presidente della Repubblica ha individuato un obiettivo per il Paese in tema di diritti civili e ne ha sottolineato la rilevanza costituzionale […] occorrono leggi che diano cittadinanza a tutte le identità, a tutti gli orientamenti, a tutte le relazioni, a tutte le famiglie».
L’associazione radicale Certi Diritti: «A lui i nostri auguri di buon mandato, a noi l’augurio che sia lui il presidente che firmerà la legge sul matrimonio per tutti».
Equality Italia: «Un ottimo passaggio, che fa ben sperare che l’impegno profuso dal presidente Napolitano trovi ora in Mattarella un suo ancor più deciso sostenitore ».
Dulcis in fundo, il commento di Ivan Scalfarotto, il relatore del disegno di legge sull’omofobia: «Il pieno sviluppo dei diritti civili, anche nella sfera personale e degli affetti, come grande questione di libertà, mi è parso cruciale e dirimente nelle parole del Capo dello Stato. Un ulteriore e autorevolissimo richiamo a proseguire, anche in questo campo, sulla via delle
riforme».
Scandalizzato da Madonna
Il dodicesimo presidente è considerato un tipo schivo e taciturno. Che non parla mai, o lo stretto necessario. In effetti, malgrado i numerosi incarichi politici ricoperti dal 1983 (anno in cui entrò la prima volta in Parlamento) ad oggi, compresa la vice presidenza del Consiglio nel governo D’Alema a cavallo tra il 1998 e il 1999, “Sergio il Tenace”, come lo definì Giampaolo Pansa all’epoca della Dc, non è mai stato sotto i riflettori e non c’è quasi traccia del suo passaggio tra le stanze del potere. Salvo il suo manifesto antiberlusconismo («Berlusconi dice di essere il più bravo del mondo.
Una dichiarazione del genere già di per sé genera allarme, ma io sono convinto che ci creda ed è questo che mi preoccupa di più», 10 marzo 2001), l’avversione alla Lega («Quella del Nord oppresso è una battuta che fa sorridere, che arriva al limite del ridicolo. Dell’alleanza Polo-Lega tutto si può dire tranne che sia in favore del Meridione», 9 aprile 1994) e la convinta adesione al Partito democratico («Il Pd è necessario perché il nostro Paese ha bisogno di un baricentro nel sistema politico», 24 febbraio 2007), si segnala solo un soprassalto più che altro moralistico quando, nell’estate 1990, ministro della Pubblica Istruzione nel sesto governo Andreotti, si schiera con i vescovi contro lo show
di Madonna, in tour in Italia: lo spettacolo della rockstar italoamericana è un’offesa al buongusto per «lo scarso contenuto artistico e la volgarità nel mescolare sacro e profano». Da notare che sulla fecondazione assistita il 14 maggio 1998, parlando a nome dei deputati del Partito popolare (la prima reincarnazione della defunta Dc), sostenne la contrarietà «alla fecondazione assistita cosiddetta eterologa, cioè fuori dal matrimonio» e alla «possibilità che venga concessa anche alle coppie di fatto ». 16 anni dopo, nel 2014, la Consulta ha sdoganato l’eterologa. Però non all’unanimità. In quel momento Matterella è giudice costituzionale. Come avrà votato? Non lo sappiamo, ora però lo attendiamo al varco su un ventaglio di temi eticamente sensibili, di nuove norme che, se approvate, minerebbero alla radice i fondamenti su cui si basa la società italiana. â–
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