Il terrorismo entra di prepotenza nella campagna elettorale per il rinnovo dell’Europarlamento.
E allora ricordiamo: chi si batte per limitare la libertà religiosa, soffocare la vita e distruggere la famiglia, è il miglior alleato di chi vuole distruggere l’Occidente.
La strage di Madrid dell’11 marzo non ha cambiato soltanto l’esito delle elezioni spagnole; incombe anche sulle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che si svolgeranno in giugno. Non solo perché inevitabilmente uno dei principali argomenti della campagna elettorale è la lotta al terrorismo, ma soprattutto perché costringe a chiederci più seriamente che Europa vogliamo.
Purtroppo le domande più vere che sono nate nelle persone dopo quella strage sono state coperte dal fracasso della politica che ha ridotto il tutto alla questione se ritirare o meno le truppe dall’Iraq. È questa certamente una decisione importante da prendere, ma può essere soltanto una conseguenza di un giudizio che viene prima.
Mi spiego: ciò di cui dobbiamo essere coscienti è il fatto che siamo in guerra. Non lo abbiamo voluto, ne avremmo volentieri fatto a meno, la nostra indole pigra e viziata si ribella, però è così: siamo in guerra. Tutta colpa dell’intervento in Iraq? Oppure è cominciata l’11 settembre del 2001? Nessuna di queste due tesi è vera. In realtà, se ci limitiamo a considerare il terrorismo islamico, la data d’inizio della guerra risale almeno ai primi mesi del 1994, con buona pace di chi dà la colpa a Bush o a chi crede che basti risolvere il conflitto medio-orientale per sistemare tutto. Agli inizi degli anni ‘90 risalgono infatti le prime dichiarazioni di guerra all’Occidente e ai regimi arabi “corrotti” da parte di Osama Benladen, con un appello universale alla guerra santa. Guarda caso, in quel momento era in corso un promettente processo di pace in Medio Oriente, mai negli ultimi 50 anni si era andati più vicini a una vera stabilità in quella regione.
Le armi tacevano e sulla divisione dei territori si stavano raggiungendo importanti compromessi: quella breve stagione fu poi bruscamente interrotta nel 1995 dall’assassinio del premier israeliano Yitzhak Rabin per mano di un’estremista ebraico.
Fu comunque in quella stagione di speranza che la guerra santa fu dichiarata, a dimostrazione che il terrorismo non ha origine nell’ingiustizia, anche se da essa è alimentato. Piuttosto il terrorismo odia la pace e la giustizia, la stabilità e il bene del popolo. Ed è anche per questo che oggi si accanisce, ad esempio, contro chi cerca di rimettere in piedi l’Iraq (qualunque sia il giudizio che abbiamo dato dell’intervento armato lanciato un anno fa dagli Stati Uniti).
Il seguito è un crescendo: noi ricordiamo soltanto l’11 settembre e ora anche l’11 marzo, ma attentati altrettanto sanguinosi come quelli di Madrid si sono già verificati a Nairobi, Dar-es-Salaam, Bali, Casablanca, Istanbul. È una vera guerra mondiale, che oggi è arrivata direttamente in Europa e per questo non possiamo più fare finta di niente.
Non si tratta di un attacco generico contro l’Occidente, ma alla sua identità, alle sue fondamenta culturali e spirituali, a quel desiderio vissuto di libertà e di felicità che fa di un individuo un vero uomo, e che nel cristianesimo ha trovato una risposta così esauriente da essere inscritta nelle meravigliose opere artistiche che troviamo ovunque in Europa, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla letteratura, dalla musica al cinema. Perché proprio ora questo attacco?
Probabilmente perché, nelle intenzioni, le bombe costituiscono soltanto un’ultima spallata a un edificio già minato nelle fondamenta dai suoi nemici interni.
“Voi amate la vita, noi amiamo la morte”, hanno scritto nel documento di rivendicazione della strage di Madrid. Ma in Europa ad amare la morte non sono soltanto i terroristi; anzi, a giudicare dai voti espressi dal Parlamento europeo e da alcune decisioni della Commissione europea, si direbbe che gli “amanti della morte” abbiano conquistato la maggioranza anche a Bruxelles. Altrimenti, come giudicare le risoluzioni a favore dell’aborto, dell’uso degli embrioni per la ricerca, la decisione di concedere aiuti allo sviluppo solo a quei Paesi che si impegnano in drastici piani di riduzione delle nascite? E i svariati tentativi di limitare la libertà religiosa? Chi spaccia queste come conquiste della società civile è oggettivamente il miglior alleato – pur non volendolo – dei terroristi islamici. Così come lo sono i promotori del continuo attacco alla famiglia, soggetto peraltro totalmente dimenticato nella bozza di Costituzione europea e in altri documenti strategici. Non a caso la Comece (la Commissione che riunisce gli episcopati dei Paesi dell’Unione Europea) all’inizio di marzo ha pubblicato un interessante documento che invoca “Una strategia della famiglia per l’Unione Europea”, come base per una crescita globale dell’Europa.
È con questo scenario e con queste priorità in mente che dobbiamo recarci alle urne, perché noi crediamo all’Europa e vogliamo davvero un’Europa forte in grado non solo di contrastare la minaccia terroristica, ma di spargere ovunque nel mondo semi di civiltà, così come ha già fatto nel passato per molti secoli.
Sostenere candidati e forze che si battono contro la vita o per la distruzione della famiglia è oggettivamente un aiuto al terrorismo. Non possiamo dimenticare – o pensare che sia solo una coincidenza – che il neo-eletto premier spagnolo Zapatero, subito dopo aver promesso il ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq, ha annunciato una ulteriore liberalizzazione dell’aborto. E ricordiamo che la strategia dei terroristi non passa soltanto dalle bombe: gli attacchi più forti che subiremo – seppur meno rumorosi – passeranno dal sovvertimento dei princìpi che stanno alla base del nostro sistema giuridico, a cominciare proprio dal diritto di famiglia: ad esempio con tentativi di aprire – attraverso casi limite legati al fenomeno dell’immigrazione – alla poligamia.
Pace, giustizia e sviluppo per tutti passano invece dalla proposta di un’identità chiara, un edificio dalle fondamenta solide così come era anche nei disegni dei padri dell’Europa – De Gasperi, Adenauer e Schuman – non a caso tutti cattolici.
RICORDA
“Qual è l’Europa che oggi si dovrebbe sognare?… Penso ad un’Europa senza nazionalismi egoistici, nella quale le nazioni vengono viste come centri vivi di una ricchezza culturale che merita di essere protetta e promossa a vantaggio di tutti. Penso ad un’Europa nella quale le conquiste della coscienza, dell’economia e del benessere sociale non si orientano ad un consumismo privo di senso, ma stanno al servizio di ogni uomo in necessità e dell’aiuto solidale per quei Paesi che cercano di raggiungere la meta della sicurezza sociale. Possa l’Europa, che ha sofferto nella sua storia tante guerre sanguinose, divenire un fattore attivo della pace nel mondo! Penso ad un’Europa la cui unità si fonda sulla vera libertà. La libertà di religione e le libertà sociali sono maturate come frutti preziosi sull’humus del Cristianesimo. Senza libertà non c’è responsabilità”.
(Giovanni Paolo II ricevendo il Premio Internazionale Carlo Magno per l’Europa, 25 marzo 2004).
BIBLIOGRAFIA
Giovanni Reale, Radici culturali e spirituali dell’Europa. Per una rinascita dell’Uomo europeo, Cortina 2003.
Michel Schooyans, Aborto e Politica, Libreria Editrice Vaticana 1991.
IL TIMONE – N. 33 – ANNO VI – Maggio 2004 – pag. 8 – 9