Alcune ragioni “laiche” per argomentare la nostra (e quella di alcuni omosessuali) assoluta contrarietà a un istituto che il diritto non ha motivo di creare. E che è gravemente dannoso per i bambini adottati
Il “matrimonio” omosessuale oggigiorno è spesso la priorità di molti governi (soprattutto di sinistra, ma non solo). E con esso, da subito o dopo un po’ di tempo, viene introdotta anche l’adozione omosessuale. Al riguardo c’è una possente, impressionate e planetaria campagna di pressione che ha il sostegno finanziario, che raggiunge complessivamente milioni dollari, da parte di Nike, Google, Facebook, Amazon, Fondazione Rockfeller, Fondazione Ford, Fondazione Melinda e Bill Gates, George Soros e tanti altri (cfr. l’articolo di R. Cascioli sul «Timone» di gennaio 2013).
Qui di seguito esponiamo alcuni (non tutti) motivi etico-antropologici della nostra fermissima contrarietà.
1. I diritti ci sono già
Molti di coloro che rivendicano il “matrimonio” tra gay lo considerano necessario per conferire agli omosessuali alcuni diritti che, ritengono, sono loro negati. Ma, come documenta l’avvocato Gianfranco Amato in questo dossier, in Italia tali diritti sono già accessibili agli omosessuali; tranne il “diritto al figlio” e la pensione di reversibilità, ma ciò avviene per giusti motivi, come stiamo per argomentare. Ad ogni modo, qualora esistessero lacune nel campo dei diritti individuali, si possono benissimo ammettere degli interventi di modifica nell’ambito del diritto civile, purché però questi eventuali nuovi diritti siano concessi ai singoli in quanto singoli e non alle coppie.
2. Il “valore sociale”
Molto spesso, poi, si sente dire che se due conviventi sono affettivamente legati, lo Stato deve riconoscere la loro unione. Ma il diritto non deve creare un istituto giuridico per un rapporto interpersonale in forza del valore attribuito a tale rapporto dai soggetti che lo intrattengono, bensì in relazione al suo valore sociale. L’ordinamento giuridico non deve incentivare (per esempio con la pensione di reversibilità) una relazione, ancorché sia percepita come molto importante dalle persone coinvolte, se essa non produce, di per sé, nonché in modo diretto, un contributo al bene comune. Il diritto non deve interessarsi delle relazioni affettive in quanto tali (mentre deve interessarsi di tutte le persone singole, nessuna esclusa), bensì nella misura in cui esse, e non i singoli soggetti che le compongono, contribuiscono direttamente al bene comune e quanto più vi contribuiscono. Ad esempio, l’amicizia è una delle relazioni affettive più preziose, profonde e gratificanti per la persona. Eppure lo Stato non attribuisce ai rapporti di amicizia un riconoscimento giuridico, non crea per loro un istituto giuridico, perché un’amicizia può sì contribuire in modo indiretto al bene comune (per es., se un soggetto si impegna per il bene comune perché un amico gli insegna che deve farlo), ma non vi contribuisce in modo diretto.
Il matrimonio uomo-donna è invece una forma di relazione che ha un valore pubblico, ha direttamente un valore sociale, in quanto: a) è generativo, dunque continua la società; b) è il miglior ambiente per la crescita dei figli (lo argomenteremo, purtroppo in breve, al paragrafo 4).
3. Quegli omosessuali contro il “matrimonio” gay
Non c’è dunque da stupirsi che il “matrimonio” omosessuale sia stato duramente biasimato anche da autori non cristiani. Per esempio, come segnalava la grande storica Marta Sordi, il matrimonio romano è sempre stato monogamico e solo tra un uomo e una donna: così, quando Nerone per due volte convolò a nozze omosessuali venne biasimato duramente da Tacito, Svetonio e Cassio Dione. Un altro esempio è lo stoico Musonio Rufo, secondo cui il matrimonio può essere solo tra l’uomo e la donna, perché esso solo è procreativo.
Del resto, anche recentemente, al “matrimonio” omosessuale si sono opposti diversi non cristiani. Per esempio Gilles Berheim, il Gran Rabbino di Francia, che ha scritto un valido ed articolato testo (Mariage homosexuel, homoparentalité et adoption, reperibile sul web), che ha riscosso una risonanza internazionale (ed è stato molto apprezzato, e perciò citato, anche da Benedetto XVI).
E si sono opposti anche degli omosessuali. Per esempio Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, associazione di omosessuali francesi che non vogliono il “matrimonio” gay. La de Williencourt ha detto al settimanale Tempi (Sono gay, francese e contro le lobby, reperibile su www. tempi.it) che «noi gay non vogliamo il matrimonio. Perché la coppia omosessuale è diversa da quella eterosessuale […]: non può dare origine alla vita». E ancora: «Noi crediamo che i bambini abbiano il diritto ad avere un padre e una madre, possibilmente biologici, che possibilmente si amino. Un figlio nasce dal frutto dell’amore di suo padre e di sua madre e ha il diritto di conoscerli. Se le coppie omosessuali adottano dei bambini che sono già privati dei loro genitori biologici, allora li si priva di un padre e di una madre una seconda volta. L’adozione non è un diritto degli adulti, serve a donare dei genitori ai bambini che non ne hanno».
Discorso simile quello di Richard Waghorne, omosessuale e commentatore su alcuni quotidiani anglosassoni, secondo cui «Dato che il matrimonio tradizionale viene ostacolato in nome del popolo gay, con conseguenze per le generazioni future, è tanto più importante che le persone gay che si oppongono al matrimonio gay comincino a parlare », perché «i bambini devono essere cresciuti da un uomo e una donna» (cfr. www.uccronline.it/2012/06/18/richard-waghorne-un-gay-contro-le-nozze-gay/ ). La star omosessuale di Hollywood Rupert Everett ha dichiarato: «Non riesco a pensare a niente di peggio che essere allevato da due papà gay». Per questo è stato minacciato da alcuni omosessualisti: «Ho ricevuto lettere di odio e ci sono state anche minacce di morte» (www.uccronline.it/2012/10/16/minacce-dimorte-per-lomosessuale-everett-e-contrarioalladozione-gay/ ). Ma abbiamo citato solo alcuni esempi: ci sono altri omosessuali che hanno fatto dichiarazione simili (cfr., per esempio, quelli menzionati nell’articolo citato nella precedente parentesi). Una domanda sorge spontanea: sono omofobi anche questi omosessuali?
4. Adozione gay: negativa per i bambini
Quanto all’adozione omosessuale, si può rispondere che, per svariati e numerosissimi studi, essa è molto negativa per i bambini adottati: lo rilevano, per esempio (ma sono solo pochi esempi tra i tanti possibili) quelli citati in questo dossier dal dottor Gerard van den Aardweg e quelli citati in Giovanna Arcuri, Famiglie gay, la Cassazione riscrive la Costituzione, reperibile su www.lanuovabq.it .
E, come riconoscono anche alcuni commentatori omosessuali, esiste una mole molto cospicua di ricerche che dice che «il matrimonio tra uomo e donna fornisce ai bambini i risultati migliori di vita» (Waghorne).
È vero, ci sono anche studi, peraltro molto meno numerosi, favorevoli all’adozione omosessuale, ma la loro attendibilità è stata smontata varie volte (cfr. per esempio: Los chicos están bien?, www.aceprensa.com/articles/los-chicos-estanbien-2012/ ; X. Lacroix, In principio la differenza, Vita e Pensiero, 2006, pp. 20-27; J. Dailey, Homosexual Parentig: Placing Children at Risk, www.orthodoxytoday.org/articles/DaileyGayAdopt.php).
È vero altresì che non tutti i coniugi vogliono/ possono generare o adottare. Ma, in primo luogo, se lo Stato controllasse le intenzioni dei coniugi e la loro capacità generativa sarebbe decisamente oppressivo. Inoltre, il matrimonio tra un uomo ed una donna, anche solo considerando la sua maggiore stabilità (certificata da moltissimi studi: è vero che molti matrimoni si sfasciano, tuttavia il matrimonio resta molto più solido sia delle convivenze [cfr. gli studi citati in G. Samek Lodovici, Genitori separati: i figli soffrono, reperibile su www.iltimone.org ], sia delle relazioni omosessuali, che sono fragilissime, come spiega anche van den Aardweg in questo dossier), è il luogo più idoneo per l’educazione e la crescita dei bambini: dunque, chiunque si sposa è di esempio per le giovani generazioni, perlomeno per la volontà di dare al rapporto una dimensione di durata e stabilità.
È vero che alcuni bambini, che sono privi di madre/padre (per esempio gli orfani) a causa di una disgrazia, trovano un sostituto fuori dalla coppia madre/padre; ma non è detto che ciò avvenga sempre e privarli volontariamente di tali figure è una gravissima ingiustizia.
Ed esistono sì delle situazioni particolari (per es., in tempo di guerra) durante le quali alcuni bambini vengono allevati da due o più donne; ma si tratta di situazioni eccezionali, che richiedono di necessità rimedi eccezionali, che non sono affatto l’ideale, da istituzionalizzare giuridicamente.
5. Nessuna discriminazione
Negare il “matrimonio” omosessuale non comporta alcuna discriminazione. Infatti, se il rapporto affettivo-sessuale tra due persone fosse la condizione necessaria e sufficiente per ottenere un riconoscimento giuridico, allora quest’ultimo bisognerebbe concederlo a un uomo o a più uomini che vivono con più donne consenzienti (istituzionalizzando la poligamia), a un adulto con un minore consenziente (istituzionalizzando la pederastia), a un padre/ madre col proprio figlio/figlia consenziente (istituzionalizzando l’incesto), ecc.
D’altra parte, discriminare significa trattare situazioni simili in modo diverso, non già trattare in modo diverso situazioni diverse. Ora, la potenzialità generativa dell’unione sessuale di un uomo e di una donna è decisamente diversa rispetto alla sterilità di una coppia omosessuale e già questa diversità radicale (insieme ad altre che non è qui necessario menzionare) giustifica decisamente un trattamento diverso per le coppie omosessuali rispetto a quelle sposate.
Non a caso, la parola matrimonio già etimologicamente designa l’essenza di questo rapporto. Viene da matris munus, cioè compito e dono della madre in quanto madre: cioè generare e crescere figli. Quindi il “matrimonio” omosessuale, anche solo per la sua strutturale sterilità, è una contraddizione in termini, un po’ come dire cerchio quadrato.
6. Nessuno ha diritto al figlio
Veniamo infine al presunto “diritto di adottare”. Si tratta di una rivendicazione assolutamente erronea, dato che nessun uomo ha il diritto di adottare, come nessuno ha un “diritto al figlio”, neanche una coppia uomo-donna sterile (per quanto dolorosa sia la loro condizione): infatti, l’essere umano – per dirla con Kant, che era tutt’altro che clericale – va sempre trattato come fine, mai come mezzo, mai come cosa. Dunque un bambino, che tra l’altro è un essere umano clamorosamente indifeso, è soggetto di diritti e non oggetto di diritti altrui. Nella rivendicazione del diritto all’adozione è in atto un gravissimo rovesciamento di prospettiva: vengono ignorati completamente i diritti dei bambini, discriminandoli in favore dei desideri degli adulti. È questa la vera discriminazione!
Per saperne di più…
Oltre ai testi e agli articoli sopra citati tra parentesi, si aggiunga: G. van den Aardweg, Un motivato NO al «matrimonio omosessuale»,
«Studi cattolici», n. 517 (2004), pp. 164-186.
IL TIMONE N. 121 – ANNO XV – Marzo 2013 – pag. 39 – 41
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