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13.12.2024

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Una grande famiglia in un Paese crocifisso
31 Gennaio 2014

Una grande famiglia in un Paese crocifisso

 

 

Un Presidente e un cardinale nel Vietnam devastato dalla guerra e dal comunismo. La famiglia van Thuan al servizio del bene comune.


 

 

 

Vietnam: uno dei Paesi dell’Estremo Oriente di cui si è parlato e scritto di più fino al 1975, uno dei Paesi più dimenticati e misconosciuti nell’ultimo quarto del XX secolo.
A maggioranza buddista, il paese ha tuttavia una consistente presenza cristiana che risale all’opera evangelizzatrice dei secoli XVI-XVII. Tra le famiglie cristiane, di più antica tradizione si trova anche quella del cardinale Francois Xavier Nguyen Van Thuan, deceduto a Roma nel settembre 2002 a 74 anni. Cardinale martire, apostolo di pace, il presule era nato il 17 aprile 1928 nel Vietnam Centrale, nella parrocchia di Cam, un sobborgo di Hué, la capitale del Vietnam formalmente governato dall’ultimo imperatore della dinastia Nguyen ma in verità sotto il potere della Francia.
Ordinato sacerdote 1’11 giugno 1953, consacrato vescovo da papa Paolo VI nel 1975, imprigionato e perseguitato per la maggior parte della sua vita dal regime comunista, esule in Europa dal 1991, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è nominato cardinale da papa Giovanni Paolo Il nel 2001.
La famiglia del cardinale non è una famiglia qualunque. La conversione dei suoi antenati al cattolicesimo è accertata dal 1698, e per difendere il proprio legame con Roma molti suoi avi subirono persecuzioni e martirio. Anche gli avi materni erano cattolici da tempi remoti e ancora nel 1885 tutta la sua famiglia, eccetto il nonno che si trovava in Malesia a studiare, era morta bruciata viva nella chiesa parrocchiale durante una delle solite “cacce al cristiano” per cui si distingueva talora il potere imperiale. Il bisnonno paterno invece era stato allontanato dai suoi cari e collocato in una famiglia buddista perché perdesse la fede, ma invano. Questi ed altri racconti avevano favorito la formazione fin da bambino del giovane Van Thuan all’idea del sacrificio e, se necessario, del martirio per amore a Cristo.
Grande testimonianza di attaccamento alla verità di Cristo venne sempre dalla famiglia materna, da lungo tempo coinvolta anche nella vita politica del Paese. Suo nonno era un mandarino che aveva prestato il suo servizio presso l’imperatore Thanh-Thai (18891907) in qualità di Ministro dei Riti e Gran Ciambellano. Era stato uno strenuo difensore dell’indipendenza del Vietnam e si era dimesso in segno di protesta quando la Francia aveva ottenuto il protettorato sull’lndocina. L’amore per la fede e la patria venne instillato anche nei figli, in particolare in Ngo Dinh Diem e nella sorella Elisabeth, la pupilla del padre, dal carattere indipendente e dotata di grande sensi-bilità politica, che diventerà la madre del cardinale.
Diem, nato nel 1901 nella provincia di Quang Binh nel Vietnam del Nord fu, come il padre, un fervente patriota: quando i giapponesi occupano il Vietnam del Nord rifiuta ogni collaborazione ed è sempre ostile alla Francia anche se continua a lavorare a fianco dell’imperatore Bao Dai (1913-1997), per quanto questi sia un fantoccio nelle mani degli europei. Tuttavia Diem è convinto che, potere dell’imperatore a parte, sia necessaria una seria riforma delle leggi e dell’amministrazione del Paese.
Si rassegna ad abbandonare Bao Dai quando si rende conto che questi non sarà mai capace di agire in modo energico per il bene della nazione, neanche dopo la partenza dei francesi e il ritorno alla libertà politica nel 1954.
Nel 1954 il Vietnam viene diviso, secondo gli accordi di Ginevra, in Sud, che resta nelle mani dell’imperatore, e Nord, una repubblica governata dal partito comunista di Ho Chi Minh, appoggiato da Cina e Urss. Il Sud è sostenuto prima dalla Francia e poi, dal 1959, dagli Usa. Si afferma in fretta il partito nazionalista non comunista di Diem che nel novembre 1955, in seguito a un referendum popolare, dichiara decaduto l’imperatore e proclama la Repubblica. Il suo atteggiamento diventa sempre più determinato nel rifiutare ogni compromesso con i movimenti filo-comunisti, che avevano assassinato suo fratello accusandolo di essere un collaboratore dei francesi e che creavano disordini interni appoggiati dal Vietnam del Nord. Diem è convinto di dover creare uno stato anticomunista nel Sud che sia un baluardo contro gli abusi dei militanti comunisti Vietminh che tolgono la libertà, negano la religione e la proprietà privata. Tuttavia ritiene di dover mantenere le distanze anche dal capitalismo sfrenato che, a parer suo, non tiene in sufficiente conto la giustizia sociale. La sua linea politica è comunque ostacolata in modo vigoroso dai buddisti, che temono un eccessivo potere dei cattolici nel Paese, e da altre componenti politiche, forse invidiose del grande consenso popolare ottenuto da Diem in occasione del referendum.
Diem, con l’appoggio di tutta la sua famiglia, cerca di lavorare per il bene del suo Paese, anche quando accetta l’aiuto degli Usa. Secondo la testimonianza del nipote, rifiutò sempre ogni forma di nepotismo finché rimase in carica. Seguendo l’insegnamento ricevuto in famiglia e, dopo la morte dei genitori, sostenuto dai consigli della sorella Elisabeth, considera l’esercizio del potere come un servizio al suo popolo e un compito di cui rendere conto a Dio. Sotto questo segno può essere letta anche la sua morte, avvenuta nel novembre 1963, durante un colpo di Stato e per mano di alcuni giovani ufficiali che, dopo averi o rapito, lo assassinano brutalmente.
Grande testimone della tragedia della sua famiglia è proprio il giovane sacerdote Francois-Xavier che vede impotente il lento declino del suo popolo, abbandonato dagli USA nel 1973, e preda del regime comunista del Nord dal 1975.
Il nuovo regime mette a dura prova la forza e la fede dei cattolici, perseguitando e imprigionando la maggioranza dei sacerdoti e dei vescovi vietnamiti, costringendo all’esilio gli altri. Se Francois-Xavier, ormai vescovo, viene incarcerato, a un altro membro della famiglia, lo zio (fratello di Diem) e ex-arcivescovo di Hué, già esiliato dopo l’assassinio del fratello presidente, è proibito qualsiasi rientro in patria. Questo zio, monsignor Pierre-Martin Ngo-Dinh Thuc (1897-1984), si allontanerà in seguito, dopo complesse vicende, dalla comunione con la Sede apostolica, ma morirà riconciliato con la Chiesa.
Mons. F.-X. Nguyen Van Thuan passa il resto della sua vita tra il carcere, l’isolamento forzato, du-rato nove anni, e il domicilio coatto in un paesino di montagna, sempre sorvegliato a vista dai suoi carcerieri. Ma la sua bontà, il suo sorriso, la sua incrollabile fede rendono testimonianza della verità e della speranza di cui è portatore il vero apostolo di Cristo. Contro ogni previsione, riesce ad ottenere la fiducia e l’amicizia di coloro che sarebbero preposti alla sua sorveglianza, e alcuni di questi chiedono e ricevono il battesimo dalle sue mani.
Il miracolo della speranza, la biografia scritta da André Nguyen Van Chua dopo aver collaborato con il cardinale martire durante il suo esilio in Europa, tradotta in italiano nel 2004, edita da San Paolo, è vera testimonianza che oggi come duemila anni fa continuano ad esserci martiri per amore all’unica verità che è Cristo e che anche oggi, come nei primi secoli del cristianesimo “semen est sanguis Christianorum”.

Dossier: Vietnam 1975-2005: Chiesa e popolo sul Calvario

IL TIMONE – N. 41 – ANNO VII – Marzo 2005 pag. 44 – 45

 

 

 

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