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13.12.2024

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Una pace ambigua: il pacifismo
31 Gennaio 2014

Una pace ambigua: il pacifismo

 

 

La Chiesa di fronte alla guerra nelle diverse epoche della storia. Attenta al primato della vita e al mutare delle circostanze storiche, cercherà sempre di limitare i danni

 

La coscrizione di massa viene inventata nel 1798 in Francia e da lì esportata manu militari in tutte le aree di conquista rivoluzionaria. Arriva così anche in Italia all’inizio del “Risorgimento lungo”, negli ultimi anni del XVIII secolo, con l’invasione delle truppe francesi. E appaiono così i primi renitenti all’imposizione del servizio militare obbligatorio.

Il pacifismo moderno
Tuttavia, questa è un’altra storia rispetto a quello che possiamo chiamare “pacifismo moderno”. Quest’ultimo, infatti, dopo una lunga seminazione ideologica, approda nel Parlamento italiano solo nel 1976, con l’ingresso dei Radicali. Osservato a posteriori, il pacifismo appare un fiume unitario dotato di una certa coerenza ideologica interna, pur con enfasi e sensibilità diverse su questioni marginali e solo operative. Esso è stato guidato da una élite di pensiero che ha utilizzato una “certa” sensibilità “di popolo”, legata all’idea “diffusa” (o ricevuta) secondo cui la violenza e la guerra sono mali assoluti privi sempre e comunque di qualsiasi giustificazione.

Due pacifismi
Nel “pacifismo” confluiscono almeno due macro-orientamenti diversi che, seppur “a valle” si assommano, “a monte” nascono da ispirazioni diverse. L’una è l’opposizione alla guerra e al militarismo, tipica del pensiero liberale e libertario, che muove dalla contestazione radicale del concetto stesso di Stato (“Stato moderno”) e del suo monopolio nell’uso della forza, ritenendo che il pacifico scambio liberomercatista tra i privati sia la soluzione ottimale per ogni contenzioso. L’altra è la visione internazionalista di un mondo senza “né servi né padroni” tipica del socialismo utopistico e dell’anarchismo.
Ora, questa distinzione si fa preziosa quando si prende in considerazione il “materiale umano” e storico che ha offerto la principale base d’appoggio al pensiero pacifista fra cui, per esempio, le reazioni popolari agli arruolamenti di massa atti a creare eserciti per combattere guerre percepite come “straniere e lontane”. Il più delle volte queste reazioni popolari hanno infatti il carattere concreto dell’insorgenza, o se non altro della fronda, ed è arduo legarle a visioni del mondo di tipo utopistico. Un esempio classico è la renitenza alla leva come forma di protesta antidispotica nei Paesi a regime comunista, del resto alla luce del grande precedente costituito dai vandeani che, nel 1793, utilizzarono proprio il rifiuto della coscrizione giacobina per innescare l’importante insurrezione contro-rivoluzionaria.

Il “pacifismo cristiano”
Tipico è il caso dell’Italia, dove il “rifiuto delle armi”, unito alla delusione della disfatta verificatasi dopo i due conflitti mondiali, ha permesso l’elaborazione di una “scelta pacifista” intesa come opposizione radicale a ogni “interventismo” di tipo militare e a ogni “fascismo” funzionale a un preciso disegno ideologico.
Legata sin dall’origine ai percorsi del pensiero resistenziale e antifascista, democratico-federale (Altiero Spinelli [1907-1986] e il Manifesto di Ventotene [1941-1943]) e repubblicano, la scelta pacifista è stata abilmente sfruttata dal pensiero progressista per ottenere consensi, se non altro “di tendenza”, anche al di fuori del bacino di utenza classico dei partiti richiamantisi a quelle culture politiche. Per esempio, il pacifismo è penetrato all’interno del mondo cattolico, grazie alla nascita di un movimento per la non-violenza legato a figure storiche del pacifismo cristiano quali il “parroco di Bozzolo” don Primo Mazzolari (1890-1959), i vescovi mons. Luigi Bettazzi e mons. Tonino Bello (1935-1993), e i movimenti Pax Christi e Mani Tese, e pure albergante oggi in numerose sigle e organizzazioni per la cooperazione internazionale e lo “sviluppo equo e solidale”.
Il movimento pacifista si è quindi venuto sviluppando in una grande contestazione terzomondista, antinuclearista ed ecologista delle dinamiche delle società democratiche del “mondo libero”, promuovendo una visione coscientemente “anti-occidentale” (o “diversamente occidentale”, se si considera la componente Radicale) che dalla critica al “militarismo” è passata con disinvoltura al rifiuto dello sviluppo, dell’industrializzazione e dell’economia libera di mercato. Il suo esito più recente è certamente l’insieme costituito dalla galassia no global e dalla foresta delle ong accreditate all’ONU o all’Unione Europea; e che questo abbia in Italia sempre favorito l’avanzamento politico dei partiti di sinistra e la diffusione del relativismo culturale è storia sin troppo documentabile.

 

 

 

 

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IL TIMONE N. 104 – ANNO XIII – Giugno 2011 – pag. 46

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