Il vecchio, sempre utile Catechismo di san Pio X, che una volta studiavamo a memoria preparandoci alla Prima Comunione, diceva che «Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita e poi goderlo nell’altra in Paradiso».
A ciò, dunque, siamo destinati, per questo siamo stati creati. Non è una meta a portata di mano, è vero, ma di preghiera e di vita di grazia, sì.
Del Paradiso, prima di arrivarci, non è possibile averne un’idea esaustiva. Un mistero troppo grande per menti troppo piccole quali le nostre. Per il Vangelo, tutti i beni del mondo non lo equivalgono. Affermazione, questa, da prendersi alla lettera. Indubbiamente, deve trattarsi di una realtà indicibile, strabiliante, sublime, bella senza limite, appagante in tutto la nostra sete di felicità. San Paolo lo vide prima di morire, ma non trovò nemmeno una parola – lui che ne scriveva moltissime – per descriverlo. Che cosa sarà mai?
È certo – e qui non si teme di esagerare – che se riuscissimo a conteggiare tutte le gioie provate da Adamo e fino all’ultimo uomo che abiterà la terra, le stesse – prese tutte insieme – non eguaglierebbero la più piccola delle felicità che gusteremo in Paradiso. E tutto questo per l’eternità. Vi pare poco?
Per andarci, però, bisogna darsi da fare, e molto. Conquistarlo non è facile, visto quanto è grande la nostra miseria. Come agire, dunque?
Una risposta c’è.
Cominciamo, prima di tutto, a confidare nella misericordia di Dio. Che è più grande di quanto noi si possa immaginare. Perché il Paradiso è un dono, innanzitutto, e solo Lui ce lo può regalare.
Poi, non dimentichiamo che per guadagnare il Cielo possiamo aiutarci vicendevolmente. Pregando uno per l’altro. È la comunione dei santi.
Solo che anche pregare tanto quanto sarebbe necessario per salvarci non è così facile, richiede tempo, fervore, perseveranza e noi, spesso, siamo distratti da mille altre faccende.
Come venirne a capo, allora? Così: perché non chiedere un aiutino a chi passa la vita in monastero? A chi ha abbandonato il “secolo” per dedicarsi all’orazione e alla contemplazione? Non potrebbero, costoro, darci una mano?
È quello che ha pensato Karin Gasert, mia collaboratrice, protestante tedesca convertita al cattolicesimo, che s’è inventata un progetto niente male.
Ha contattato lettori e monasteri. Ai primi ha chiesto di regalare un abbonamento a monaci e monache, a singoli e comunità. A quanti vivono nei secondi, in cambio, ha chiesto preghiere, possibilmente quotidiane, per i loro benefattori.
Alla proposta ha dato un nome: “Adotta un monastero”. E ha funzionato, visto che hanno aderito in cinquecento. Con grande soddisfazione, stando alle lettere giunte in redazione, indirizzate a Karin. Ne trovate un campionario girando pagina.
Vedrete che quanti hanno adottato un monastero hanno fatto del bene. A chi ci vive, certo, ma anche a se stessi. Da qualche parte, in Italia e nel mondo, qualcuno prega per loro. Così si mette da parte quel tesoro che verrà buono quando Dio chiederà conto del nostro operato.
Vi può interessare questa proposta?
Io – ve lo confido – ne ho adottati sei. Ché tanti siamo in famiglia. L’ho fatto perché voglio bene a moglie e figli. Spero che, anche per i meriti di queste preghiere, si spalanchino per noi le porte del Paradiso. Solo lì scopriremo quanto siano state importanti. E per ringraziare chi ci ha dato una mano ad arrivarci, avremo davanti una vita. Che dico: un’eternità!
AVVISO
Ricordiamo agli abbonati e ai lettori che ogni settimana dell’intero anno 2010 vengono celebrate cinque SS Messe per loro e le loro intenzioni. È questo il nostro modo di ringraziarli per l’attenzione con la quale seguono il Timone.
IL TIMONE n. 90 – Anno XII – Febbraio 2010 – pag. 3