Il 22 febbraio è ricorso il 63esimo anniversario della morte di Sophie Magdalena Scholl, Hans Fritz Scholl e Christoph Hermann Probst.
L’attenzione è stata riportata in Italia, come in Germania, sulla figura di questi giovani tedeschi dalla pregevole mostra messa a disposizione del pubblico ad agosto durante il Meeting di Rimini, intitolata La Rosa Bianca dal nome del gruppo di cui i tre studenti facevano parte.
Ma cosa è stata la Rosa Bianca? Un movimento di opposizione al regime nazionalsocialista tedesco nato dallo spirito intraprendente di cinque studenti di medicina dell’università di Monaco e poi allargatosi ad altre sedi universitarie e ad alcuni professori o lavoratori che non hanno nulla in comune se non un forte legame di amicizia, un profondo senso religioso dell’esistenza, e una sincera lealtà verso il proprio paese. Un gruppo privo di convenzioni, con persone di opinioni politiche diverse, senza struttura organizzativa, senza iscrizioni, senza programmi predeterminati, secondo la testimonianza di una delle poche superstiti, Annaliste Graf: «Era un legame d’amicizia».
Tutto ha inizio nell’estate del 1942, quando alcuni amici iniziano a distribuire all’Università di Monaco volantini, firmati La Rosa Bianca, con cui incitano alla resistenza pacifica contro Hitler e evidenziano lo stato di profonda abiezione in cui è caduto il popolo tedesco, privato della sua libertà e della sua dignità. L’esperienza avrà fine nel febbraio del 1943. In tutto verranno distribuiti 6 volantini, il settimo resta allo stato di bozza scritta a mano. Questi giovani usano la posta per i primi cinque, recuperano in modo clandestino fogli di carta, francobolli e buste (non si possono comprare troppi fogli o francobolli altrimenti si destano sospetti e quindi vagano per Monaco e le città vicine prendendo 10-20 fogli o francobolli in ogni negozio e così arrivano a migliaia) e poi spediscono prendendo a caso i nomi sull’elenco telefonico del Museo cittadino.
Nel febbraio 1943 Hans e sua sorella Sophie Scholl decidono di depositare i volantini di fronte a tutte le aule delle lezioni dell’Università nella speranza di una sollevazione generale degli studenti. Per sbarazzarsi degli ultimi, salgono all’ultimo piano dell’edificio e buttano i fogli dalla balaustra della balconata proprio mentre gli studenti escono dalle aule. Subito fermati e arrestati dalla Gestapo, vengono sottoposti a due giorni di interrogatori. Hans nasconde in tasca la bozza del settimo volantino, scritto da Cristoph Probst, l’unico membro già sposato e con tre figli, che viene subito fermato, arrestato e interrogato.
Il 22 febbraio, dopo un processo burlesco presieduto dal giudice Roland Freisler, la sentenza è: «Accertato che: gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte. Il loro onore e i loro diritti di cittadini sono revocati per sempre».
Al primo processo ne seguono altri: il secondo, sempre con la presidenza del giudice Roland Freisler, vede 14 imputati di cui tre condannati a morte: Kurt Huber, Alexander Schmorell e Willi Graf; un terzo processo tenuto il 13 luglio 1943; un quarto il 13 ottobre 1944 a Donauworth dove i ragazzi processati sono accusati non di appartenere alla Rosa Bianca ma di aver ricevuto il sesto volantino e di averlo ridistribuito all’Università di Amburgo; gli ultimi processi avvengono paradossalmente il 17, 19 e 20 aprile 1945.
Ma cosa scrivevano di tanto pericoloso questi studenti? Alcune frasi estratte dai testi dei sei volantini possono dare l’idea delle loro intenzioni, molto idealiste, poco programmate, piene di ardore e certamente prive di reali capacità sovversive, se non sul piano delle idee. Ma i regimi, di qualunque colore essi siano, sono ben consapevoli che spesso le idee feriscono più delle armi.
Fra di loro ci sono ragazzi con simpatie politiche diverse o dichiaratamente apolitici, ma sono legati da una forte consapevolezza della dignità della persona umana, dignità che deriva del Creatore che ci ha fatti tutti a Sua immagine e somiglianza. Alcuni di loro sono protestanti, altri cattolici o sulla strada della conversione, altri hanno simpatie verso il bolscevismo (che stanno sottoponendo a critica dopo aver visto a Stalingrado che non è certo migliore del nazionalsocialismo) ma con forza continuano a difendere la vita dell’uomo e la sua dignità: «L’uomo è bensì libero, ma senza il vero Dio è indifeso contro il male, come un neonato senza madre, come una nube che si dissolve» (IV Volantino), oppure «l’uomo è libero soltanto dinnanzi all’eterno; e in questa posizione di libertà sta quest’ultimo senso che nel corso della storia fa della vita qualcosa di personale e insostituibile: quel senso al quale l’uomo non può fuggire anche quando egli in realtà rimane lontano dall’agire» (Reinhold Schneider) e ancora «Di cosa si occupa la maggior parte della gente oggi? A loro tutto sembra importante, tranne l’unica cosa veramente importante: la domanda sul “senso della vita”! Che triste ironia» (Christoph Probst).
La forza che questi giovani manifestano proviene loro dalla convinzione che esiste una dimensione soprannaturale dell’esistenza e fanno di questo il loro legame di amicizia. Da soli siamo fragili, insieme viviamo con maggiore coraggio le nostre convinzioni e il nostro credo e troviamo la forza per essere testimoni nel mondo di una verità che ci supera e che ci riempie il cuore. Significativo l’ultimo fugace incontro di Sophie con la madre, pochi minuti prima della morte: «Gesù, vero, Sophie?», le disse la donna e lei replicò seria e forte «Sì, ma anche tu!» e se ne va libera, intrepida, serena. E il fratello nel biglietto scritto ai genitori: «Alla fine non è potuta andare diversamente e, secondo la volontà di Dio, oggi devo concludere la mia vita terrena, per passare a un’altra vita che non finirà mai e nella quale ci ritroveremo tutti… tra poche ore passerò a miglior vita… Una cosa soprattutto vi raccomando: non dimenticatevi di Dio!» e Willi Graf, arrestato e processato pochi giorni dopo: «L’amore di Dio ci accompagna e noi confidiamo nella Sua grazia, possa Egli essere per noi un giudice benevolo… Addio e siate forti e ricolmi di fiducia in Dio». Forte la testimonianza di Probst che in carcere, prima di morire, scrive alla madre: «Ti ringrazio di avermi dato la vita che, a guardar bene, è stata un’unica strada verso Dio… Sono appena venuto a sapere che mi rimane solo un’ora di tempo. Riceverò il Santo Battesimo e la Santa Comunione… Continua a percorrere la tua strada verso Dio… per sempre e in eterno il tuo Christl». Infine, Kurt Huber, l’unico professore del gruppo, nella lettera alla moglie e ai figli: «Il mio ultimo desiderio! Signore, o Signore, sono pronto. Viaggio lieto preso dalla Tua mano amica nell’eternità. Benedici la nostra terra tedesca, benedici mia moglie e i miei bambini, consolali in questo travaglio, dona ai miei cari quaggiù la pace divina del Tuo amore…».
La rosa bianca. Volti di un’amicizia, Itaca, 2005, a cura di Associazione Meeting per l’Amicizia fra i Popoli.
Romano Guardini, La Rosa Bianca, a cura di Michele Nicoletti, appendice di Paolo Ghezzi, Morcelliana, 2005, 2a ed.
Noi non taceremo. Le parole della Rosa Bianca, a cura di P. Ghezzi, Morcelliana, 1997.
Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, 2003.