Le scoperte scientifiche confermano che l’universo è opera di un Creatore intelligente.
Con buona pace del caso: che non ha logica e manca di buon senso.
Leggo che secondo il filosofo Gianni Vattimo (uno dei capifila del “pensiero debole”, che va ora per la maggiore in Italia e in Occidente) la scienza sarebbe nel nostro tempo il luogo in cui risulta più evidente il naufragio del pensiero metafisico, tanto che proprio essa darebbe oggi senso e compimento al programma nietzscheano della morte di Dio.
L’affermazione mi sorprende, anche se da tre secoli ormai – in pratica dal tempo delle prime scoperte astronomiche moderne – sentiamo parlare d’incompatibilità tra scienza e fede. Nella Bibbia tali scoperte non sono contemplate, e ciò inficiava, a giudizio di più d’uno, l’intero testo sacro, anzi inficiava la stessa esistenza di Dio, almeno del Dio della Bibbia.
Purtroppo tale discorso ha turbato in passato la fede di diversi credenti, i quali convenivano che in effetti la Bibbia avrebbe dovuto tener conto delle scoperte fatte dalla scienza nei secoli successivi alla sua stesura, in particolare nel Milleseicento e nel Millesettecento. Ma – ci chiediamo noi – perché non anche delle scoperte fatte nel nostro secolo allora (il big bang, le galassie, le macrocelle, le nane bianche, le supernove, i “buchi neri” al cui margine il tempo si arresta, nonché i quasar, i neutrini, i muoni, i pulsar, gli spin, e tante altre ancora)? E perché non avrebbe dovuto tener conto, la Bibbia, anche delle scoperte che verranno fatte nei secoli e millenni a venire, finché l’uomo abiterà la terra? In questo caso però le parole del sacro testo non sarebbero state comprese dai lettori cui erano rivolte: sia da quelli contemporanei alla sua stesura, sia da quelli venuti dopo mille, o duemila anni, e neanche da noi: per millenni tali parole avrebbero semplicemente costituito una cabala incomprensibile.
Oggi sappiamo che l’universo al suo inizio, cioè al momento del big bang (da 10 a 20 miliardi di anni fa) era composto di materia oscura ultracompressa, che mentre si espandeva divenne luminosissima. Fu quella la prima luce, e raggiunse una tale intensità, quale non si sarebbe più avuta in seguito. Quanto al nostro sole, sappiamo che – essendo una stella di seconda o terza generazione, si è formato diversi miliardi di anni più tardi. Affascinante oltre ogni immaginazione è in realtà la storia dell’universo che la scienza ci propone oggi. Gli scienziati – com’è giusto – hanno effettuato il loro lavoro di ricerca senza farsi condizionare dal presupposto dell’esistenza o no di Dio. Ed ecco: nei credenti di oggi, incluso l’estensore delle presenti note, l’impressione è che il procedere scientifico (forse perché consiste in continue individuazioni di frammenti della verità) riporti di continuo a Dio. Certo – come i cristiani sanno – le cose sono organizzate in modo che l’uomo non sia costretto, quasi obbligato fisicamente, a dichiarare che crede (la libertà, infatti – che nella sua fase più alta è libertà di aderire a Dio, o di respingerlo – fa parte costitutiva della natura umana: senza tale libertà l’uomo sarebbe snaturato). Comunque oggi non meno di un tempo, mano a mano scopre nuovi aspetti della realtà che lo circonda, l’uomo si trova puntualmente davanti all’evidenza di un’azione pregressa di Dio creatore. La vita è comparsa sulla terra circa 3,7 miliardi di anni fa; per tre miliardi di anni dopo la sua comparsa gli unici esseri viventi sul nostro pianeta sono stati i batteri e le alghe azzurre. Come si è formata la vita? Per creazione diretta di Dio, oppure per una “legge” che Dio aveva iscritta nel cuore della materia fin dal momento in cui l’aveva creata? La Bibbia, mentre è chiara ed esplicita in merito alla creazione diretta ad opera di Dio tanto della materia, che dell’anima dell’uomo (rispettivamente all’inizio e al termine del suo processo creativo), circa la comparsa della vita non è altrettanto univoca. Riporta infatti alcuni comandi del Creatore: “La terra produca esseri viventi… Le acque brulichino di esseri viventi…”, ecc, ma dice anche: “Dio creò i grandi mostri marini…” ecc. Tuttavia, che la comparsa della vita non sia stata lasciata unicamente al caso ci sembra risulti evidente da diverse constatazioni scientifiche. Per esempio da quanto scrive Grichka Bogdanov: “Una cellula vivente è composta di una ventina di aminoacidi che formano una ‘catena’ compatta. La funzione di questi aminoacidi dipende a sua volta da circa duemila enzimi specifici… I biologi giungono a calcolare che la probabilità che un migliaio di enzimi differenti si raggruppi per caso in modo ordinato fino a formare una cellula vivente (nel corso di una evoluzione di diversi miliardi di anni) è dell’ordine di 1 seguito mille zeri contro 1”.
Bogdanov ci mette anche davanti al tempo necessario perché si verifichi uno solo dei diversi passaggi necessari per arrivare alla prima cellula vivente: “Affinchè la formazione dei nucleotidi porti ‘per caso’ all’elaborazione di una molecola di RNA (acido ribonucleico) utilizzabile, sarebbe stato necessario che la natura moltiplicasse i tentativi a caso per un tempo di almeno anni 1 seguito da 15 zeri (cioè un milione di miliardi di anni), il che è un tempo centomila volte più esteso dell’età complessiva del nostro universo” (Grichka Bogdanov, Igor Bogdanov, Jean Guitton, Dio e la scienza, Bompiani, Milano 1992, p. 44). Non meno illuminante è quanto ha detto il prof. Bucci del campus biomedico universitario di Roma, nel corso di un congresso internazionale avente per tema “La probabilità nelle scienze”: “Supponiamo che io vada in una grotta preistorica, e vi trovi incisa, su una parete, una scritta, per esempio: ‘Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la dritta via era smarrita’, e che io dica ai miei colleghi: in quella grotta, a causa dell’erosione dell’acqua, della solidificazione dei carbonati e dell’azione del vento, si è prodotta, per caso, la prima frase della Divina Commedia. Non mi prenderebbero per matto? Eppure non avrebbero nulla da ridire se dicessi loro che si è formata per caso la prima cellula vivente, che ha un contenuto d’informazioni equivalente a 5000 volte l’intera Divina Commedia”.
Nonostante constatazioni come queste, c’è chi non vuoi riconoscere che a monte di ogni cosa ci sia un’Intelligenza e un’azione creatrice, e propone che il tutto provenga dal caso. Francamente non possiamo dire che sia una proposta costruita sulla logica, né sul buon senso.
RICORDA
Obiettivamente è difficile accettare che questo nostro stupefacente ordine cosmico, capace di ospitare e dar forma alla straordinaria complessità della vita e dell’intelligenza, sia frutto di un fortunato lancio dei famosi dadi di Einstein. Anzi, a ben vedere, la similitudine del gioco dei dadi appare perfino sottodimensionata rispetto all’altissima improbabilità che si verifichino spontaneamente tutte le coincidenze indispensabili per la formazione dell’attuale universo. Come dice Trinh Xuan Thuan: «Si potrebbe paragonare la precisione di questa regolazione all’abilità di un arciere che riuscisse a ficcare la sua freccia al centro di un bersaglio di un centimetro quadrato da una distanza di 15 miliardi di anni-luce, l’età del cosmo»“.
(Roberto Timossi, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Mondadori, Milano 1999, p. 328).
BIBLIOGRAFIA
Eugenio Corti – Ciancarlo Cavallari, Scienza e Fede, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995.
Jean Guitton – Grichka Bogdanov – Igor Bogdanov, Dio e la scienza, Bompiani, Milano 1991.
Antonino Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo. Tra Fede e Scienza, II Saggiatore, Milano 1999.
Rene Laurentin, Dio esiste: ecco le prove. Le scienze erano contro. Ora conducono a Lui, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997.
Roberto Ti mossi, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Mondadori, Milano 1999.
Stanley L. Jaki, Dio e i cosmologi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1991.
IL TIMONE – N. 10 – ANNO II – Novembre/Dicembre 2000 – pag. 48-49