Non è vero che sia inutile combattere contro le proposte di leggi ingiuste. È possibile, anche se non sufficiente per ricostruire una società cristiana. E ogni tanto, c’è pure la consolazione del successo
Quando si parla di aborto, di leggi sull’omofobia, di unioni omosessuali, di eutanasia anche tanti cattolici sono tentati dallo scoraggiamento e convinti di combattere una battaglia moralmente necessaria ma di retroguardia, di battersi per onor di firma ma senza possibilità di vincere, perché il “senso della storia” è un altro. Stanchi e scoraggiati, ci sentiamo – per usare un’espressione di Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium – «generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere ».
A volte cadono anche i miti
È bene essere sempre scettici quando qualche presunto “progresso” ci è presentato dalle ideologie moderne come uno tsunami che sta travolgendo tutto e cui è futile opporsi. Negli anni 1930 la “scienza della razza”, che distingueva fra razze inferiori e superiori, era presentata come la più avanzata scienza mondiale, non solo nella Germania nazista ma anche in Scandinavia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. I cattolici che la combattevano erano bollati come retrogradi e oscurantisti. La stessa Santa Sede si era allarmata, e aveva chiesto a commissioni di scienziati – che la rassicurarono – se davvero opponendosi alla “scienza della razza” si rischiava un “nuovo caso Galileo”, un’espressione che si usa sempre quando si vuole intimidire la Chiesa. Oggi la “scienza della razza” è finita nella pattumiera della storia.
Leonid Brežnev (1906-1982), padrone dell’Unione Sovietica dal 1964 al 1982, inventò la “dottrina Brežnev” secondo cui l’espansione dell’impero sovietico, inarrestabile, sarebbe continuata per sempre (anche l’islam, fino alla battaglia di Vienna del 1683, diceva qualcosa di simile). Sette anni dopo la morte di Brežnev, cadeva il Muro di Berlino.
Oggi siamo di fronte all’equivalente omosessualista della “dottrina Brežnev”: all’idea, ripetuta incessantemente da tutti i grandi media e che finisce per scoraggiare anche i buoni, secondo cui può solo aumentare, mai diminuire, il numero di Paesi che prima disarmano i critici con leggi sull’omofobia e poi introducono in sequenza le unioni civili, il “matrimonio” e il diritto di adottare bambini per gli omosessuali. I passaggi sono sempre questi, il meccanismo è collaudato e funziona come un orologio svizzero. Lo stesso vale oggi per l’aborto e l’eutanasia, e domani per altre diavolerie: si ritorna a parlare in Italia dell’“aborto postnatale”, cioè l’infanticidio dei bambini che, appena nati, hanno a giudizio dei medici qualche “problema” che potrebbe compromettere la “qualità di vita” loro e dei genitori. Sono, si dice, “conquiste di civiltà”: l’opposizione le può al massimo ritardare ma alla fine sarà certamente sconfitta. Si cita l’esempio del divorzio: dopo il referendum maltese del 2011, ormai solo due Paesi, il Vaticano e le Filippine, non lo ammettono nelle loro leggi, e nelle Filippine la battaglia è in corso.
Scoraggiare gli oppositori convincendoli che vanno contro il “senso della storia” è l’arma finale dei nemici della vita e della famiglia. Così, infatti, non impongono soltanto la dittatura del relativismo ma trasformano gli avversari in relativisti inconsapevoli. Chi pensa che quello che era vero ieri potrebbe non essere più vero domani, nega già che esistano verità oggettive e universali, non dipendenti dal tempo né dallo spazio, ed è dunque già implicitamente relativista.
L’idea che certe “conquiste” siano rese necessarie dal “senso della storia” è dunque anzitutto falsa in linea di principio, perché deriva da premesse filosofiche sbagliate che negano il carattere universale e oggettivo della verità. Ma è falsa anche in linea di fatto. Anche la macchina apparentemente perfetta della dittatura del relativismo qualche volta s’inceppa.
La Manif francese e il “caso croato”
Il milione di francesi scesi in piazza il 13 gennaio 2013 per la Manif pour Tous contro il “matrimonio” omosessuale non ha fermato la legge, ma ha dato speranza a tutta l’Europa. Nel gennaio 2014 nuove manifestazioni di piazza in Francia hanno costretto il governo a rinunciare a una legge “sulla famiglia” che avrebbe introdotto la possibilità di accedere alla fecondazione artificiale per le coppie lesbiche e, in prospettiva, la legalizzazione dell’“utero in affitto”. In Croazia, il 1° dicembre 2013 un referendum ha introdotto nella Costituzione la precisazione che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. È vero, l’esperienza degli Stati Uniti insegna che i referendum non bastano: possono sempre intervenire i giudici per “rieducare” gli elettori e annullare i risultati delle consultazioni popolari quando non sono “politicamente corretti”. Ma anche i giudici non sono invincibili. Nello Utah, il 20 dicembre 2013 un giudice federale ha cancellato i risultati di un referendum dove, a grande maggioranza, gli elettori avevano detto no al “matrimonio” omosessuale. La reazione dei cittadini e delle autorità dello Stato è stata insolitamente vigorosa. Molti ufficiali di stato civile si sono rifiutati di celebrare i “matrimoni” gay, sfidando il rischio della prigione. Lo Stato ha messo in campo un team “stellare” di avvocati che è riuscito a convincere la Corte Suprema di Washington, non certo nota per il suo orientamento favorevole alla famiglia, a sospendere la celebrazione dei “matrimoni” omosessuali nello Utah fino al 10 aprile 2014, quando il caso sarà riesaminato nel merito. In Spagna, nel dicembre 2013 il governo ha introdotto una legge più restrittiva in tema di aborto. Non è ancora la dichiarazione pubblica – che sola sarebbe davvero conforme alla verità naturale e cristiana sulla vita – che l’aborto, come afferma Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, «grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo» e dunque in nessun caso può essere permesso. Ma è un passo che dimostra come sull’aborto si può benissimo “tornare indietro” senza che cadano governi e parlamenti.
In Italia, la macchina dei poteri forti ostili alla vita e alla famiglia lavora senza sosta. Ma il suo tentativo di far passare con voti notturni in Parlamento, quasi clandestinamente, la legge sull’omofobia è stato sconfitto da una mobilitazione di popolo che ha visto prima un manifesto di Alleanza Cattolica pubblicato su cinque quotidiani nazionali, poi le iniziative della Manif pour Tous italiana, delle Sentinelle in Piedi, dei comitati Sì alla famiglia radunare migliaia di persone, spingendo a prendere posizione un manipolo di parlamentari coraggiosi e anche qualche vescovo: penso in particolare alla Nota del 2 febbraio 2014 dei Vescovi del Triveneto, che denuncia l’ideologia di genere. In Slovacchia, Polonia e Portogallo le conferenze episcopali hanno preso posizioni nettissime e vigorose sullo stesso tema. Nelle Filippine i vescovi continuano a opporsi, per ora con successo, al divorzio. Negli Stati Uniti e in Francia alle marce per la vita sono giunti messaggi di adesione e solidarietà di Papa Francesco, com’era avvenuto anche per la marcia italiana del 2013.
Si può fare di più? Certo. Non si fa nulla, e si è sempre solo sconfitti dal “senso della storia”? Non è vero. La storia non ha nessun senso umano predeterminato e necessario, le battaglie le vincono e le perdono gli uomini e le donne, e per il cristiano nessuna vittoria del male è ineluttabile o irreversibile. Sia nell’enciclica Lumen fidei sia nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, Papa Francesco enuncia il principio secondo cui «il tempo è sempre superiore allo spazio». Dobbiamo rifiutare le ideologie che «cristallizzano» il tempo in spazio. Ci riducono a topi in un labirinto: possiamo agitarci, ma in realtà il percorso che stiamo seguendo è già predeterminato, ed è stato deciso da qualcun altro.
Ma non siamo topi, e dal labirinto possiamo uscire. Il futuro non è già deciso, come vuole farci credere il martellamento delle ideologie. Sarà come lo costruiremo giorno per giorno, da uomini e donne liberi e ragionevoli. Lo ripete il Papa spesso: «Non lasciamoci rubare la speranza».
Per saperne di più…
Massimo Introvigne, Sì alla famiglia. Manifesto per un’istituzione in pericolo, Sugarco, 2014.
IL TIMONE – Marzo 2014 (pag. 12 – 13)
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