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Agesci, relativismo e posizioni contrarie al magistero. Una scout scrive ai capi nazionali
NEWS 5 Febbraio 2016    

Agesci, relativismo e posizioni contrarie al magistero. Una scout scrive ai capi nazionali

di Matteo Orlando

 

Durissima lettera di una Scolta degli Scout, che si firma Marianna, ai Capi Nazionali ai quali denuncia come molti giovani scout non rispettano l’insegnamento sulla famiglia come voluta da Dio.

Da Padova, la giovane scrive a Ferri Cormio e Rosanna Birollo, Capo Scout e Capo Guida, a Marilina Laforgia e Matteo Spanò, Presidenti dell’AGESCI, a Padre Davide Brasca, Assistente Ecclesiastico Generale, a Elena Bonetti e Sergio Bottiglioni, Incaricati Nazionali della Branca R/S, a Padre Giovanni Gallo, Assistente Nazionale della Branca R/S.

Scrive la giovane a proposito del Family Day:

«Sono una Scolta di un gruppo scout della provincia di Padova. […] Avete sottolineato il fatto che l’Associazione educhi i ragazzi a vivere secondo la Buona Notizia e che, dopo le parole del Santo Padre, tutta la comunità ecclesiale non possa non aderire a questa visione della Famiglia come voluta da Dio. Ma queste sono parole, a me lo scoutismo ha sempre insegnato che poi servono anche i fatti. È vero, ci sono posizioni diverse all’interno dei moltissimi gruppi, lo vedo ogni giorno nel mio Clan, nei confronto con i miei Capi, l’ho notato anche nel reparto di un altro gruppo dove ero scolta in servizio l’anno scorso. Ognuno ha la sua idea, la sua posizione, che in quanto tale va rispettata. Ma noi siamo un’associazione cattolica, che, come avete scritto anche voi, accoglie la visione della Chiesa e il Vangelo, quindi, con tutto il rispetto, con tutta l’amicizia e con tutto il bene del mondo, chi non è pronto ad accogliere questa visione può prestare il suo servizio da un’altra parte.

Mi rendo conto di esprimere una visione forte, che potrebbe non incontrare il favore di tutti, ma nelle realtà intorno a me vedo che spesso i cedimenti provenienti dal basso (cioè dalle realtà particolari dei gruppi), in assenza di prese di posizione chiare e univoche dall’alto, portano a crepe sempre più profonde. Un esempio? La Carta del Coraggio. O meglio, alcune sue parti, come quella sull’amore, che avanza richieste secondo me in contrasto con quello che invece la Chiesa e il Magistero ci insegnano, che non sono certo punti negoziabili nella vita di un credente. Come mai molti di noi R/S che erano presenti alla Route Nazionale due anni fa hanno deciso e votato a favore di quella presa di posizione? Secondo me, oltre alle opinioni personali, è anche causa del fatto che in molti gruppi il tema liturgico e le scelte che si dovrebbero prendere in coerenza con la fede cattolica, sono lasciate spesso al livello del “volemose bene”, cioè non vengono approfondite e soprattutto si lascia spazio a mediazioni che, a mio avviso, sui temi della fede sono inammissibili e l’assenza di una dimostrazione della volontà comune di seguire con più coerenza gli Insegnamenti in cui il metodo scout affonda le sue radici, aggrava la situazione.

Lo scoutismo accoglie tutti, ma chi ne vuole fare parte deve accogliere i valori dello scoutismo. Chi non è cattolico, chi non vuole accettare gli insegnamenti della Chiesa e del Vangelo, può andare al CNGEI. Quel “non possa che tacere” lo trovo assurdo, perchè uno scout quando vuole ottenere qualcosa agisce, mentre qui si sta delegando il lavoro ad altri: lasciate che parli il Papa, lasciate che ognuno la pensi a modo suo, noi la pensiamo così ma non siamo pronti a prenderci la responsabilità dei valori in cui crediamo; è questo ciò che si legge tra le righe della vostra risposta, invece secondo me uno scout dovrebbe essere un coraggioso testimone di ció in cui crede, delle sue scelte e delle sue azioni. Mi dispiace, ma questo non è il modo di “fare del nostro meglio verso Dio e verso il nostro Paese”. Le persone che ci vengono portate ad esempio fin da quando eravamo bambini dai nostri capi scout, le persone che ci avete mostrato alla Route Nazionale come esempio di scelte di coraggio, sono persone che agiscono e non hanno paura di affrontare le conseguenze delle loro azioni. Personalmente quindi, questa risposta non mi soddisfa per niente, è solo un contentino che però non risolve le cose.

Scusate il paragone, ma se avessimo agito così anche durante la Resistenza, a quest’ora probabilmente lo scoutismo in Italia non esisterebbe. Come diceva Don Pino Puglisi “non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti”. Noi come scout cattolici siamo chiamati ad essere testimoni coraggiosi non solo di uno stile di vita autentico e impregnato della capacità di saper pensare e scegliere con la propria testa, ma anche e soprattutto delle bellezza della Parola e della Creazione di Dio, senza la quale tutti i nostri valori e i nostri concetti non avrebbero significato. Il silenzio o il “tenere il piede in due scarpe” non ci rendono testimoni, ma spettatori assenti di una società che invece ha sempre più bisogno di ritrovare le proprie radici e i propri punti di riferimento. Quindi vi chiedo, vogliamo essere protagonisti del nostro tempo con coraggio, oppure ci lasceremo vincere dalla paura di vivere fino in fondo il nostro essere?».