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Alluvione: non bastano gli alert, né i Pnrr, ci vorrebbe Giuseppe Dozza
NEWS 18 Maggio 2023    di Lorenzo Bertocchi

Di Vedetta – il podcast del direttore

Alluvione: non bastano gli alert, né i Pnrr, ci vorrebbe Giuseppe Dozza

Viviamo l’epoca degli alert, dei messaggi da allerta rossa veicolati a mezzo social. Dei bollettini, delle app che prevengono (?) il contagio e di quelle che ci avvertono se il nostro cuore batte troppo forte. Gli alert però possono forse aiutare a trovare l’ultima scappatoia, ma non fanno il lavoro vero di prevenzione. Quello, in caso di alluvione, ad esempio, si fa con la messa in opera delle casse di espansione (solo 3 quelle nel bacino della bonifica della Romagna Occidentale?), o la pulizia dei fiumi, o con il far rispettare le norme di polizia idraulica.

Nella alluvione tremenda che ha colpito la Romagna è piovuto tanto, forse come non mai, questo è un dato numerico indiscutibile, però, anche se fosse vero che la colpa ce l’ha il signor cambiamento climatico, l’alert, per quanto utile, ha tutta l’aria della foglia di fico dietro cui va a nascondersi la politica. Il governo del territorio è una questione che non si fa con un cinguettio da social, ma con la cura e il lavoro sul campo. L’esempio del sindaco comunista della ricostruzione di Bologna (dal 1945 al 1966), quel Giuseppe Dozza che andava per le strade a controllare i lavori, è sempre un gran bell’esempio da ricordare da questo punto di vista (chissà poi come è avvenuto che la tradizione comunista sia passata da Dozza a Elly Schelein… ma questo è un altro discorso…).

Per uscire dalla difensiva da sistema alert, non si tratta di fare della programmazione, di studi e progetti ce ne sono fin troppi, ma proprio di cura e di lavoro. Meno chiacchiere e più badili, si potrebbe sintetizzare molto alla spiccia.

Cari politici e amministratori, di tutti i colori, non rifugiatevi nelle tane delle nutrie o degli istrici, non buttatela sempre in calcio d’angolo con il Pnrr e i fondi comunitari, per carità ridate una gerarchia alle cose. Già questo sarebbe metà della fatta, come si dice in Romagna. Un Paese come il nostro, che in questi giorni si siede al tavolo dei sette Paesi più sviluppati al mondo, deve avere la forza e le risorse per essere libero di fare quello che serve, là dove serve. E con speditezza.

Vale per prevenire alluvioni e vale per prevenire la desertificazione delle nostre imprese, quando si tratta di economia reale da far rinascere. Vale per supplire alla denatalità e per far funzionare una sanità pubblica oramai al canto del cigno. Vale per la scuola e l’educazione, terreno dove si dovrebbe ricominciare a educare a una gerarchia della normalità, nel senso di insegnare ai nostri ragazzi che nulla si ottiene senza sacrificio e che alcune cose contano più di altre.

Si potrebbe persino tirare in ballo il Padreterno, ma non vogliamo scomodarlo per le nostre miserie di uomini senza Dio. Se proprio non volete guardare in Cielo, ridateci almeno Giuseppe Dozza, sarebbe già qualcosa per onorare i morti di questi giorni e tutti quelli che in queste ore hanno visto la loro casa invasa dalle acque.


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