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Anoressia, quella “fame d’amore” che consuma dentro. Ma si può affrontare
NEWS 15 Luglio 2021    di Giovanna Capolongo*

Anoressia, quella “fame d’amore” che consuma dentro. Ma si può affrontare

La abbiamo chiamata “fame d’amore”. Si tratta di quella mancanza, quel vuoto, che molte persone che soffrono di disturbi alimentari sentono dentro, fino ad esserne consumate. Un fenomeno che negli ultimi anni ha iniziato ad interessare fasce d’età diverse fra loro, e i cui sintomi iniziano a manifestarsi molto presto. A questo tema il Timone ha dedicato il primo piano del mese di luglio con articoli di Luisella Scrosati, Bendettea Frigerio, e Giovanna Capolongo, psicanalista e psicoterapeuta. Qui un approfondimento della dottoressa Capolongo, collegato a quanto potrete trovare nel numero della rivista di questo mese.

La persona che “soffre” di disturbo alimentare è una persona affamata che grida con il suo corpo ferito “ho fame di te”. Ma l’altro a cui la persona che soffre di disturbo alimentare si rivolge è un altro il più delle volte incapace di sentire la sofferenza di chi sta male, la sofferenza di chi soffre, come se non “lo vedesse”, così come la persona con disturbo alimentare non vede realmente il proprio corpo, non sente la propria fame perché tutto proteso al controllo della situazione. E dove si esercita più facilmente il controllo se non sul proprio corpo?

Quando una madre alla figlia adolescente, che mangia a pranzo e a cena solo una vellutata, si rivolge dicendo “Bene! Vedo che hai perso dei chili. Stai bene!”, cosa sta dicendo alla figlia? Cosa fa sentire la figlia? Amore? Benevolenza? Accudimento? Premura? Preoccupazione? Cosa vuol dire amare la figlia? Michele 4 anni non vuole mangiare; la mamma è una mamma in carriera, fa la spesa, gestisce le persone che si occupano della casa e prepara da mangiare (una delle tante cose da fare). Michele fa i capricci perché non vuole mangiare e la mamma si spazientisce perché questo figlio, così intelligente, così precoce in tutto non ne vuole sapere di mangiare. Vengo a conoscenza del fatto che la mamma ha deciso che il bambino mangi prima che arrivi il papà così lei si può sedere a tavola con il marito e finire la seconda parte del pasto. La prima parte del pasto la “consuma” con il bambino, aggiungendo “fai presto”. Cosa sta dicendo Michele, con i suoi capricci, alla mamma? Michele vuole fare sentire alla mamma il suo disappunto rifiutando il pasto. Invito la mamma ad aspettare insieme al bambino l’arrivo del papà per cenare tutti insieme. Michele che fino a quel momento è stato selettivo con i pasti da quel giorno mangia tutto quello che mangia il papà.

Una memoria emotiva

Il senso di colpa è un’emozione “che segue la violazione di un precetto (…) esso deriva da una rappresentazione interiorizzata dei conflitti tra il bambino e i suoi genitori” (2). Quale precetto? Il giovane che soffre di Disturbi del comportamento alimentare non ha la memoria storica del conflitto, ma sicuramente ciò che documenta il disturbo è una memoria emotiva. Il sentimento di colpa si nutre di tutto purché venga mantenuto come mangiare ma anche essere la causa delle preoccupazioni dei genitori. Il sentimento di colpa è un modo per mantenere a livello inconscio il conflitto con i propri genitori ma anche per non guarire. Ne consegue la bassa autostima, il pensiero ossessivo, l’ansia, la mania di controllo. Ma cosa tiene sotto controllo chi soffre di Disturbi del comportamento alimentare? Quando una persona vive un disagio, un disturbo, si sente in colpa per il suo malessere si sente in colpa perché non riesce a stare bene, ad essere “giusto”; solo l’adulto che si assume il proprio ruolo nella funzione educativa amorosa, può aiutare l’altro a sgravarsi del senso di colpa, favorendo l’interruzione del malessere e risolvendo la sua rabbia.

*psicanalista e psicoterapeuta

 

Per leggere il primo piano di luglio dedicato ai disturbi alimentari, abbonati qui

 


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