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13.12.2024

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Aosta, la grande bufala dell’ascolto del battito fetale
news
30 Aprile 2024

Aosta, la grande bufala dell’ascolto del battito fetale

Nel pacchetto dei 46 articoli contenenti le misure aggiuntive per l’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza che ha ottenuto di recente il via libera anche dal Senato, c’è un articolo che ha provocato tanto scalpore. Quello cioè che prevede la possibilità per le Regioni di «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». E via, “tutt*” sul piede di guerra per difendere la 194, che, lungi dall’essere abrogata, sembra mai come ora «sotto minaccia».

Visto che le minacce sono in realtà inesistenti, ecco che ci si attacca alle fake news. Sabato 27 aprile le femministe del Centro donne contro la violenza di Aosta hanno denunciato che alcune donne sarebbero state costrette ad ascoltare il battito fetale da alcuni volontari pro life per dissuaderle dallo loro scelta di abortire. «Sono pervenute al Centro donne contro la violenza di Aosta segnalazioni di donne che, giunte in presidi sanitari pubblici del territorio regionale per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sono state negli stessi luoghi sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell’imporre l’ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta», citando la denuncia.

Ma la verità è che quella che sarebbe a detta del ministro Roccella «una cattiva prassi medica», non è stata messa in atto. L’Ausl di Aosta ha infatti subito smentito la notizia: «Non risultano volontari di associazioni pro vita nei consultori o in ospedale e nessuna segnalazione in tal senso è arrivata all’Azienda e al Dipartimento politiche sociali né da parte di cittadini né da parte di associazioni».

Nonostante la pronta smentita, la presidente di D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) ha rimbalzato la notizia del Centro di Aosta aggiungendo: «Oggi siamo alle prese con la violenza istituzionale esercitata sulla scelta delle donne sulla maternità consapevole, attraverso azioni patriarcali inaccettabili». La rete si impegna quindi a denunciare «con forza queste pratiche inammissibili che violano il diritto di autodeterminazione delle donne e ostacolano l’accesso all’aborto sicuro e legale». Cavalcando l’onda della falsa denuncia è pertanto iniziato un susseguirsi di articoli, richieste di indagini e approfondimenti, tanto che il Movimento valdostano Potere al Popolo ha fatto appello a tutte le istituzioni: «Devono intervenire immediatamente per bloccare ogni tipo di interferenza di volontari antiabortisti».

Dal canto suo, Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus, ha dichiarato in un comunicato: «Perché queste menzogne, intimidazioni e odio nei confronti dei volontari pro life? Permettere a una donna di ascoltare il battito cardiaco del figlio che porta in grembo, in ogni caso, non è una “cattiva prassi medica” […], ma una procedura clinica abituale per verificare lo stato della gravidanza, nel rispetto della deontologia medica e per la formazione del “consenso informato”. […] Ogni donna intenzionata ad abortire dovrebbe avere il diritto di essere pienamente informata sulla vita che sta accogliendo, anche ascoltando il battito cardiaco del figlio, come chiesto da più di centomila firmatari della proposta di legge popolare “Un cuore che batte”».

Ciò che rimarrà dopo questo polverone mediatico continuerà a essere il silenzio dell’ecografo dopo la morte provocata al bambino in grembo. Le lacrime inespresse di una donna che non ha avuto a disposizione tutte le opzioni possibili. I sensi di colpa per la menzogna che l’aborto sarebbe la massima espressione di libertà della donna. «Ho aspettato […] che mi venisse voglia di averti per sempre, tu con il tuo corpo e io con il mio», ha raccontato Simonetta Scandivasci su La Stampa in merito alla propria esperienza di aborto, «invano». Chissà, se un giorno l’attesa di qualche donna potrà essere colmata dalla mano tesa di un volontario. E chissà perché spaventa tanto. (Fonte foto: Pexels.com)

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