di Armando Fumagalli
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, bisogna distinguere tra il cinema hollywoodiano e il mercato delle serie televisive. Il cinema hollywoodiano rimane con l’aspirazione ad essere un cinema per il grande pubblico di tutto il mondo, quindi punta a raggiungere numeri molto alti: per far ciò sa che deve essere in sintonia con i valori condivisi dalla gente di tutto il mondo. È un cinema, dunque, di “valori positivi” e anche sanamente tradizionali. Dal Signore degli Anelli a Harry Potter, fino ai film della Pixar, a L’era glaciale e Shrek sono tutte pellicole molto buone dal punto di vista valoriale.
Il mercato delle serie televisive, invece, per una lunga serie di motivi, ha ormai rinunciato ad un’audience molto vasta, preferendo pubblici di nicchia sia negli Stati Uniti che fuori. Per questo si permettono spesso di essere molto più trasgressivi e culturalmente polarizzati. È anche per questo che in un gran numero di serie televisive americane c’è una forte presenza dell’ideologia di gender. Sono prodotti che, anche se fanno 2 milioni di spettatori in America, economicamente funzionano. Dopodiché questi prodotti vengono venduti a reti tematiche in tutto il mondo. È quindi un modello con il quale si riesce comunque a guadagnare e questo lascia il campo libero a una polarizzazione culturale molto forte che deriva da caratteristiche specifiche dell’élite creativa che c’è in questo momento storico a Hollywood. È tuttavia un fenomeno di questi tempi e non è detto che debba persistere in futuro.
La svolta hollywoodiana sul “cinema dei valori” si è verificata a partire dal 1993-1994, in particolare con film come Forrest Gump, quando il cinema hollywoodiano ha ripreso a fare prodotti che si appoggiano su valori fortemente condivisi in tutto il mondo e che non hanno particolari controindicazioni (violenza, scene di sesso, ecc.). Quest’ultimo ventennio segue una fase di sbandamento che va dalla metà degli anni ’60 (quindi a ridosso della rivoluzione culturale del ’68) ai primi anni ’90, un’era in cui pure erano stati realizzati dei bei film, ma che dal punto di vista dell’assetto globale dell’industria cinematografica furono difficili. Non a caso le major sono state comprate e vendute: la Universal, ad esempio, fu acquistata dai giapponesi e poi rivenduta. Dagli anni ’90 è stata riscoperta una formula sicura di successi economici, tanto è vero che, da tanti anni, l’industria cinematografica va bene. Ormai le major fanno parte di grandi conglomerati cinematografici e anche laddove uno dei settori di tali conglomerati vada male, tendenzialmente negli ultimi 20 anni, tutte le conglomerate sono economicamente andate bene.
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