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Assegno unico per chi ha figli: «Un segnale positivo, però andava strutturato meglio»
NEWS 3 Aprile 2021    di Giulia Tanel

Assegno unico per chi ha figli: «Un segnale positivo, però andava strutturato meglio»

Nel tentativo di fare chiarezza attorno a un tema tanto importante, quanto complesso e ancora fumoso, qual è l’assegno unico e universale mensile per chi ha figli sotto i 21 anni che lo scorso 30 marzo ha ricevuto il via libera definitivo in Senato, Il Timone ha contattato l’Avvocato Francesco Farri (foto a lato), professore abilitato di Diritto tributario.

Avvocato, a suo avviso, quali sono i pregi di questo intervento?

«Due sono i principali pregi di questo intervento. Il primo è il segnale che esso dà: finalmente si cerca di introdurre una misura a sostegno della natalità in un Paese, come l’Italia, in cui l’inverno demografico sta assumendo contorni drammatici. Il secondo è la finalità di razionalizzare il sistema di provvidenze pubbliche finora vigenti a sostegno della natalità: si era in presenza di un vero e proprio caos normativo, con misure stratificate nel tempo, mal coordinate tra di loro, ciascuna di importo modesto. Ciò si traduceva in una sostanziale inefficacia pratica delle misure stesse e, quindi, della politica a sostegno della natalità».

Ravvisa anche dei limiti?

«Sul piano tecnico, l’assegno poteva e doveva essere strutturato meglio. Non si tratta di un profilo marginale: una buona intenzione realizzata male sul piano tecnico rischia di risultare inefficace. Molteplici sono i limiti della legge delega sull’assegno unico universale, già a suo tempo messi in evidenza dai giuristi che si sono occupati del tema, a cominciare dai professori Angelo Contrino e Filippo Vari, oltre al sottoscritto.

Il principale limite, a mio avviso, risiede nella parametrazione dell’assegno all’I.S.E.E. (art. 1 co. 2 lett. b). L’I.S.E.E. è un indicatore che calcola la situazione economica del nucleo familiare provvedendo, in sintesi, a sommare le ricchezze di tutti i componenti della famiglia ma dividendo la sommatoria per un numero che non è pari al numero di persone di cui la famiglia si compone, come sarebbe logico, ma è inferiore a esso. Ciò avviene per effetto dell’introduzione di una “scala di equivalenza”, basata su assunti economici opinabili, in forza della quale i membri della famiglia successivi al primo vengono considerati come unità quando si tratta di sommare le loro ricchezze, ma meno dell’unità, con valore decrescente per ogni membro, quando si tratta di calcolare la “ricchezza pro capite” della persona, ossia il tenore di vita dei membri della famiglia. Così, l’I.S.E.E. è strutturalmente inidoneo a rispondere soprattutto ai bisogni delle famiglie numerose. Per cui, a poco vale il tentativo di riequilibrio che introduce l’art. 2 co. 1 lett. a, che prevede una maggiorazione dell’assegno per i figli successivi al secondo: la stessa costruzione della misura è affetta da un vizio di fondo, poiché la legge delega manca di delegare il Governo a provvedere, contestualmente, alla riforma dell’I.S.E.E per renderlo meno penalizzante per le famiglie numerose».

Scendendo nel concreto, provando ad andare oltre i proclami, le famiglie italiane cosa devono e possono aspettarsi a partire da questa estate?

«Quella approvata dal Senato è una legge delega, che dovrà essere attuata dal Governo entro un anno mediante appositi decreti legislativi. Come ogni legge delega, essa non specifica i contenuti che la misura prevista dovrà assumere, ma fissa i principi e criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi per disciplinarla. Per cui al momento è ancora difficile prevedere cosa attendersi in concreto. Anzitutto, è possibile che ancora in estate i decreti legislativi e i provvedimenti attuativi non siano stati emanati. Quanto agli importi dell’assegno, a ben vedere neppure l’importo di 250 euro, di cui si parla, è garantito dalla legge: si tratta infatti di una semplice stima e, in ogni caso, non è chiaro se esso sia l’importo massimo o quello minimo dell’assegno, in relazione al parametro dell’I.S.E.E. Alcuni nuclei familiari potrebbero trovarsi anche penalizzati per effetto della nuova misura, rispetto alla situazione attuale. Infine, non sono certe le procedure da seguire per fruire dell’assegno: l’art. 1, c. 2, lett. g) specifica che la somma sarà erogata nella forma di credito d’imposta ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro, ma è rimessa al Governo l’individuazione degli adempimenti necessari».

Allargando lo sguardo ad altri Paesi dell’Europa virtuosi rispetto alle politiche familiari – come possono essere l’Ungheria, la Polonia, ma anche la vicina Germania… – ritiene che in Italia si sia fatto abbastanza, oppure si poteva “osare” di più, dando un segno di svolta ancora più deciso?

«Il sostegno alla natalità non passa esclusivamente dalle provvidenze economiche, specie se di importo relativamente ridotto, come si presume sarà l’assegno. Esso richiede interventi più ampi sia sul piano giuridico, sia su quello culturale. Sul piano giuridico, è necessaria una serie coordinata di politiche in molteplici ambiti (specialmente, quello lavorativo), dei quali la legge delega non si occupa. Si è quindi di fronte a un primo passo, cui dovranno seguirne altri non meno importanti. Sul piano culturale, la sfida è se mai possibile ancor più complessa e decisiva: oltre alle note ideologie antinataliste di marca libertaria, se ne stanno oggi affermando anche altre che, del tutto infondatamente, predicano la natalità come minaccia per il pianeta, ambendo ad ammantarsi di una connotazione pseudo-etica in realtà del tutto fuorviante. Siamo al centro della questione antropologica e l’impegno di ciascuno è fondamentale per riaffermare una autentica cultura della vita».


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