sabato 5 ottobre 2024
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Ayrton Senna, che non aveva paura di correre né di credere
NEWS 1 Maggio 2024    di Lorenzo Bertocchi

Ayrton Senna, che non aveva paura di correre né di credere

Ho scritto questo articolo dieci anni fa, quando di anni dalla morte di Ayrton Senna nel circuito di Imola ne erano passati venti. Lo ripropongo volentieri ai lettori del Timone oggi, che di anni da quel tragico incidente ne sono passati trenta. Era il 1 maggio 1994, oggi, 1 maggio 2024, sono passato dalle parti dell’autodromo per una prece vicino alla curva del Tamburello, laddove si è fermata la corsa di quel grande pilota che è stato Ayrton. Credo che possa apprezzarlo anche ora, soprattutto ora. Perché era un uomo che non aveva paura di correre e nemmeno di credere (L.B.) 
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Siamo al 7° giro del Gp di San Marino dell’1 maggio 1994, circuito di Imola, ore 14:17. Ayrton Senna è in testa alla gara, imbocca la curva del Tamburello a 240 km/h quando il piantone del volante della sua Williams FW16 cede di schianto. L’impatto contro il muro, violentissimo, è inevitabile.

Angelo Orsi, fotografo, si precipitò sul luogo dell’incidente. Ma quelle foto non usciranno mai da un cassetto perché – disse – “non si riconosce Ayrton che veniva a casa mia a San Lazzaro e che io andavo a trovare in Brasile”. A bordo pista perse tre litri di sangue, la frattura del cranio (ben visibile al lato destro della fronte) lasciò subito poche speranze. Fu trasportato a Bologna in elicottero dove, alle 18:40, morì. Aveva 34 anni.

Per molti Ayrton Senna è stato uno dei più grandi piloti di Formula 1, se non il più grande. Aveva tutto per farsi voler bene e per scatenare la passione dei fans dei motori. Una classe innata che, fin dagli esordi del 1984 su Toleman-Hart, diede grandi risultati. Dopo la Toleman alcuni anni alla Lotus, su quella memorabile macchina nera che affascinava tutti. Poi fu la McLaren, dove vinse alla grande, infine, per un ultimo tragico anno, la Williams. Alla fine ha collezionato tre titoli mondiali, 41 Gp vinti e 65 pole position.

Personalmente ricordo quell’1 maggio 1994. Ero a casa di amici a vedere la corsa, sulla via Emilia, dalle parti di Castel S.Pietro, tra Imola e Bologna. Ricordo che uscimmo sul terrazzo e seguimmo con lo sguardo quell’elicottero bianco che andava in direzione Bologna, come per accompagnarlo in quell’ultimo viaggio. A Castel S.Pietro Senna era solito soggiornare quando il circus della F1 faceva tappa ad Imola; sulle rive del Sillaro dormiva alla suite 200 di un noto albergo della zona. Su quell’ultima notte il giornalista Giorgio Terruzzi ha fatto un libro che viene presentato proprio in questi giorni, dopo vent’anni da quel tragico 1 maggio.

Quella sera prima della corsa Senna era andato a mangiare al ristornate “La Romagnola” e poi aveva dormito alla suite 200. Probabilmente non fu una notte molto tranquilla perché quel GP pareva stregato.

Durante le prove libere del venerdì la Jordan di Rubens Barrichello prese il volo ribaltandosi più volte. Sabato, durante le qualifiche, il pilota austriaco Ratzenberger perse la vita schiantandosi con la sua Simtec a oltre 300 km/h. Senna rinunciò alle prove, ma la domenica scese in pista perché “correre è il mio mestiere”. E Ayrton non aveva paura di correre.

Ayrton era un brasiliano, un uomo carismatico che portava con sé la gioia e la saudade, timido e coraggioso al tempo stesso. Prima della partenza di quel tragico Gp il suo amico Celso Frattini però lo trovò particolarmente pensieroso. Chissà quali sentimenti attraversarono l’anima di Senna in quel sabato notte alla suite 200 sulle rive del Sillaro.

Una volta disse: “Le cose ti riportano alla realtà di quanto tu sia fragile; ad un certo momento tu stai facendo qualcosa che nessun altro è capace di fare. In quello stesso momento sei visto come il migliore, il più veloce, ma sei enormemente fragile. Perché in un piccolo secondo, è tutto finito.”

Questo senso del limite in qualche modo lo colmava con la fede in Dio. Mai nascosta, né ostentata. Per questo Alain Prost, l’eterno rivale, lo bollò in modo cinico: “Ayrton pensa di non poter morire perché crede in Dio”.

Senna riposa al cimitero di Morumby, nella zona ovest di San Paolo del Brasile, la sua tomba è la numero 11. Sulla lapide sta scritto: “Nulla mi può separare dall’amore di Dio”, a testimonianza di un uomo che non aveva paura di correre, ma nemmeno di credere.

In un certo senso Prost aveva ragione, Senna sapeva che con la vita non tutto finisce. Perché credeva in Gesù Cristo.

Tanta acqua è passata sotto i ponti dei fiumi Santerno e Sillaro in questi venti anni, e forse è questa la lezione più importante che ha lasciato Senna. Perché “in un piccolo secondo tutto è finito” e solo in Dio si può trovare il vero senso della vita. (La Voce di Romagna, 17/04/2014)

(Foto Ansa)


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