Si sono incontrati per la prima volta senza il loro maestro in vita, così ha avuto luogo l’annuale incontro tra gli allievi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, i Ratzinger Schülerkreis, sabato all’Istituto Patristico Augustiunianum a Roma. Il simposio è iniziato con una conferenza del cardinale Kurt Koch. Questi venne nominato direttamente da Papa Benedetto quale cardinale protettore del nuovo gruppo di studenti. Il cardinale, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, ha delineato i principi fondamentali del pensiero teologico di Ratzinger/Benedetto XVI.
Sono seguite quattro brevi conferenze che avevano lo scopo di introdurre e classificare i quattro temi teologici ratzingeriani: verità, bellezza, comunità e carisma della fede. La conclusione è stata un’intervista con l’ex segretario particolare di Benedetto XVI, l’arcivescovo Georg Gänswein, che è tornato a Roma da Friburgo, la sua diocesi di origine in cui è stato rimandato da papa Francesco all’inizio dell’estate. La messa domenicale è stata celebrata dal cardinale Koch nella chiesa di Campo Santo Teutonico, dove Joseph Ratzinger, in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, celebrava ogni giovedì la Santa Messa.
L’omelia integrale è stata pubblicata da CNA. Nel suo lavoro teologico e nella sua predicazione, papa Benedetto ha sempre posto l’accento «sul vangelo di Gesù Cristo e sulla sua esigenza di corrispondergli con la nostra vita», ha ricordato Koch. «Quando il Vangelo di Gesù Cristo venne al mondo, non aveva il suono un po’ carino e innocuo che ci piace sentire oggi, ad esempio quando parliamo della “Buona Novella”.Joseph Ratzinger ha sottolineato che la parola “vangelo” ai tempi di Gesù era una parola politica piuttosto elementare e faceva parte della “teologia politica” di quel tempo. A quel tempo tutti i decreti dell’imperatore venivano chiamati “vangeli”. indipendentemente dal loro contenuto e quindi anche nel peggiore dei casi, in cui non contenevano alcuna “buona notizia” per le persone colpite. “Vangelo” significava – tradotto semplicemente – “Messaggio Imperiale”».
Per questo, ha proseguito Koch, «la parola aveva “qualcosa di maestoso” e “niente di sentimentale a buon mercato”». Si trattava di una “buona notizia” non tanto per il suo contenuto, quanto per il fatto che veniva dall’imperatore, cioè colui che tieni «il mondo nelle sue mani». «In questo importante senso, il messaggio di Gesù Cristo è anche “vangelo”, non perché questo messaggio ci piacerebbe subito o perché ci farebbe comodo e risulti godibile, ma perché viene da Colui che non si arroga più come l’imperatore, ma di Essere Dio e quindi annunciare i suoi messaggi come vangeli».
È il Figlio di Dio «e quindi la parola viva di Dio stesso e quindi ha la chiave della verità nel suo vangelo. Anche se questa verità del vangelo non sempre sembra conveniente a noi cristiani – e infatti non lo è – è pur sempre solo la sua verità che ci salva, perché nel vangelo risuona il messaggio regale della vita eterna». Ma il Vangelo, ha detto Koch, è anche certamente «gioia». E «tale gioia è talmente caratteristica della fede cristiana che può essere formulata come criterio per il discernimento degli spiriti oggi tanto necessario: laddove prevalgono tristezza e agitazione depressa – anche e soprattutto nella Chiesa – lo spirito di Gesù Cristo è certo non al lavoro. Qui è piuttosto all’opera lo spirito dei tempi, che a volte è diventato così triste» (Foto: Imagoeconomica)
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