Il cardinale svizzero Kurt Koch, nominato nel 2010 da Benedetto XVI presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e vescovo di Basilea nel 1995 da Giovanni Paolo II, è anche relatore degli incontri con gli ex allievi di Ratzinger (Ratzinger Schülerkreis) che si svolgono a Castel Gandolfo, e membro della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 2010. In veste di responsabile delle relazioni di Roma con le altre confessioni cristiane, ha rilasciato un’intervista al Tagespost, nella quale fa luce sui progressi compiuti nel dialogo interconfessionale, ma individua anche nuovi oneri.
Parlando della guerra in Ucraina, ha dichiarato: «La tragedia particolare è che i cristiani stanno facendo la guerra contro i cristiani, e anche i cristiani ortodossi si stanno uccidendo a vicenda. Questo è il triste contrario dell’ecumenismo dei martiri». La persecuzione dei cristiani è un elemento che unisce ma «quando i cristiani fanno la guerra ai cristiani», ha detto Koch, «questo è un messaggio estremamente negativo per tutta la cristianità».
Il porporato ritiene che i negoziati tra Russia e Ucraina siano necessari «se il loro obiettivo è una pace giusta», ma non è sufficiente, sottolinea il cardinale, «condurre negoziati solo per trovare la pace nel senso di far tacere le armi. Poiché entrambe le parti hanno idee diverse sulla pace, bisogna dire chiaramente che i negoziati devono riguardare una pace giusta in Ucraina».
Passando poi al campo dottrinale, in particolare sulla questione del rifiuto della dichiarazione Fiducia Supplicans sulla benedizione delle coppie omosessuali da parte delle comunità ecclesiali orientali, Koch spera in parole chiarificatrici da parte del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Nell’ultima riunione plenaria del gruppo di dialogo con i cristiani ortodossi orientali, egli aveva chiesto una risposta al cardinale Victor Fernández invitandolo anche a un incontro con la Commissione. «Tuttavia, ciò non gli è stato possibile, poiché nello stesso momento si stava svolgendo la riunione plenaria del suo dicastero. Ha quindi inviato una risposta scritta», continua Koch, «ma gli ortodossi l’hanno giudicata insufficiente. Ho quindi chiesto nuovamente al Cardinale di rispondere alle domande aperte».
Quando si tocca il tema dell’ordinazione delle donne il Cardinale intravede disaccordi nella Chiesa cattolica simili a quelli della comunità anglicana: «Anche nella Chiesa cattolica ci sono idee e richieste eterogenee a questo proposito. Ci sono non pochi vescovi in Germania, Svizzera e altri Paesi che sono decisamente a favore dell’ordinazione femminile e fanno dipendere da essa la futura vitalità della Chiesa cattolica». A suo parere, è importante che tutte le Chiese cristiane, soprattutto in vista dell’Anno Santo 2025 – che sottolinea essere anche il 1.700° anniversario del Credo di Nicea – confessino la fede in Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, come testimoniato a quel tempo, in comunione ecumenica. «L’unità si trova solo nella fede, e quindi non dobbiamo solo riscoprire l’unità tra le Chiese di oggi, ma anche con la Chiesa del passato e soprattutto con le sue origini apostoliche».
Con un collegamento ponderato e sapiente Koch ribadisce che quanto appena affermato è così importante «perché l’eresia ariana, che era diffusa all’epoca e affermava che Gesù non poteva essere il Figlio di Dio, ma solo un essere intermedio tra Dio e l’uomo, non è semplicemente una cosa del passato, ma è diffusa anche oggi». Egli fa riferimento in particolare ai Paesi di lingua tedesca, dove questa sfida esiste ancora oggi: «Ancora oggi, molti cristiani si lasciano toccare da tutte le dimensioni umane di Gesù di Nazareth, mentre la fede cristiana in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e quindi la fede della Chiesa in Cristo, è per loro più un problema».
Forse per questo non è un caso, aggiunge il Cardinale, «che papa Benedetto XVI abbia ripetutamente sottolineato che nella situazione odierna, dietro la tanto usata affermazione “Gesù sì – Chiesa no”, c’è un’affermazione ancora più profonda: “Gesù sì – Figlio di Dio no”» . L’augurio finale che fa nell’intervista è pregno della speranza cristiana: «L’Anno Santo è un’occasione importante per rassicurarci sulla nostra fede cristologica nella comunione ecumenica». (Fonte foto: Imagoeconomica)
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