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Cattolici e politica: «Non basta più il richiamo a un’etica fondamentale»
NEWS 12 Settembre 2022    di Domenico Menorello

Cattolici e politica: «Non basta più il richiamo a un’etica fondamentale»

Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo di seguito uno stralcio dell’intervento che l’avvocato Domenico Menorello, coordinatore Pubblica Agenda “Sui tetti”, ha tenuto il 9 settembre scorso in occasione di un incontro promosso a Palermo. Ricordiamo che la Pubblica Agenda “Sui tetti” è una piattaforma che raccoglie circa 90 associazioni del laicato cattolico che si pone l’obiettivo di proporre un’agenda pubblica di ispirazione cattolica alla politica. In questa fase della vita politica italiana è quanto mai necessario per i laici cattolici approfondire la riflessione sul loro ruolo e la loro partecipazione. (L.B.)

Oggi viviamo quello che Papa Francesco, in un discorso del 2015, ha definito come «cambio d’epoca». Questo cambio d’epoca è connotato dalla scomparsa di “certezze” valoriali nel sentimento sociale comune. Pertanto, la “scorciatoia” di riferirsi a un’“etica fondamentale” è divenuta impraticabile, semplicemente perché non esiste più alcuna etica condivisa, cosicché l’invito di don Luigi Giussani a lasciarsi interrogare dall’ontologia diventa – grazie a Dio – ineludibile. […]

Il nuovo panorama legislativo, giuridico e, dunque, a monte, politico del “cambio d’epoca” propone alla nostra coscienza una scelta molto più netta e chiara che in passato. «La parola coscienza sulla bocca del cristiano – scriveva ancora don Giussani – è totalmente l’opposto di quella sulla bocca dell’uomo moderno. Sulla bocca dell’uomo moderno la parola coscienza significa il luogo dove uno genera i suoi pareri, i suoi pensieri, e ha il diritto di affermare quel che pensa e sente, perché intende sé come la sorgente di tutto: la coscienza è concepita come la sorgente dei criteri e dei pareri. Per l’uomo cristiano, invece, la coscienza è il “luogo di sé dove uno cerca e ascolta la verità di un Altro». (Luigi Giussani, La convenienza umana delle fede, … citata in J. Carron, Il brillìo degli occhi che ci strappa dal nulla”, ed. Tracce, 2020)

Dunque, soprattutto di fronte all’incalzare di condizionamenti sull’idea stessa dell’umano ci è chiestoun lavoro su di sé che ci renda coscienti che concepire l’io come il tutto della vita – perché questo è il problema dell’individualismo: concepire l’io come il dio, l’idolo della propria vita -, non è una posizione che porta alla felicità”. (Mauro Giuseppe Lepori, Cristo, vita della vita – Esercizi della fraternità di Comunione e liberazione, Editrice Nuovo Mondo, 2022, pag. 50).

Ecco il punto.

Sappiamo paragonare ciò che propone il “cambio d’epoca” con il supremo criterio di giudizio che ogni persona ha in sé, cioè la domanda di verità, bellezza e significato che è inestirpabile nel cuore di ogni uomo?

Partire da questo livello dell’ontologia di ogni essere umano è ciò che accende un dialogo e un confronto con tutti.

C’è insomma un nuovo lavoro ragionevole, una condivisione che possiamo proporre a tutti. Perché – come ci ricorda uno dei massimi pensatori liberali italiani, Dario Antiseri – in realtà “l’uomo non è un costruttore di senso, bensì un mendicante di senso” (Dario Antiseri, Perché l’uomo continua a credere, Morcelliana, 2020).

Dobbiamo, cioè, innanzitutto saper ascoltare ciò di cui ogni uomo e ogni tempo al fondo sempre consiste, seguendo l’intuizione folgorante propostaci dal Cardinal Zuppi, che ci ha fatto accorgere solo qualche giorno fa che “il deserto in quanto tale esprime la sete, il bisogno e la ricerca dell’acqua”. (S.E Matteo Zuppi, Intervista all’Osservatore romano del 3/9/2022).

Allora, se ci lasciamo interrogare dal cambio d’epoca, se sappiamo decodificare la direzione antropologica verso cui si vuole spingere il popolo italiano addirittura con le leve della legge e del diritto, possiamo avere coscienza e far presente a tutti, (“sui tetti”!) ciò che indica lo stesso Presidente dei Vescovi, cioè che “Prevale oggi un concetto di benessere che alla resa dei conti non sembra fornire una felicità duratura, piuttosto un effetto narcotizzante. E lo stesso può dirsi per la costante sospinta all’esaltazione dell’ “io”, che è funzionale ai consumi e non alla buona vita e che, soprattutto, “non dà soddisfazione definitiva e infatti l’infelicità è oggi quanto mai diffusa” (Ibidem).

Pertanto, lo stesso Card. Zuppi ritiene che “Dobbiamo con coraggio comprendere l’antropologia, i cambiamenti già intervenuti”, per “costruire il profilo attuale del cristiano che è quello di sempre, ma che deve parlare all’uomo di oggi” (Ibidem): e aprire il dialogo sulla sfida antropologica in atto non può che appassionare la ragione di tutti.

Come laici, pertanto, abbiamo il compito di avere consapevolezza del “cambio d’epoca” in cui siamo immersi, indicando pubblicamente, assieme e “sui tetti”, che l’utilizzo delle leggi e del diritto per affermare l’antropologia individualista e dello scarto inciderà nello spostare ulteriormente la mentalità di ognuno di noi in una direzione opposta rispetto all’ascolto delle domande di cui è maggiormente intriso il nostro cuore, domande di significato e verità che ci portano a cercare fuori di noi, interessati a ciò che il reale e le relazioni ci possono comunicare e far incontrare. E per questo l’Altro da me è la dimensione più umana e ragionevole perché incontra la tensione del cuore.

Al tempo stesso, proprio accorgendoci di quanto non corrispondano alle attese di ognuno l’esito nichilistico e lo “scarto” cui approda il neo-individualismo, sobbalziamo e ci stupiamo – come forse non poteva più accadere nella “precedente epoca” – per la bellezza umana di uno sguardo sull’uomo raccontataci il 9 marzo dal Cardinale Parolin in occasione del convegno dell’Agenda “sui tetti”. Si tratta di quello sguardo commovente di Chi ci viene a dire che anche “i capelli del capo sono contati” (Lc 12,1-7), di Chi crede che anche le crepe che accadono nella vita possono avere speranza e senso perché lasciano trasparire in modo privilegiato la “luce” che la ragione e il cuore attendono, come testimonia, ad esempio, il mirabile libro di Gemma Calabresi La crepa e la luce (Mondadori 2022).

Allora questa “epoca cambiata” appare paradossalmente un tempo privilegiato, perché ci provoca a “difendere la ragione” proprio “per esser cattolici”, come profetizzava il card. Newman all’unisono con la speranza espressa dalle parole inizialmente citate di don Giussani, che ci chiedeva di saper “offrire ragioni adeguate per seguire la Chiesa”. […]


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