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Cosa spingeva un tempo tanti giovani a farsi missionari a costo della vita? Lo dice il beato Manna
NEWS 22 Settembre 2016    

Cosa spingeva un tempo tanti giovani a farsi missionari a costo della vita? Lo dice il beato Manna

da Cordialiter

 

Brano tratto da Operarii autem pauci! – Riflessioni sulla vocazione alle Missioni Estere scritto dal beato padre Paolo Manna (1872-1952), missionario del PIME in Birmania, pubblicato nel 1909.

«Lo spettacolo si fa ancora più desolante se ci proviamo a spingere lo sguardo in queste profonde tenebre, per scorgervi qualche cosa dello stato di abbandono, di abbrutimento e di infelicità, nel quale giace questa massa immensa di povere anime.

In luogo del vero Dio chi si adora?

Milioni e milioni di uomini si prostrano ogni giorno ad adorare gli idoli più fantastici e mostruosi.

I loro sacerdoti sono degni rappresentanti di tali dei. Ce ne fa descrizione lo Spirito Santo per bocca di S. Paolo: “Ripieni di ingiustizia, malvagità, avidità, malizia, pieni di invidia, di omicidio, di contesa, di inganno, superbi, millantatori, inventori di cattive azioni”. (Romani I, 29-30).

Che dire poi dello stato di avvilimento nel quale tutte quelle immense popolazioni giacciono? “Il culto degli idoli nefandi è causa, principio e fine di ogni male” (Sapienza XIV, 22-29).

Contemplando tali e tante miserie nelle terre degli infedeli, il cuore del Missionario si accende di zelo e di pietà; prova quanto provò S. Paolo ad Atene che “sentivasi dentro nell' anima amareggiato nel vedere la città piena di idoli” (Atti, XVII, 16).

Il cuore del divino Redentore si commosse “nel vedere quelle turbe, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: la messe è veramente molta ma gli operai sono pochi” (Matt. IX, 36-37).

Oh se si riflettesse dai Sacerdoti in quale stato giace tanta gran parte del genere umano; se si avessero presenti gli orrori e le abominazioni dell'idolatria, delle superstizioni più avvilenti.

Se si pensasse un po' più a quanto solennemente dice l'Apostolo: “È stato rivelato che i gentili sono coeredi, concorporali e conpartecipi della promessa fatta da Gesù Cristo nel suo Vangelo” (Efesini III,5), forse molti di più si muoverebbero in loro soccorso, molte anime di più sarebbero rigenerate e salvate, e molti mali sarebbero alleviati

Una delle principali ragioni perché non molti si consacrano all'Apostolato è la poca riflessione che si fa, dal clero dei paesi cattolici al compassionevole stato di quelle nazioni, che non hanno ricevuto la verità della Santa Religione. Molti dei sacerdoti, nati ed educati nell'unità della Fede, non si trovano in tali circostanze da sentire al vivo quel crepacuore che cagiona la vista della strage spirituale fatta dalle tenebre dell'ignoranza e dalle numerose eresie.

Oh se sapessero il dono di Dio a loro accordato, d'essere nati nell'abbondanza delle ricchezze spirituali, di sedersi giornalmente alla Mensa Eucaristica, di frequentare quando loro piace la casa del Signore, d'aver sempre pronti i divini rimedi per guarire le infermità dell'anima, di godere a loro grado dei misteri tutti della bontà e grandezza del Salvatore, allora sì che molti si sentirebbero accendere in cuore uno zelo più efficace, e, non contenti di semplicemente compatire da lontano la miseria altrui, metterebbero mano all'opera, memori di quel comando di Cristo. “Andate, istruite tutte le genti”».