Il 16 luglio dello scorso anno Thomas Peters si trovava per un incontro di lavoro in Maryland. A 27 anni era uno dei blogger cattolici più popolari negli Stati Uniti, grazie al suo seguitissimo “American Papist”. Era stato invitato in Vaticano all’incontro internazionale dei blogger cattolici, e si avviava a diventare uno giovane e brillante vaticanista. L’amore per la Chiesa e il gusto per l’apologetica l’aveva acquisito in famiglia: figlio di Edward N. Peters, illustre canonista, consulente legale della Santa Sede, convertitosi al cattolicesimo dopo la lettura della Humanae Vitae di Paolo VI, era cresciuto in un ambiente intellettualmente stimolante e segnato da un cattolicesimo fervoroso. La sua ascesa come voce “smart” della blogosfera era dovuta al dinamismo e all’impegno profuso nell’informazione ecclesiale e nelle battaglie in difesa del cattolicesimo. Era diventato anche un attivista del movimento in difesa della matrimonio e della famiglia naturale, contro la promozione dei matrimoni gay da parte dell’amministrazione Obama.
Quel 16 luglio, poco prima di pranzo, la sua vita è però cambiata. Ha salutato gli amici per andare a fare una nuotata in mare. Dopo un po’ è stato visto galleggiare a corpo morto fra le onde. Probabilmente a causa di un tragico tuffo, si è spezzato la quinta vertebra cervicale. E’ stato salvato in extremis: portato a riva e poi ricoverato alla clinica dell’Università del Maryland per salvargli innanzitutto i polmoni pieni d’acqua e permettergli di tornare a respirare.
Tom sé ritrovato paralizzato, in gran parte del corpo,dal torace in giù. Dopo una lunga e intensa riabilitazione, con cure mediche costosissime, è riuscito a recuperare parte della mobilità delle braccia e della mani, ma è rimasto su una sedie a rotelle, segnata per sempre.
Il Catholic Herald l’ha intervistato a più di un anno da quel 16 luglio che ha commosso migliaia di suoi lettori ed estimatori. Tom parla di come la sua vita si è trasformata, di come l’accaduto l’ha proiettato fuori dalla giovinezza e l’ha reso duramente uomo. E di come la sua fede lo ha salvato, ma una fede provata dal fuoco. Perché, aggiungiamo noi, è bello, spesso fin troppo bello, battersi e spendersi su internet, o nel mondo dell’informazione in generale per la verità cattolica: il dover abbracciare una croce reale, con il suo legno pesantissimo e i suoi chiodi, è qualcosa che fa entrare un’altra dimensione, della vita e della fede.
Lo stesso dicasi per il matrimonio. Dopo averlo difeso con passione e generosità, Tom si è sposato nell’aprile del 2013. La sua vita coniugale “normale” è durata appena tre mesi. Da quel momento lui e la sua giovanissima moglie Natalie sono stati chiamati alla testimonianza più grande sull’unione sponsale: vivere sulla propria pelle e dimostrare come l’amore coniugale reso da Cristo un sacramento è tale per cui nessuna prova, nemmeno la malattia più grave e invalidante, lo può intaccare e tantomeno sciogliere.
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