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Dalla pre-morte alla vita (sacerdotale). La storia del “viaggio” di Vincent Lafarge
NEWS 27 Agosto 2021    di Manuela Antonacci

Dalla pre-morte alla vita (sacerdotale). La storia del “viaggio” di Vincent Lafarge

Dalla morte non si ritorna, di sicuro, ma dalle esperienze pre-morte, in molti casi sì e, spesso, totalmente cambiati. Quella della Near Death Experience (NDE) non è nemmeno un fenomeno eccezionale, se si pensa, ad esempio, che ben il 4,2% della popolazione degli Stati Uniti ha sostenuto di aver vissuto simile esperienza.

Un fenomeno che inizialmente, come prevedibile, la scienza aveva preso sotto gamba, ma con cui è stata, poi, costretta a confrontarsi, in seguito all’aumento delle segnalazioni e, soprattutto, dopo aver individuato un vero e proprio filo rosso, tra le esperienze vissute dalle persone appartenenti alle culture e ai credi religiosi più diversi, che fanno, perciò, pensare ad un “viaggio” con delle caratteristiche oggettive, non legate alle caratteristiche dei “viaggiatori”.

LA STORIA DI VINCENT

Cosa significa tornare dalla “pre-morte”, l’ha spiegato anche, in una lunga, incredibile, intervista per National Catholic Register, Vincent Lafarge, sacerdote svizzero, che 21 anni fa, dopo un grave incidente in moto, ha vissuto qualcosa che ha cambiato radicalmente la sua vita, al punto da festeggiare quel significativo 14 novembre, ogni anno, come sua “seconda nascita”.

All’epoca dei fatti, Lafarge, aveva appena 25 anni e faceva tre lavori contemporaneamente: era attore la sera, conduttore radiofonico la mattina e insegnante di francese durante il giorno. Come lui stesso afferma: “Pensavo di essere immortale. Facevo tutto molto velocemente, come mi ha fatto notare una volta uno dei miei studenti, notando un tic verbale che avevo, ovvero dicevo sempre la parola “velocemente”. “Faremo un esercizio velocemente.” “Passiamo rapidamente a un altro argomento.” “Ti insegnerò qualcosa in fretta.” L’ho capito grazie a questo studente!”

Stava pensando proprio a questo, la notte dell’incidente, mentre era sulla sua moto e riconoscendo in cuor suo, di dover mettere un freno alla sua vita, ma di non poterci riuscire da solo, aveva lanciato una sorta di sfida a Dio, iniziando a parlare con Lui nel suo cuore, in un modo, non poco audace: “So che sto andando troppo veloce e che questo tic dice qualcosa sulla mia vita. Sto facendo troppo e vorrei poter frenare, ma non so come farlo, soprattutto perché amo tutto ciò che faccio. Se sei così intelligente, se esisti davvero, perché non provi a fermarmi?”

Ma la cosa più incredibile è che a quella sfida aperta era seguita un’immediata risposta. Come racconta, lo stesso Lafarge, una voce piuttosto dolce, all’improvviso, cominciò a coprire la musica che stava ascoltando ad alto volume in cuffia, chiedendogli due volte: “Sei davvero consapevole di quello che mi stai chiedendo?” E lui si ritrovò a rispondere per due volte di sì, senza sapere bene cosa stesse facendo. Immediatamente dopo, il semaforo era diventato verde e nel ripartire, un’illusione ottica, presente in quel punto della strada, non gli aveva permesso di vedere l’auto che stava per venirgli incontro. Era seguito uno scontro terribile.

Ricoverato per emorragia interna, seguita da un arresto cardiaco, dichiarato in condizioni gravissime, il suo cuore si è fermato proprio alle porte della sala operatoria. È stato a quel punto che Lafarge si è sentito immediatamente spinto fuori dal proprio corpo, verso una luce potente, in cui si avvertiva circondato dall’amore assoluto di Dio: “Ho fluttuato verso questa luce per alcuni istanti. […]. Per me, questa luce era abitata, non da una persona visibile, ma da una presenza evidente, che era l’Amore, l’Amore incondizionato. E per me, come imparerò in seguito, l’amore è una Persona: Dio. Questo è quello che ho sentito molto profondamente.”

Un’esperienza che, potrà far sorridere gli scettici (anche se molti di questi fenomeni hanno interessato anche atei dichiarati che, in seguito, hanno dovuto tornare sui propri passi, arrivando a riabbracciare la fede) ma che ha cambiato radicalmente l’approccio del nostro protagonista, alla vita e il suo senso dell’esistenza, al punto da portarlo ad abbracciare la vocazione sacerdotale due anni dopo.

Tuttavia, i risvolti inspiegabili della vicenda non finiscono qui, qui perché a salvargli la pelle “in extremis”, quella notte, come sottolinea, lui stesso, ancora incredulo, sarebbe stato un medico che aveva appena terminato la sua giornata di lavoro e si era fermato alla macchinetta del caffè accanto a lui, chiedendogli cosa gli fosse successo, mentre visionava le sue radiografie. Dopo essersi accorto che il paziente stava per morire dissanguato, l’aveva fatto condurre, immediatamente, in sala operatoria. Fin qui, niente di strano, se non fosse che, nel parlare, qualche mese dopo, con il dottore che l’aveva operato, Lafarge gli avrebbe descritto una serie di dettagli che aveva visto mentre era in sala operatoria, tra cui il medico che gli aveva salvato la vita e che era accanto al suo letto. Un racconto che aveva lasciato il chirurgo senza parole, non solo perché corrispondente alla realtà, ma che, soprattutto, non poteva essere stato impresso nella memoria di un uomo, il cui cuore, in quel momento, aveva smesso di battere. Per non parlare, poi, del medico- salvatore, descritto da Lafarge, che il chirurgo sosteneva di non aver mai visto in vita sua.

Ma tutto ciò era stato appena l’incipit del suo “secondo viaggio”, segnato per sempre dalla volontà di cambiare vita e da una visione positiva della morte, al punto che Lafarge, dai suoi tre lavori, è passato direttamente al sacerdozio, in una cappellania ospedaliera. Un passaggio non immediato però e iniziato con una singolare “provocazione”, come racconta lui stesso, lanciato da un Dalai Lama in Svizzera, che, durante la sua visita, avrebbe invitato la popolazione locale a non convertirsi al buddismo, ma a riscoprire la bellezza della propria religione. Proprio questo, lo avrebbe spinto ad approfondire in maniera più seria la sua fede cattolica, vissuta, fino a quel momento con sciatteria e superficialità.

Un altro episodio significativo per la sua “inversione di rotta”, sarebbe avvenuto, tramite lo stesso canale che, da sempre, lui stesso aveva usato: un programma radiofonico. Mentre si recava a scuola, una mattina, lo speaker di un programma mai sentito prima, aveva cominciato a parlare di tutto ciò che più amava – poesia, arte, film – in un modo che gli aveva toccato il cuore. Il programma radiofonico era durato tre giorni e grande fu il suo stupore quando, alla fine, apprese che, colui che parlava era un prete e per di più con un approccio alla vita e alla cultura, da cui si sentiva fortemente attratto, al punto da spingerlo a mettersi direttamente in contatto con lui: “Senza nemmeno pensarci gli ho detto che l’avevo sentito alla radio e che mi sentivo chiamato alla sua stessa vocazione. Sono stato il primo sorpreso da quello che ho detto”.

Lafarge chiosa l’intervista auspicando che la Chiesa focalizzi maggiormente la sua attenzione su esperienze simili, perché molti fedeli ne sono toccati e assetati. La forza dirompente di certe esperienze, inoltre, aggiungiamo noi, non può essere sottovalutata, se si pensa agli oggettivi stravolgimenti di vita che producono e proprio tra le persone più diffidenti. Di esempi se ne potrebbero citare a iosa, ma non si può non pensare, uno fra tutti, al neurochirurgo Eben Alexander che, da rigido materialista (la coscienza è il prodotto del cervello) dopo aver vissuto una NDE cambiò totalmente le sue convinzioni, al punto da scrivere il libro: “Il paradiso esiste, ci sono stato”.

Meno razionalità e più spazio alla vita eterna, dunque, si augura Lafarge, perché di questo si tratta.


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