«Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario». Che George Orwell, con il suo La fattoria degli animali, sia stato profetico, è chiaro ormai a chiunque sappia guardare la realtà. Certo continua a sorprendere come l’asticella si abbassi sempre di più, fino a far diventare rivoluzionario anche il ribadire la dottrina da parte di un sacerdote.
Questa volta la verità corre su Twitter, a cinguettare è lo statunitense Thomas Tobin, vescovo di Providence, capitale dello Stato del Rhode Island. All’alba del mese di giugno, considerato dalla comunità Lgbt come il mese del cosiddetto «orgoglio omosessuale», in cui si moltiplicano parate, manifestazioni e marce, Tobin, fedele alla sua missione di successore degli apostoli, ha scritto così: «Un promemoria sul fatto che i cattolici non dovrebbero sostenere o partecipare agli eventi LGBTQ “Pride Month” che si terranno a giugno. Promuovono una cultura e incoraggiano attività contrarie alla fede e alla morale cattolica. Sono particolarmente dannosi per i bambini».
A reminder that Catholics should not support or attend LGBTQ “Pride Month” events held in June. They promote a culture and encourage activities that are contrary to Catholic faith and morals. They are especially harmful for children.
— Bishop Thomas Tobin (@ThomasJTobin1) June 1, 2019
Apriti cielo, in pochissime ore il post è stato ritwittato oltre 6.000 volte, ha ricevuto più di 24.000 “mi piace” e oltre 80.000 commenti. Numeri da record, e nei record sicuramente figura anche l’altissimo numero di insulti, ingiurie, minacce e offese al vescovo. Leggerli in fila è impressionante. Neanche a dirlo l’accusa è stata quella di «omofobia», dove per omofobia si intende qualunque opinione espressa pubblicamente sul tema dell’omosessualità non allineata al Pensiero unico.
Un copione già visto, che vede l’audace malcapitato immediatamente preso di mira, crivellato da un fuoco di fila, per zittirlo e rieducarlo. Ovviamente il tutto ad opera dei sedicenti democratici, i “tolleranti”, i “maestri del dialogo”. In meno di 24 ore sul sito della diocesi di Providence è apparso un comunicato stampa degno del miglior regime: «Mi dispiace che i miei commenti di ieri sul “Pride Month” si siano rivelati così controversi all’interno della nostra comunità e offensivi per alcuni, specialmente per la comunità gay. Certamente non era mia intenzione, ma capisco che un buon numero di persone si sono offese. Riconosco e apprezzo anche il diffuso sostegno che ho ricevuto in merito. La Chiesa cattolica ha rispetto e amore per i membri della comunità gay, e così anch’io. Le persone con attrazione per lo stesso sesso sono amati figli di Dio e nostri fratelli e sorelle. Come vescovo cattolico, tuttavia, il mio obbligo davanti a Dio è di guidare i fedeli alla nostra cura e fede, in modo chiaro e compassionevole, anche su questioni molto difficili e delicate. Questo è quello che ho sempre cercato di fare – su una varietà di questioni – e continuerò a farlo quando sorgono problemi contemporanei. Dal momento che la comunità gay si riunisce per una manifestazione questa sera, io mi auguro che l’evento si riveli un’esperienza sicura, positiva e produttiva per tutti. Mentre si riuniscono pregherò per una comprensione e un rispetto reciproci nella nostra comunità così varia».
Il comunicato però non cancella la verità di quel tweet. E se il promemoria di Tobin non è stato gradito forse anche da alcuni pastori, si può sempre rispolverare il documento della Congregazione per la dottrina della fede firmato da Joseph Ratzinger nel 1986: «Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l’apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti […] Il Signore Gesù ha detto: “Voi conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). La Scrittura ci comanda di fare la verità nella carità (cfr. Ef 4, 15)».
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