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Dieci anni dopo l’omicidio di Shahbaz Bhatti: «So che significa croce e voglio seguirla»
NEWS 3 Marzo 2021    di Redazione

Dieci anni dopo l’omicidio di Shahbaz Bhatti: «So che significa croce e voglio seguirla»

Nel decimo anniversario dell’assassinio di Shahbaz Bhatti, un funzionario del governo pakistano noto per la sua difesa delle minoranze religiose, una solenne Eucarestia è stata celebrata nel villaggio natio Khushpur, nella provincia del Punjab, dove Shahbaz Bhatti è anche sepolto. Bhatti, cattolico solitario nel governo pakistano, è stato assassinato nella sua auto il 2 marzo 2011, dopo aver lasciato la casa di sua madre, da un membro del movimento talebano pakistano, sia per il suo essere cattolico che per il suo interessamento alla causa di Asia Bibi, contadina cattolica inizialmente condannata a morte per il reato di blasfemia.

Secondo Don Emmanuel Parvez, parroco a Faisalabad, cugino e padre spirituale di Bhatti, che ha presieduto la Messa commemorativa, «la figura di Bhatti è preziosa fonte di ispirazione per i giovani del Pakistan; la sua onestà, la sua passione, la sua forza morale, la sua fede nutrita di carità e speranza, sono un patrimonio che sta a noi non disperdere e far fruttificare nell’odierna cornice sociale, politica e religiosa della nazione». Bhatti intendeva unire giovani cristiani, musulmani e delle altre minoranze religiose, «sviluppando in tutti la consapevolezza e l’orgoglio di essere cittadini del Pakistan, auspicando che tutti dessero il meglio di sè per lo sviluppo e il progresso del Pakistan».

Il massimo leader cattolico del Paese, il cardinale Joseph Coutts, ha elogiato Shahbaz Bhatti come un paladino dei diritti umani e delle minoranze in un video che è stato registrato come parte di un evento commemorativo virtuale organizzato dal Religious Freedom Institute. «Eravamo così fiduciosi che si sarebbe ottenuto qualcosa di più. Eppure viviamo in una società – non è solo il governo, è anche la società, è la cultura – in cui si è moltiplicato e c’è ancora molto estremismo, ma il ricordo di Shahbaz ci dà speranza di andare avanti, perché ci sono problemi ovunque e non possiamo tacere», ha detto Coutts. Uno degli obiettivi principali di Bhatti, ha ribadito Coutts, era quello di garantire che tutte le minoranze religiose nel Paese «fossero riconosciute come cittadini pakistani uguali ed equi. Questo è ciò per cui stava lavorando» È stato a causa della sua difesa in questo senso e delle sue critiche espresse sempre ad alta voce alle famigerate leggi anti-blasfemia del Pakistan che Bhatti è stato ucciso, ha detto Coutts, ricordando che queste leggi sono «utilizzate in modo improprio anche ora».

Sebbene al momento la proclamazione del suo martirio non sembri vicina, chi lo ha conosciuto è convinto che la morte di Bhatti sia stata il tocco finale di una vita dedicata alla difesa dei cristiani e delle altre minoranze. Suo fratello Paul lo ricorda che si alzava prima dell’alba per acquisire forza nella preghiera. «Credo in Gesù Cristo che ha sacrificato la sua vita per noi; So che questo significa la croce e voglio seguire questa croce», ha affermato in un video-testamento. Per questo motivo, continua il fratello, sebbene «i nostri genitori non facessero altro che spingerlo a sposarsi e condurre una vita normale, un giorno ha confessato “che non poteva mettere su famiglia e che era sempre in pericolo, o che difficilmente poteva pensare ad una moglie a causa dei suoi continui spostamenti”».

La causa di beatificazione al momento risulta ferma, il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, Rufin Anthony, che ha dato una forte spinta nel 2016, è morto improvvisamente nello stesso anno. E il suo successore, Joseph Arshad, non sembra molto interessato a proseguire. Tra le 2.000 testimonianze raccolte dal fratello Paolo per la sua causa ci sono, insieme a politici internazionali e personalità della Chiesa, pakistani indù e musulmani. «Non credo che la sua beatificazione possa essere un problema».


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