I risultati trapelati sull’Ansa riguardo all’audit effettuato dal team del Ministero della salute al Centro per la disforia di genere dell’ospedale Careggi di Firenze per verificare «percorsi relativi al trattamento dei bambini con disforia di genere e all’uso del farmaco triprorelina» rivelano che non in tutti i casi sarebbe stato effettuato il percorso preliminare indicato di psicoterapia prima della somministrazione del farmaco triptorelina.
Ricordiamo che a monte dell’ispezione c’è stata un’interrogazione parlamentare presentata dal capogruppo di Forza Italia, Gasparri, che chiese di «tutelare i bambini e le famiglie» da terapie assegnate «con leggerezza», mettendo in dubbio che al Centro del Careggi la triptorelina venisse usata rispettando le procedure richieste dell’Aifa, ovvero fornendo ai bambini e alle bambine un supporto psicologico adeguato. I dati ci dicono che al Centro del Careggi la triptorelina nel 2023 è stata somministrata 26 volte in adolescenti di età media di 15 anni, con il più giovane di 11.
La determina Aifa pone limiti ben precisi all’utilizzo di tale medicinale sui bambini disforici, consentendolo esclusivamente nei casi previsti dall’art. 2: «Per l’impiego in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una equipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva». A dimostrare se il Careggi abbia fornito un’adeguata e approfondita «assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica» ai bambini prima di introdurli al percorso ormonale saranno le cartelle cliniche. Dovrebbero infatti riportare chiaramente quanti pazienti abbiano intrapreso il percorso psicologico, per quanto tempo e quali siano stati i risultati che abbiano portato all’individuazione del caso limite a cui somministrare il farmaco.
Puntuale La Stampa riporta le dichiarazioni contenute nella nota congiunta da 12 società scientifiche (Acp, Ait, Ame, Onig, Siams, Sid, Sie, Siedp, Sigis, Sima, Sinpia – sezione di psichiatria – e Sipps): «Il trattamento a base di triptorelina è di natura assolutamente transitoria e largamente reversibile. […] La triptorelina, un bloccante transitorio e reversibile della pubertà, è un farmaco salva-vita nei giovanissimi transgender e gender diverse, prescritto solo dopo attenta valutazione multiprofessionale».
D’altra parte però più di ottanta femministe, lesbiche e trans si sono schierate contro il farmaco che blocca la pubertà nel bambino affetto da disforia di genere,appellandosi direttamente al ministro Schillaci con una lettera: «Come femministe e persone lgbt osserviamo che le attuali polemiche sull’operato dell’ospedale Careggi di Firenze dove si somministrano i bloccanti della pubertà anche a minori di undici anni che si affacciano all’adolescenza e non hanno esperienza della sessualità, né piena consapevolezza della distinzione tra fantasia e realtà, propongono con forza la necessità di aprire un serio dibattito su queste pratiche mediche, i cui effetti nocivi sulla salute a medio e lungo termine sono per ora sconosciuti».
Anche il Corriere della Sera di oggi riporta la notizia con il commento di Annamaria Bernardini, l’avvocato che ha presentato un esposto al ministro sul Careggi: «Anche un solo caso sarebbe gravissimo, non seguendo il protocollo dell’Aifa». Anche la giornalista Monica Ricci Sargentini, con toni ben più forti, commenta i primi dati sui suoi social: «Ma che in mondo viviamo? Come si fa a dare i bloccanti della pubertà senza nemmeno capire cosa passa nella testa di una bambina/bambino? Poniamo fine a questa follia ora, per rispetto ai nostri figli e ai loro corpi che non sono mai sbagliati». Da Pro Vita & Famiglia, più volte intervenuta sul fronte di protesta all’utilizzo del farmaco, arriva il commento: «Risultati choc».
Per affermare che nessuno nasce nel corpo sbagliato a noi non serve aspettare i risultati ufficiali, tuttavia necessari per fare luce e affrontare l’insorgere di giovanissimi sempre più soli e smarriti con alle spalle famiglie altrettanto abbandonate. Il Timone ha già approfondito il tema con il contributo di voci anche internazionali ed è già possibile oggi scorgere il futuro dei giovani guardando ai Paesi che hanno fatto marcia indietro. Ricordiamo la chiusura del Gender Identity Development Service della clinica inglese Tavistock per le numerose irregolarità procedurali rilevate nel trattamento dei minori disforici.
Ricordiamo che in Svezia di fronte all’aumento di richieste per l’iter ormonale – dal 2008 al 2018 le diagnosi di disforia di genere sono aumentate del 1.500 per cento nella fascia di età fra i 13 e i 17 anni – nel 2022 si è deciso di interrompere la terapia ormonale per i minori tranne in casi molto rari. Già nel maggio 2021 il prestigioso ospedale Karolinska di Stoccolma aveva scelto di limitare tali trattamenti ormonali solo a progetti di ricerca. Ci sono poi le voci di chi ci è passato, di chi vuol tornare indietro ma non può, dei detransitioner. Che guardando il proprio corpo irreversibilmente mutilato non sa che cosa farsene della «larga reversibilità» – più presunta che larga, diremmo – promessa.
(Fonte foto: Imagoeconomica/Pexels.com)
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