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Il divorzio fa (molto) male ai figli. Una nuova ricerca
NEWS 11 Dicembre 2020    di Giuliano Guzzo

Il divorzio fa (molto) male ai figli. Una nuova ricerca

Neppure il tempo, per la cultura dominante e per i suoi obbedienti media, di festeggiare i 50 anni del divorzio in Italia – ricorrenza salutata come «un traguardo di civiltà» -, che già giungono nuovi dati che attestano quanto negativa e nociva sia, per i figli, l’instabilità coniugale. Il riferimento è qui ad un nuovo maxi studio reso noto l’8 dicembre che ha considerato, ed esaminato con attenzione, la condizione economica e civile di 101.180 giovani di Singapore nati tra il 1979 e il 1981.

Questa vasta ricerca – senza dubbio la prima singaporiana di questo tipo – ha portato ad osservare come, raggiunta l’età di 35 anni, figli i cui genitori avevano divorziato versavano in condizioni nettamente svantaggiata rispetto agli altri. Nello specifico, ciò che si è visto è che «i figli del divorzio» hanno meno probabilità, rispetto agli altri, di aver conseguito un titolo universitario: solo il 27,8% di costoro infatti ne risulta in possesso, rispetto al 37% dei loro dei figli provenienti da famiglie intatte.

Chi ha alle spalle una famiglia divisa risulta anche guadagnare meno, rispetto ai coetanei: precisamente l’11% in meno. Non è finita. Entro i 35 anni di età, quasi il 22% dei «i figli del divorzio» aveva a sua volta sperimentato un naufragio coniugale, rispetto al 13,8% dei coetanei provenienti da famiglie intatte. E potremmo continuare, se non ce ne fosse già abbastanza, alla luce di simili dati, per ritenere il divorzio una vera e propria sciagura per i figli, i quali – questa è la vera notizia emergente da questo maxi studio – pagano a lungo, e su più versanti, le conseguenze delle divisioni genitoriali.

Ora, si potrebbe pensare che questa ricerca, per quanto vasta, sia isolata per le risultanze che presenta. Sfortunatamente non è così, dato che la letteratura sulle conseguenze negative del divorzio sui figli è davvero vasta e pr. Basti pensare a quanto pubblicato sul bimestrale Child: Care, Health and Development nel 2012, quando uscì una ricerca che metteva in luce come il divorzio comporta, per i figli di genitori decisi a lasciarsi, una percentuale di abusi pari al 10,7%, rispetto ad un tasso di abuso infantile medio del 3,4%.

Questo significa che il divorzio, a suo tempo introdotto e salutato quale istituto moderno e filantropico, oltre che determinare per i figli maggiori tentazioni suicidarie – come documentava una ricerca uscita nel 2011 su Psychiatry Research – triplica per questi la possibilità di rimanere vittime di violenze. Tutto ciò può essere anche letto naturalmente, al contrario, come un effetto protettivo del matrimonio. In effetti, negli Usa si è osservato come i bambini i provenienti da famiglie sposate, rispetto ai coetanei figli di coppie non intatte, abbiano il 70 per di probabilità in più di laurearsi; mentre le ragazze provenienti da famiglie sposate abbiano la metà delle probabilità di rimanere precocemente incinte e i ragazzi abbiano la metà delle probabilità di finire in prigione.

Insomma, se da un lato il matrimonio protegge alla grande i figli, dall’altro il divorzio li espone a tutta una serie di difficoltà rispetto alle quali, in realtà, gli esiti del nuovo estesissimo studio sui giovani di Singapore nati a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta non sono che una autorevole ed ultima conferma. Di qui un dubbio: come mai l’istituto divorzile, nonostante decenni di doloroso «collaudo», viene ancora salutato come una conquista e non come la tragedia che a tutti gli effetti rappresenta? Viene davvero spontaneo chiederselo, mentre i devastanti effetti di questo presunto «traguardo di civiltà» restano dove sono sempre stati: nel sofferto silenzio, per riprendere il titolo di un noto film, degli innocenti.


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