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Don Abbondio o padre Cristoforo? La scelta della Chiesa italiana dopo il referendum in Irlanda
NEWS 25 Maggio 2015    

Don Abbondio o padre Cristoforo? La scelta della Chiesa italiana dopo il referendum in Irlanda

di Giuseppe Rusconi

 

La “cattolica”, anzi “cattolicissima” Irlanda “volta pagina”, dice sì alle “nozze gay”: l’Irlanda è una nazione “pioniera”; “un faro, una luce di libertà”, “una piccola isola, ai confini dell’Europa e sulla rotta per l’America”, che  può indicare la strada al mondo” e via titolando e commentando da Dublino a Roma. Fino a giungere al “suona forte la campana irlandese, e suona anche per noi. Siamo in prevalenza cattolici, noi e loro” e all’elenco – incontrovertibilmente pervaso da una eloquente venatura razzistica – degli Stati ancora ‘reprobi’, senza tutela per le coppie gay, dove l’Italia è in compagnia di Grecia, Cipro, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Romania…come a suggerire dei Paesi culturalmente più ‘arretrati’d’Europa.

Insomma: come prevedibile i risultati del referendum costituzionale irlandese – di uno Stato cattolico solo ormai  sulla carta e semmai cattolico ‘à la carte’ (anche per l’estesa vergogna degli abusi su minori, che ha provocato una grave perdita di credibilità della Chiesa) – in Italia sono strumentalizzati per imporre una svolta legislativa in materia. Di tale manovra è particolarmente insidioso il tentativo di associare il voto irlandese a un’evoluzione ‘aperturista’ che coinvolge in pieno il mondo cattolico.

In Irlanda la Chiesa si è presentata per molti osservatori al voto divisa, incerta, timida e balbettante anche in parte della gerarchia. Creando così ulteriore confusione in un elettorato cattolico già sconcertato dalle prese di posizione a favore del riconoscimento del ‘matrimonio gay’ del premier (che si dice pure cattolico) Enda Kenny e di diversi dei suoi ministri. I vescovi in buona parte si sono espressi seguendo uno slogan che un moderno Manzoni potrebbe mettere in bocca a un don Abbondio contemporaneo: “Serve il confronto, non le ideologie”. Per fare un rapido salto in Italia, la stessa linea è espressa esemplarmente dal segretario generale della Cei Nunzio Galantino, entusiasta dei convegni culturali (pur bacchettati recentemente da chi è andato a prenderlo e l’ha posto a capo del settore organizzativo dei vescovi italiani) e pervaso di naturale idiosincrasia verso la testimonianza di piazza: “Non si tratta –  ha detto Galantino al “Corriere della Sera” di domenica 24 maggio – di fare a chi grida di più, i ‘pasdaran’ delle due parti si escludono da sé. Ci vuole un confronto tra gente che vuol bene a tutti”. È il trionfo della melassa: sul ponte sventola bandiera bianca.

Tornando in Irlanda non pochi sono stati i sacerdoti, le suore, i laici ‘impegnati’ che si sono scatenati in favore del ‘sì’ al riconoscimento costituzionale del “matrimonio gay”. E l’hanno fatto con affermazioni del genere (vedi l’“Irish Times” di sabato 23 maggio): “Siamo cattolici, e noi abbiamo imparato a credere nella compassione e nell’amore e nella giustizia e nell’inclusione. Uguaglianza, è per tutto questo che votiamo a favore”. Dove si nota lo stravolgimento del significato di parole chiave dell’esperienza cattolica, annegata in una – e ribadiamo il termine, poiché ci sembra il più consono a descrivere un certo atteggiamento – melassa di buoni sentimenti new age che non corrisponde per niente al concetto vero di ‘misericordia’.

IN ITALIA: CATTOLICI "À LA CARTE" E CATTOLICI "POLTRONISTI"

Questo insistere da parte dei massmedia sul ‘cattolicesimo’ irlandese per suggerire la strada al cattolicesimo italiano ha purtroppo oggi – siamo realisti – non poche possibilità di raggiungere l’obiettivo in tempi anche brevi. In Parlamento sono in corso d’esame norme di legge “contro l’omofobia” (in verità per la repressione della libertà di pensiero), per l’eutanasia, per le “unioni civili” (in verità per i ‘matrimoni gay’), per l’imposizione dell’ideologia gender nelle scuole di ogni ordine e grado. In governo siedono noti cattolici à la carte, dal presidente del Consiglio al suo contorno di ex-Madonnine del presepe, di ex-catechiste entusiaste delle Giornate mondiali della gioventù, di ex-presidenti delle Acli. Sempre in governo non mancano cattolici ‘poltronisti’, fortemente tentati – per conservare una poltrona – dal vendere Gesù Cristo, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa.

Tra le associazioni laicali leggete un po’ che cosa chiede il “Forum delle famiglie” umbro per il prossimo voto regionale. Sotto il motto: “Io voto perché… Cinque motivi per andare a votare”, si legge:

1) Il lavoro che non c’è, le politiche di sviluppo e di armonizzazione familiare che l’Umbria dovrebbe promuovere;
2) Il welfare in regime di scarsità di risorse, i modelli alternativi e integrati possibili;
3) L’educazione e la cultura secondo un’ecologia integrale, rispettosa della persona e dell’ambiente;
4) Un fisco equo e un’Amministrazione amica della famiglia
5) Dì la tua…

C’è qualcuno che riesce a scovare nell’elenco qualche – magari anche timido -accenno a tematiche di grave ed esistenziale attualità come le norme legislative proposte a proposito di matrimonio, eutanasia, indottrinamento gender? No? E’ vero, non si trova niente di tutto questo. Si vede che il “Forum delle famiglie dell’Umbria” o vive su Marte oppure non vuole disturbare la candidata di sinistra alla presidenza dell’Umbria, Catiuscia Marini, esplicitamente favorevole al “matrimonio gay”, alla fecondazione eterologa, alla lotta “contro l’omofobia”, all’aborto, ecc… . Da notare che la Marini, proveniente dalla sinistra radicale, è appoggiata anche dalla formazione politica “Democrazia solidale” (ex-area Monti), che comprende tra l’altro Lucio Romano (già vicepresidente del Movimento per la Vita ed ex-presidente di “Scienza e Vita”).

Ditemi voi: se parti importanti del mondo cattolico italiano parlano e agiscono in tal modo (infischiandosene sostanzialmente di quanto continuano a ribadire con forza papa Francesco e con lucida, coerente fermezza il cardinal Bagnasco), come meravigliarsi se poi i massmedia scrivono che i cattolici contro il riconoscimento del “matrimonio gay”, fedeli alla Dottrina sociale – tendono ormai a diventare piccola minoranza di “bigotti e omofobi”? E ad esempio – come è successo ancora ieri sera a Roma e in altre città italiane – le “Sentinelle in piedi”, che testimoniano coraggiosamente con il pubblico silenzio la loro lotta per la libertà d’espressione, in adesione anche al magistero della Chiesa cattolica sulla famiglia, possono farlo solo con la robusta protezione della polizia e tra le urla e gli schiamazzi delle propaggini della nota lobby? Una vera vergogna, indegna di uno Stato che si dice democratico, ma purtroppo ricorrente.

In Irlanda chi ha reso pubblica testimonianza contro il riconoscimento del “matrimonio gay” è stato additato come nemico del progresso, un oscurantista da emarginare, in alcuni casi ha dovuto chiedere la scorta della polizia. Diversi cittadini hanno versato contributi alla macchina organizzativa del ‘no’ solo dietro garanzia dell’anonimato. Buona parte dei cartelloni elettorali del ‘no’ sono stati strappati. Ora, dopo il voto, è incerto su quel che ne sarà di chi pubblicamente dirà che il matrimonio è solo tra uomo e donna. Si pensi ad esempio alla situazione in cui verranno a trovarsi le scuole cattoliche, i catechisti, magari gli stessi sacerdoti celebranti, tutto l’indotto legato al matrimonio. Che cosa capiterà a chi si rifiuterà di….?

E’ una situazione che, in tempi brevi, potrà conoscere anche l’Italia. E allora, dai comportamenti, perlomeno si constaterà se la maggior parte del cattolicesimo italiano avrà scelto come punto di riferimento fra Cristoforo oppure don Abbondio.