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É morto Benedetto XVI, il Papa che invitò il mondo a vivere con fede e ragione
NEWS 31 Dicembre 2022    di Giuliano Guzzo

É morto Benedetto XVI, il Papa che invitò il mondo a vivere con fede e ragione

«Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano». Con questo comunicato diramato questa mattina dal direttore della Sala Stampa vaticana, 31 dicembre 2022, abbiamo appreso della morte di Joseph Ratzinger, la redazione del Timone si unisce alla preghiera della Chiesa in ricordo dell’amato pontefice. Dalla mattina di lunedì 2 gennaio 2023, il corpo del Papa Emerito Benedetto XVI sarà nella Basilica di San Pietro in Vaticano per il saluto dei fedeli. Lo riferisce la Sala stampa vaticana.

Si è spento in punta dei piedi, lontano dai riflettori dai quali aveva preso le distanze da un decennio, con la discrezione e l’eleganza che l’hanno accompagnato per tutti i suoi 95 anni.
Benedetto XVI è morto a distanza di poco dalle dichiarazioni di papa Francesco il quale, durante l’udienza generale nell’Aula Paolo VI, aveva chiesto per lui una «preghiera speciale» definendolo «molto malato». Parole, quelle del pontefice argentino, che sono state seguite nel giro di poco da quelle sia del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni («si è verificato un aggravamento dovuto all’avanzare dell’età»), sia del Presidente della Cei («ci stringiamo attorno al Papa emerito»).

Si è era dunque capito quanto la situazione fosse grave, fino all’ufficializzazione della notizia più triste, benché purtroppo già nell’aria. Se ne va così non solo un Papa emerito – figura già di suo eccezionale -, ma un gigante della teologia e del pensiero, oltre che un uomo che ha lasciato un segno profondo nella storia della Chiesa. Prima professore, poi cardinale e infine pontefice, Ratzinger ha infatti saputo accompagnare la Sposa di Cristo sempre coniugando la dolcezza del pastore col rigore del teologo, non senza comunque risparmiare delle sorprese e in più occasioni sfatando lo stesso stereotipo – quello di Grande Inquisitore – che a lungo i media hanno provato a cucirgli addosso.

Basti pensare a quella che, da Papa, fu la sua prima enciclica: la Deus caritas est. Un documento non solo di elevato spessore ma inatteso dato che, con quell’enciclica, Benedetto XVI iniziò il suo ufficiale confronto con la cultura laica o comunque non cristiana. Merita di essere ricordata, al riguardo, la meravigliosa replica che il successore di Giovanni Paolo II intese dare a Friedrich Nietzsche, secondo cui il cristianesimo – citiamo testualmente – «avrebbe dato da bere del veleno all’eros, che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio». A seguire, altre encicliche e altri documenti tutti caratterizzati da una profondità e da uno stile inconfondibili.

Propria di Ratzinger, infatti – che da pontefice si è impegnato anche nella stesura di più volumi su Gesù di Nazareth -, era la capacità di esprimere concetti molto elevati, ma sempre con la semplicità propria di chi li possiede con tale nitore da poterli condividere senza bisogno di ricorrere a terminologia inaccessibile. In questo modo, pur senza mai fare sconti, il grande teologo tedesco ha saputo non solo guidare i fedeli, ma anche dialogare con giganti del pensiero laico come Jürgen Habermas, incantando filosofi non cattolici come Costanzo Preve («Ratzinger è un filosofo di primo livello»).

«Il numero sempre più elevato di fedeli che accorrono ad ascoltarlo», aveva notato nell’aprile 2007 il cardinale Carlo Caffarra, che gli fu amico e collaboratore, «dimostra quanto il popolo cristiano apprezzi l’insegnamento della fede di Benedetto XVI, la profondità unita alla semplicità, la chiarezza espositiva unita alla teologia più grande». In tutto questo, è giusto ricordarlo, il magistero ratzingeriano fu anche carico di elementi di profezia. Un esempio tra tutti fu quello che, nel 2010, disse celebrando la santa Messa a Fatima davanti a 500.000 persone: «Si illude chi pensa che la missione profetica di Fatima è conclusa».

Probabilmente fu proprio la sua statura di teologo autenticamente cristiano, come si diceva, a scatenare contro Benedetto XVI i mass media che ne fecero il bersaglio di un numero impressionante di fake news. Si pensi alle costosissime scarpe di Prada che era accusato di indossare, in realtà dono di un artigiano novarese; oppure all’anello d’oro personale e che – secondo alcuni – avrebbe dovuto sfamare l’Africa, mentre in verità viene ogni volta fuso e riutilizzato dal papa successivo; o alla scomunica, in realtà mai neppure pensata, contro il regista Neri Parenti.

Non meno clamorosa, sempre restando in tema di incredibili bufale, fu la diffusione della foto che lo ritraeva all’età di quattordici anni – questo ci si spinse a scrivere – con tanto di braccio teso, mentre omaggiava nientemeno che Adolf Hitler. Una insinuazione vergognosa oltre che fisicamente impossibile dato che Ratzinger nacque nel 1927, e quella foto risaliva al settembre 1932; oppure pensiamo all’accusa – mai dimostrata e indimostrabile – di aver protetto preti pedofili, piaga che invece ha combattuto come nessuno.

Ciò nonostante, anche dopo le clamorose dimissioni del 2013, nelle vesti di Papa emerito, Ratzinger non ha mai smesso di scrivere documenti che hanno lasciato il segno, uno su tutti proprio un contributo sul tema della pedofilia nella Chiesa – diffuso nell’aprile 2019 – con cui attaccò duramente certe derive morali radicatesi nel clero. L’ultimo intervento significativo del grande teologo risale al 6 febbraio di quest’anno ed ha come oggetto proprio l’avvicinamento alla morte al giudizio di Dio. Sono state parole cariche non solo di saggezza, ma pure di serenità; la stessa che certamente ha accompagnato il Papa emerito nel suo ultimo tratto di strada terrena.

«In vista dell’ora del giudizio», aveva scritto Ratzinger, «mi diviene chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito, mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io…”». Mentre il mondo lo saluta commosso, il Figlio dell’uomo, c’è da esserne certi, sarà già andato incontro al suo fedele servitore, Benedetto XVI, con quelle stesse, amorevoli parole: «Non temere, sono io». (foto: Imagoeconomica)

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