Sull’onda dell’inizialmente comprensibile shock emotivo legato alla tragica morte di Giulia per mano del suo ex fidanzato e allo spazio che tutti i media stanno assicurando alla storia, stiamo assistendo a una reazione invece ingiustamente precipitosa, e a rischio ideologizzazione, per porre in essere soluzioni educative, quasi ri-educative. Che l’educazione sia la leva sulla quale puntare perché le persone imparino a relazionarsi con l’altro, chiunque sia, in modo rispettoso, costruttivo e benefico è ancora una conquista condivisa, bene. Che cosa però si voglia intendere con attività educative mirate allo scopo è oggetto di grande confusione se non di letture distorte.
Non siamo affatto d’accordo che l’assunto di partenza sia l’esistenza di barricate tra maschi e femmine, schierati gli uni come un una testuggine di potenziali carnefici e le altre come ineluttabili e tragiche vittime. Come possiamo essere sicuri, dunque che intervenire in modo punitivo e preventivo sul maschio, esattore impietoso e spesso impotente del “costo della virilità” , come ha detto qualcuno, sia la via maestra da seguire? Le istituzioni per prime potrebbero invece valutare altre strade, meno improvvisate, sostenute da indagini serie, sperimentate su scala nazionale come avviene in altri paesi.
Negli Usa, per esempio, dove la estrema fragilità delle relazioni familiari e di coppia è diventato un problema su larga scala, esiste uno studio articolato sull’importanza di promuovere la salute del matrimonio e delle relazioni di coppia e che valuta l’efficacia di interventi educativi, non terapeutici sulle coppie, finalizzati all’irrobustimento della relazione fondamentale della coppia. L’effetto ricercato e ottenuto è un maggior benessere e una maggiore stabilità per adulti, figli piccoli e loro future relazioni, nonché per l’intero tessuto sociale. Le ricadute di questo intervento sono anche economiche, conti alla mano. I matrimoni sani e stabili e altre relazioni impegnate sono importanti per una serie di ragioni.
Il primo è che la fine di un matrimonio o di una relazione con una separazione o un divorzio tende a indebolire il rapporto dei figli con i genitori (…) (Hawkins & Boyd, 2018). L’assenza di un padre aumenta la probabilità di incarcerazione, disoccupazione e povertà del bambino (Reeves, 2022; Wineburgh, 2000). Ma i benefici ben studiati di relazioni genitoriali sane e stabili non si limitano solo a ridurre questi risultati negativi. I matrimoni forti sono anche collegati a migliori risultati economici, come aumento dei salari, maggiore mobilità economica, migliore salute, vita più lunga e maggiore soddisfazione di vita (Anderson, 2014; Chetty et al., 2014; Kearney, 2023; Maasoumi et al., 2009). Tutto ciò dimostra che il matrimonio è un’istituzione meritevole del sostegno pubblico. Questo approccio, anziché intervenire a valle, quando i fallimenti relazionali sono già avvenuti e le persone patiscono in aggiunta alle fragilità iniziali le nuove vulnerabilità legate allo sfaldamento della famiglia, punta a mettere in sicurezza la fonte, la relazione di coppia.
L’Educazione Relazionale tende quindi a intervenire e a irrobustire alveo e argine di un fiume prima che questo esondi e distrugga spesso irrimediabilmente non solo le immediate vicinanze ma anche parte del territorio interessato dal suo corso. Prevenire, favorire la salute della relazione, lavorare sulla sua fisiologia anziché arrivare sempre dopo e di fatto in stato di emergenza da trauma o patologia già conclamata è una strategia vincente dunque anche in termini di rendimento degli investimenti. Fuor di metafora, i danni del divorzio e del fallimento in senso lato delle relazioni di coppia sono così onerosi, pervasivi e duraturi che è decisamente più intelligente e utile intervenire prima, aiutando la coppia a promuovere da sé stessa il successo e la durata della propria relazione.
DANNI DEL DIVORZIO SUI BAMBINI E SUGLI ADULTI
L’evento del divorzio o della separazione ha infatti un effetto devastante soprattutto sui figli piccoli, considerando la delicata condizione evolutiva che vivono e che necessita per natura di stabilità e non di inconsistenza o continua variabilità: la nota economista Isabel Sawhill (2014) ha etichettato quella recente come “generazione non vincolata”; gli effetti deleteri emergono anche dopo una sostanziale guarigione dal trauma subito nell’infanzia e si riaffacciano nel momento in cui questi figli da giovani adulti si accingono a formare le proprie relazioni amorose: Il divorzio modella la comprensione e le convinzioni del bambino riguardo alle relazioni e può portare alcuni a evitare il matrimonio per paura del dolore e della delusione. (…) E i bambini che sperimentano un divorzio crescendo hanno molte più probabilità di divorziare da soli (Wolfinger, 2005). Nota a margine: peccato che in Italia sia diventato rischioso anche affermare una cosa del genere, pesca dell’Esselunga docet.
Il divorzio ha un impatto anche sulla coppia adulta coinvolta. Sia il processo che le conseguenze del divorzio sono stati associati ad elevati livelli di stress e a una diminuzione della qualità della vita (Sander et al., 2020; Strizzi et al., 2021). I divorziati segnalano anche un aumento della depressione e dell’ansia, soprattutto quando il divorzio è stato caratterizzato da un alto livello di conflitto (Hald et al., 2023; Sander et al., 2020). Non mancano i più macroscopici costi finanziari legati all’evento del divorzio: le spese legali e le assenze lavorative per motivi giudiziari hanno un costo, tutto questo genera stress prolungato e questo a sua volta altre assenze e ulteriori ricadute sul fronte della salute mentale, il cui trattamento, quando ci si arriva, esige ulteriori risorse di tempo e di denaro, anche pubblico.
Le case passano da due redditi a uno, creando ulteriore pressione finanziaria sulle famiglie. Il divorzio spesso porta a una maggiore dipendenza dall’assistenza pubblica e le stime collocano il costo dell’assistenza pubblica dovuto al divorzio a più di 33,3 miliardi di dollari ogni anno (Schramm, 2006). Questo numero non include l’assistenza dovuta a problemi di salute mentale, problemi di salute fisica causati dallo stress o l’impatto incommensurabile sui bambini. Molti studi hanno dimostrato i benefici dell’educazione relazionale per le coppie sia prima che durante il matrimonio (vedi Markman et al., 2022). Gli interventi educativi relazionali a favore delle coppie possono dunque ridurre significativamente i tassi di divorzio.
IL PROGRAMMA E LE COMPETENZE CHE PROMUOVE
L’educazione relazionale aiuta le coppie ad affrontare le crisi che, senza strumenti e senza una certa preparazione segnerebbero la fine del rapporto (potremmo in altri ambiti parlare di vere e proprie virtù, quelle umane fondamentali, che altro non sono che disposizioni stabili dell’animo al bene. Interessante che la radice sia la stessa di virilità, no?). Aiuta a sviluppare competenze comunicative, la qualità dell’ascolto, la capacità di regolazione emotiva e di espressione adeguata dei propri bisogni, tutte competenze che vengono respirate e assimilate dai figli fornendo loro un senso di autoefficacia, di capacità di affrontare i problemi, di sano ottimismo sulla possibilità di attraversare situazioni critiche.
Questo diminuisce i livelli di ansia, favorisce l’autostima e promuove la creatività: se so che la soluzione esiste, la cercherò anche in condizioni apparentemente poco favorevoli. Un altro ambito particolarmente significativo sul quale si vedono risultati misurabili dell’educazione relazionale, è quello delle gravidanze in età adolescenziale. Non basta dare istruzioni sulla “prassi genitale”, informazione che sempre più spesso arriva ai nostri figli in tempi assai precoci e con modalità degradanti (vedi l’estrema facilità dell’accesso al porno), ciò che fa la differenza anche in questo caso è il lavoro sulla capacità personale di tessere relazioni sane, prima ancora che diventino amorose.
Quando gli adolescenti non sanno come costruire relazioni sane, comprese quelle che coinvolgono il sesso, sono più vulnerabili a comportamenti sessuali rischiosi e a relazioni malsane. L’educazione relazionale ha dimostrato di contribuire a ridurre il tasso di gravidanze adolescenziali e ad aumentare le capacità comunicative degli adolescenti, soprattutto per gli adolescenti provenienti da minoranze. I programmi di Educazione Relazionale si sono rivelati più efficaci di altri approcci concentrati quasi esclusivamente sulla paura di contrarre malattie o incappare in una gravidanza indesiderata: le adolescenti iscritte ad un programma RE di relazioni sane avevano solo un tasso di gravidanza del 3,5% dopo un anno rispetto ad un tradizionale programma di prevenzione della gravidanza adolescenziale orientato biologicamente (6,1%) e ad un gruppo di controllo (6,5%) ( Barbee et al., 2022).
Secondo i ricercatori il fattore decisivo starebbe nel lavorare con i giovanissimi sulla propria visione di vita a lungo termine: cosa desideri costruire nella vita? cosa ti aspetti dal futuro? Tendere lo sguardo a questo orizzonte e mettere a fuoco obiettivi precisi è la premessa per pianificare i passi per raggiungerla, in termini di obiettivi accademici e di pianificazione della propria futura famiglia. Incappare in rapporti occasionali o ridurre le relazioni a brevi esperienze erotiche senza prospettiva diventa quindi meno probabile, perché è il giovane stesso a scegliere altro, a orientare le proprie decisioni e i propri comportamenti in altre direzioni. (Fonte foto: Imagoeconomica)
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