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Electric church, l’ipocrisia della techno music in chiesa. Che è pure un bel po’ blasfema
NEWS 4 Dicembre 2017    

Electric church, l’ipocrisia della techno music in chiesa. Che è pure un bel po’ blasfema

di Andrea Zambrano
su «La nuova Bussola Quotidiana»

 

Una nuova esperienza mistica. L’ultima frontiera dell’ipocrisia ecclesialmente corretta passa dalla electric church. Il cattolicesimo che ha abbandonato i dogmi, la fede, la devozione e la verticalità produce mostri. L’ultimo in ordine di tempo ha il sapore amaro di una profanazione con tanto di bolla episcopale.

Austria. Le chiese principali diventano teatro di concerti di musica elettronica. Ma non chiese qualunque né, come succede in Italia, chiese sconsacrate. Il Duomo di Innsbruck, ad esempio. In San Giacomo sono già diverse le performance di artisti musicali con tanto di balletti, scenografie e soprattutto luci stroboscopiche o “psichedeliche”. Dicono che sia la nuova frontiera, quella della musica elettronica, altrementi detta techno. Insomma: la musica da discoteca, riveduta e corretta per sembrare più digeribile all'ascolto nel luogo sacro. E dato che la Chiesa deve essere al passo con i tempi, perché non ospitarla nei templi un tempo asburgici? Appunto. Ma non c’è soltanto Insbruck. Ci sono le cattedrali di Linz e Klagenfurt le cui diocesi non disdegnano di pubblicizzare le performance direttamente sui siti. 

In quest’ultima città il parroco è addirittura entusiasta: "La Electric Church con l'utilizzo professionale della tecnologia della proiezione ha trasformato il carattere mistico del Duomo anche per me in un'esperienza totalmente nuova. Inoltre, l'interpretazione musicale delle figure bibliche femminili é stata perfetta”, ha detto don Peter Allmaier, Parroco del Duomo di Klagenfurt. Basta condire la performance con un qualche cosa di religioso per risultare passabile e pensare che possa essere accettata.

La cosa non poteva lasciare indietro la capitale. “Electric Church é un "Oratorium" con i mezzi del nostro tempo, musica, luci e performance, pur conservando il carattere sacro di una chiesa. Congratulazioni!”, ha detto invece il rettore di St. Peter di Vienna, Christian Spalek. E da ultimo si arriva alla cattedrale di Santo Stefano. Dice il già noto alle cronache Toni Faber, parroco della cattedrale cittadina e tempio più importante di tutta l’Austria: "In Electric Church la fede diventa un'esperienza. Una Chiesa piena, nella quale si dispiega la cultura, é toccante anche per me”. 

Ma si può essere più ipocriti? Una Chiesa fragile e prona al mondo che si rallegra perché la le chiese vengono affollate non per pregare, ma per assistere ad un concerto, che, affascinante quanto vogliamo, è pur sempre un’esperienza meramente umana, profana. Chissà mai quale esperienza di fede si potrà mai fare trasformando l’altare in un palcoscenico e gli affreschi in scenografie? Quale misticismo ci potrà mai essere con iniziative che escludono nell'oggetto il divino e l'incontro con esso consentito dall'unica cosa che si può fare in una chiesa?

Scava e scava, anche qui c’entra il dio denaro. Le performance sono a pagamento. Per un biglietto si può arrivare a spendere anche fino a 71 euro, ma il pacchetto completo prevede anche un after-show party (non in Chiesa ma in locali vicini) con cena e, diciamo così, after hour. Dalle foto pubblicate sui siti specializzati si può intuire facilmente che non si tratta di un momento di adorazione come continuazione dei benefici della messa.

Viene da sorridere a pensare che gli ecclesiastici che hanno dato il via libera a questi sacrilegi lo facciano con la recondita e illusoria speranza di portare gente in chiesa. Infatti il pubblico non è mica scemo: passata l’euforia della novità, passerà anche l’interesse. Lo dimostra il commento di uno spettatore: "Super location, purtroppo con racconti biblici. Electric Church in una super location come il Duomo di S. Stefano. A quanto pare purtroppo al prezzo di dover raccontare storie bibliche…ció appanna un po' il progetto. Altrimenti bella musica, ma potrebbe esser meglio….". Ecco, appunto, c’è da capirlo poverino…

La prossima volta si dovrà accontentare l’esigente pubblico pagante e togliere così qualunque riferimento alla fede cattolica. A quel punto l’operazione di trasformazione delle chiese in teatri polivalenti sarà completata. E pensare che nel Duomo di Santo Stefano si celebrò nel 1683 lo storico Te Deum di ringraziamento dopo la battaglia di Vienna che ricacciò le truppe musulmane indietro scongiurando l’invasione islamica dell’Europa. A ben guardare, il montante islamismo di questi tempi ora non dovrà faticare più di tanto. Gli basterà che le luci delle chiese siano spente e l’elettricità staccata. Ormai è questione di poco.