Una decisione ferale che aveva suscitato non poco scalpore, quella dell’Aifa che, nell’ottobre del 2020, con la determina n.998 aveva deciso di eliminare l’obbligo di ricetta, per la pillola EllaOne (detta “pillola dei 5 giorni dopo”, perché presa entro 5 giorni da un rapporto sessuale, se c’è stato un concepimento, impedisce l’annidamento in utero del bambino) anche per le minorenni.
Contro la decisione dell’Agenzia del Farmaco, avevano fatto ricorso il Centro Studi Rosario Livatino, la Comunità Papa Giovanni Xxiii, l’Associazione Medici Cattolici Italiani, l’Osservatorio Parlamentare Vera Lex, l’Associazione Family Day-Difendiamo i Nostri Figli Aps, l’Associazione Pro Vita e Famiglia Onlus, l’Osservatorio Bioetico Siena e l’Associazione Giuristi per la Vita. Il ricorso era stato poi respinto dal Tar del Lazio, il 4 giugno scorso.
Ma il Consiglio di Stato, ultimamente, ha appoggiato la sentenza del Tar, respingendo tutte le motivazioni addotte dalle associazioni, nel ricorso in appello, sottolineando che, a proposito dell’EllaOne, si tratterebbe di un farmaco contraccettivo e non abortivo: questo eliminerebbe la necessità della prescrizione medica, anche verso le pazienti minorenni. Diversi sono gli aspetti controversi sottesi alla questione. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Domenico Menorello, che ha presentato ricorso, per il Centro Studi Livatino.
Avvocato, pare ci sia stato un iniziale tentativo di imbavagliamento da parte dell’Aifa, nei confronti delle associazioni prolife che hanno presentato ricorso. L’AIFA ha negato la legittimità di quest’azione, perché tali associazioni sarebbero “impegnate secondo prospettive ideologiche…”
«L’avvocatura dello stato, in difesa dell’AIFA, nel primo grado, davanti al Tar, aveva eccepito la possibilità di presentare ricorso da parte delle associazioni, perché antiabortiste. Ha giustificato questa tesi che avrebbe voluto negare la possibilità delle associazioni prolife di ricorrere alla giustizia, in quanto sostengono delle teorie, a dire dell’Aifa, “ideologiche”. Per fortuna, da questo punto di vista, sia il Tar che il Consiglio di Stato hanno decisamente rigettato tale pretesa».
Perché è stato respinto il ricorso delle associazioni prolife?
«Sostanzialmente qui si nota un atteggiamento molto conservativo da parte del giudice amministrativo, rispetto all’atto impugnato. Credo che le sentenze si rispettino, ma si possono anche non condividere. In buona sostanza, questa sentenza non può essere condivisa, soprattutto perché il giudice si è rifiutato di entrare nel merito del problema e non ha accettato di considerare come sproporzionata la mancanza di informazioni su questo farmaco, in quanto si è totalmente appoggiato alla valutazione di Aifa. Noi abbiamo evidenziato come questa valutazione, scientifico-discrezionale, avrebbe dovuto tener conto anche di autorevolissima letteratura scientifica, non solo del parere del consiglio superiore di sanità del 2015, ma anche degli studi più recenti che affermano esserci seri rischi anti-annidatori in questo farmaco e dunque abortivi. Queste opinioni andavano quantomeno citate, ma su questo punto, il giudice amministrativo non ha detto nulla, cioè non ha voluto entrare nel merito di una corretta o non corretta informazione. Insomma è una sentenza che alza le mani e non entra nel merito del problema».
Con questa sentenza il rapporto medico-paziente viene sostituito di fatto, dal foglietto illustrativo del farmaco. Inoltre un medicinale con un bugiardino lungo pagine sugli effetti collaterali non ha bisogno del consenso informato, né del minore né dei genitori. Questo non mette in pericolo la piena consapevolezza e libertà di scelta delle minorenni, nell’assumere il farmaco?
«Questo è l’aspetto più grave di questa sentenza. Evidentemente nella prospettiva di non intaccare una decisione già assunta, ha dovuto fare delle affermazioni che lasciano molto perplessi. Noi abbiamo evidenziato come trattandosi di minori serva il consenso informato dei genitori. Qui si arriva a dire che questa pillola non è un trattamento sanitario. È anche chiamato “farmaco” dall’Aifa. Parliamo di una pillola che ha delle possibili, gravi, controindicazioni, sul bugiardino c’è scritto anche che non va assunta più volte perché si rischiano gravi problemi al fegato. Come si possa pensare che questo non sia un trattamento sanitario, riesce francamente difficile. In sostanza è una sentenza che dice che non esiste nel nostro ordinamento la definizione di trattamento sanitario. Ma è pur vero che esiste per la scienza medica e la stessa Aifa, nel suo decreto, non ha dubbi che questo sia un farmaco. Questo che conseguenze comporta? Che si possa assumere un medicinale del genere, senza alcuna precauzione, eludendo del tutto il dovere di vigilanza del genitore, evidentemente con una consapevolezza ridotta dei rischi. Anche se il farmaco fosse semplicemente antiovulatorio, ritardare l’ovulazione in una giovane ragazza è proprio di un farmaco, di un effetto farmacologico».
Pensa che anche con la sentenza del Tar si stia andando sempre più verso una forma di privatizzazione dell’aborto?
«Assolutamente sì, notiamo che i dati sugli aborti chimici sono in continuo calo, invece, sono in enorme aumento queste forme chimico-farmeceutiche. L’aspetto più grave, qui è non solo la privatizzazione dell’aborto, ma che addirittura, questo riguardi minorenni. Si perderà inoltre, in maniera sempre più ampia, la consapevolezza di aver abortito. Non si sa, infatti, nell’uso di queste pillole, se c’è stato effettivamente un ovulo fecondato, se è stato espulso, se è stato fatto morire, nell’endometrio oppure no, oppure se, al contrario, non c’è stata alcuna fecondazione. Quindi, il fatto abortivo è sottratto ad ogni forma di consapevolezza, c’è una banalizzazione della vita e del sesso, perché anche l’atto sessuale è derubricato a gesti le cui conseguenze vengono eliminate a prescindere, senza alcuna consapevolezza. La 194 perlomeno, prevedendo il ricovero ospedaliero, per quanto riguarda l’aborto, manteneva una consapevolezza circa l’importanza di questo gesto pur nella sua drammaticità. Quindi, ultimamente, si sta agendo nel tentativo di sottrarre la consapevolezza e la libertà della scelta: sono scelte compiute senza guardarle in faccia».
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