È battaglia sugli emendamenti, in queste ultime ore, in cui alla Camera si sta procedendo nella discussione sul ddl Bazoli-Provenza. Bocciate molte delle proposte del centrodestra e il rischio di una deriva eutanasica, grazie anche al rigido ostruzionismo della sinistra, si fa sempre più reale. Diverse e importanti le novità dopo le votazioni dello scorso 9 marzo in Parlamento, al punto da lasciar pensare che si vada sempre più verso la legalizzazione del suicidio assistito.
In particolare il via libera con 223 sì, 168 no e un’astensione all’articolo 2 della legge sulla morte volontaria medicalmente assistita. L’articolo 2 è il cuore della legge, poiché chiarisce l’obiettivo stesso della normativa e cosa si intenda per “morte medicalmente assistita” ovvero “il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale”. Un atto che dev’essere il risultato «di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere». A tale fine, la legge deve garantire anche che “le strutture del Servizio sanitario nazionale operino nel rispetto” della “tutela della dignità e dell’autonomia del malato” della “qualità della vita fino al suo termine” fornendo un “adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia”. Ma la vera novità è nella cancellazione dell’obbligo del doppio certificato del medico curante e specialista che attesti l’effettiva irreversibilità della patologia che provochi “sofferenze intollerabili” e che dà la possibilità di ricorrere al suicidio assistito. Di questo e degli altri importanti sviluppi in merito, abbiamo parlato col magistrato Alfredo Mantovano.
Dottor Mantovano, c’è stato un allargamento del campo di applicazione della legge, grazie all’ emendamento che sancisce che anche chi abbia «volontariamente interrotto» un percorso di cure palliative potrà accedere alla morte medicalmente assistita. Si va sempre più verso una deriva eutanasica tout -court?
«Quello che la Camera ha approvato in Aula, in realtà, peggiora ciò che era già fortemente cattivo e inaccettabile. Nel senso che non si deve assolutamente rimpiangere il testo così com’era entrato in Aula. Ribadisco questo perché c’è una certa tendenza anche in alcune frange ecclesiali a ritenere che il testo sia tutto sommato accettabile e cambiando magari qualche dettaglio possa diventare passabile. Il testo è inaccettabile e lo ribadisco con forza. Dopodiché in Aula il centrodestra ha provato a cambiare qualcosa proponendo degli emendamenti, ma gli emendamenti approvati vanno ulteriormente a peggiorare tutto. Siamo di fronte ad un testo che supera ampiamente in confini della pur discutibile sentenza della Corte Costituzionale del 2019. Ci troviamo, infatti di fronte, sostanzialmente ad una legge 194 applicata alla fine della vita, anziché all’inizio».
Si stabilisce, inoltre, che la condizione clinica irreversibile che provochi “sofferenze intollerabili” sia certificata dal medico curante o dallo specialista e non più da entrambi. La minore disponibilità di informazioni scientifiche fornite al paziente, non lede il suo pieno e consapevole consenso?
«Questo è un testo, come la 194, pieno di belle parole, ma sostanzialmente non punta sulla prevenzione, su eventuali alternative ecc. perché, come il nocciolo della 194, la gestante in difficoltà ottiene il rilascio del certificato e con questo ottiene la possibilità di abortire, così, alla fine della vita, il certificato di un medico che sarà peraltro, un medico non obiettore, magari diverso da quello che ha assistito il paziente fino al giorno prima, si limiterà a fare il suo certificato e la questione sarà chiusa. Al di là di tutte le parole contenute in questo testo di legge che, perciò, suonano come ipocrite».
A proposito dell’impianto linguistico, in questo ddl ci sono espressioni molto vaghe e generiche. Questo non rende più difficile anche il compito di chi dovrà applicare la legge?
«Chi la applicherà, in virtù di questa pessima disciplina sull’obiezione di coscienza che è stata introdotta, sarà già pregiudizialmente orientato a rilasciare il certificato che permette il ricorso al suicidio assistito. In questo senso non prevedo difficoltà. Anche perché questa legge favorisce il bilancio dello stato perché elimina dei pesi inutili, nella prospettiva di chi la sostiene. Il sistema sanitario pubblico sarà sempre più un sistema di morte. C’ è un passaggio della 194 in cui ipocritamente si dice che l’aborto non è uno strumento per il controllo delle nascite, ecco anche nel nostro caso ci potrebbe essere una disposizione finale secondo cui la morte medicalmente assistita non è uno strumento per il risanamento del bilancio della Sanità».
Si è tenuto ieri, a Roma, il convegno con cui è stata presentata l'”Agenda pubblica sussidiaria e condivisa” che intende tracciare un percorso che coinvolga nuovamente i cattolici nella politica per rispondere alle sfide valoriali lanciate dalla società contemporanea. Un’iniziativa importante, in questo momento più che mai, visto questa corsa verso un’antropologia dello scarto?
«È la dimostrazione che una parte del laicato cattolico ritiene di assumere in prima persona le responsabilità di testimonianza e di coerenza nella sfera scoiale, culturale e pre politica e di portarle avanti fino in fondo, non con delle testimonianze di principio vaghe, ma con delle voci concrete con le quali confrontarsi con la realtà politica».
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