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«I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento». Cosa dice anche Hubble
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9 Gennaio 2015

«I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento». Cosa dice anche Hubble

L’immensità del cielo stellato, come la maestosità delle montagne e il sussurro d’infinito dei mari, sono come quei ritagli di carta colorata che usiamo per ricordarci le cose o per segnare la pagina di un libro, i famosi post-it. Solo in scala mastodontica. Adeguata, cioè, a ciò che ricordano: la grandezza e la maestà di Dio, il Padre celeste onnipotente, cui dobbiamo tutto, e che tutto, e tutti, ha creato.

Ogni volta che alziamo lo sguardo al cielo, il cielo ci ricorda Dio. Specialmente quando contempliamo il silenzio eloquente di quelle immagini grandiose provenienti dallo spazio profondo e misterioso del mistero di Dio che solo grazie alla tecnologia più avanzata (Dio benedica la tecnologia avanzata al servizio della verità) chiunque è in grado di ammirare.

Un grande esempio sono le immagini, diffuse ora dalla NASA, l’ente aerospaziale degli Stati Uniti d’America, in occasione dei 25 anni del telescopio spaziale Hubble che ricorreranno nel prossimo mese di aprile. Sono foto scattate originariamente nel 1995 (motivo per cui ricorre anche il loro 20esimo anniversario), ma oggi vengono mostrate con una serie di dettagli mai visti e una definizione mai prima raggiunta, che ne aumentano lo splendore.

Si tratta di tre colonne dense di gas freddi e di polvere che si estendono per 5 anni luce e che stanno alla colossale distanza di 6.500 anni luce da noi, illuminate dalle radiazioni di giovani stelle di grande massa in una piccola regione retrostante della Nebulosa Aquila.

Secondo uno studio del 2007, gli scienziati ipotizzano che quelle tre colonne in realtà non esistono più nella forma in cui le vediamo in quelle foto vecchie ma nuove: sarebbero infatti state modificate (forse anche distrutte) dall’esplosione di una supernova, avvenuta circa 6 mila anni fa. Ma sulla Terra la loro l’immagine si potrà vedere ancora per un migliaio di anni prima che la luce ci raggiunga e ci faccia osservare la nuova forma che le tre colonne hanno assunto dopo l’esplosione stellare. Una vera e propria meraviglia, insomma.

Ecco, colpisce il fatto che quelle tre ormai famosissime colonne di gas e polvere siano universalmente note come “I Pilastri della Creazione”. È una metafora, ovvio, ma rende benissimo l’idea. A tutti. Scienziati e non. Credenti e miscredenti. L’idea che tutto venga da altro, che tutto ci sia dato. La Creazione, appunto, un termine “scandaloso”, politicamente scorretto, persino un po’ “reazionario”, ma che con piena evidenza anche la comunità degli scienziati adotta, pur senza pensarci su troppo, quando si trova di fronte a qualcosa d’irriducibile ai propri quattro calcoli. È davvero bello che persino nel laicissimo e freddo mondo della scienze matematiche e astrofisiche ci sia posto e tempo per un pur fugace attimo diverso in sorprendersi a meditare sul dono di Dio all’uomo. Sì, insomma, che pure lì ci sia spazio per la Creazione divina.

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