di Francesco Agnoli
«Quando Cristo nasce e compie la sua predicazione, qual è la situazione, quanto a divorziati risposati? Sono probabilmente la gran parte della popolazione romana. L’imperatore Augusto se ne è accorto, e ha provato ad arginare il fenomeno con le sue leggi sul matrimonio, l’adulterio e il diritto familiare. Ma le leggi, dove mancano le motivazioni profonde, servono a poco: la caduta di Roma sarà dovuta senz’altro, anche, alla dissoluzione della famiglia. I divorziati risposati sono dunque la norma, e sappiamo che ci si risposa più e più volte, con una cerimonia divenuta assai più snella, semplice, banale, per ovvi motivi, di quella di età repubblicana.
Eva Cantarella, ne “L’ambigio malanno”, spiega bene come l’età imperiale sia contrassegnata da una crisi della natalità, dovuta anche al massiccio ricorso all’aborto, e da una grandissima facilità di divorzio, sia per l’uomo, sia, ed è una grande novità, per la donna: “molto raramente è dato riscontrare nella storia una concezione di così grande libertà (rispetto al divorzio), quantomeno sul piano giuridico”.
Quanto al mondo ebraico in esso vige una casistica più o meno varia a seconda delle scuole rabbiniche: ognuna impegnata a stabilire le motivazioni che rendano lecito il ripudio.
Cosa propone Cristo, in quest’epoca e in queste condizioni? L’indissolubilità. Sic et simpliciter. Il ritorno al disegno inziale di Dio. Con poche frasi, e nessuna casuistica. Milioni di persone, piano piano, comprenderanno il tesoro, difficile da custodire, che è stato loro donato. Ci vorranno alcuni secoli. Ma nessuno inventerà scorciatoie».
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